Ogni nostra azione ha delle conseguenze.
Con ‘azione’ non si deve per forza intendere qualcosa di eclatante e vistoso. Anche uno sguardo, una parola, un’allusione, sappiamo che possono generare conseguenze nell’interlocutore, e anzi c’è chi sa ben manipolare il prossimo in questo modo.
Poi ci sono le azioni più visibili e in un certo senso programmate: andare al lavoro, preparare la cena… Poi quelle di livello ancora superiore, come fare un viaggio; usandolo come esempio, un viaggio è – nel senso discorsivo che qui sto usando – un’azione piena di altre azioni.
Le azioni hanno delle conseguenze in quanto “sociali”, e quindi le conseguenze si spargono attorno a noi, coinvolgono altri individui. Il mio parlare a te, agisce su di te; il mio lavoro agisce su molti. Nella nostra giornata, noi compiamo milioni di azioni che coinvolgono decine, forse centinaia, a volte milioni di persone. Questi coinvolgimenti implicano cambiamenti, e una sorta di “risposta” che ciascun individuo dà, compiendo a sua volta altre azioni, in un processo che possiamo immaginare come un enorme domino, dove ogni istante miliardi di tessere (le molteplici azioni sociali che in ogni momento si compiono sul pianeta) collidono con altre scatenando molteplici ulteriori cadute. Il rapporto non è uno-uno (un’azione suscita una reazione) bensì uno-molti (un’azione suscita molteplici reazioni), con un andamento esponenziale, non prevedibile (se non a larghi tratti), non controllabile, che i sociologi chiamano “complessità sociale”.
E la rubrica sociologica, per oggi, è finita qui.
Adesso passiamo a Di Maio.
Che un ragazzotto di provincia fosse senz’arte né parte, che avesse bisogno di un tutorial su YouTube per pulirsi il naso e non azzeccasse un congiuntivo che fosse uno, è colpa nostra.
Colpa di un sistema (ah, beh, è sempre colpa del “sistema”, no?) incapace di dargli un indirizzo, di una scuola deficitaria, un contesto sociale difficile, una condizione economica difficoltosa, gli amici, ma che ne so? Tutti noi, per un qualche verso, abbiamo colpa del fallimento delle generazioni più giovani, quanto meno come corresponsabilità politica; se è vero che siamo in una democrazia, si vede che non l’abbiamo saputa far funzionare per bene. E con questo sono finite le mie colpe e, probabilmente, quelle di buona parte dei lettori.
Che a tale ragazzotto si sia fatto credere, invece, che era un campione di cittadinanza, che il suo scontento fosse tutta colpa della casta, che lui valeva uno come chiunque altro e se avesse avuto l’occasione poteva ben sapere lui come sistemare le cose, e vaffanculo a chi dice il contrario, è colpa di un guitto paraculo, che ha fatto montagne di soldi illudendo milioni di ragazzi. La storia dell’Italia è costellata di “cattivi maestri”, che una volta urlano in piazza, un’altra parlano con voce ieratica dai salotti televisivi ma, alla fine, sono solo dei mediocri che sfruttano la situazione di ignoranza e malessere diffusi (quelli di cui abbiamo tutti un po’ colpa).
Poiché fra la massa di cretini ce n’è sempre uno meno stupido degli altri, il nostro Di Maio ha saputo sfruttare l’occasione politica e ministeriale per sgrezzarsi. Questo è interamente merito suo. Da populista scemo e privo di idee a conservatore centrista semmai mediocre ma non inetto; uno che non sbaglia neppure più i congiuntivi, un po’ democristiano, uno che – dicono – alla Farnesina studia molto e legge tutti i dossier, mica un Toninelli qualunque. Bravo. Dai, togliamoci i nostri pregiudizi, diciamogli bravo.
Con la svolta (si fa per dire) di Conte, alla lunga l’inettitudine dell’uomo è stata insopportabile per Di Maio e altri suoi sodali, e il ragazzotto provinciale ha rotto gli ormeggi e lasciato il Mo-Vi-Mento.
Bravo lui e fine dei giochi? No, per la faccenda del domino, delle azioni che generano reazioni…
Cosa succede al governo Draghi? Cosa fa adesso quell’altra banda di insensati del PD che si è giocata tutto – o almeno un bel po’ – sul partito di Conte?
Domanda più interessante: cosa succede ai militanti ex grillini, forse contiani? Quell’onda oscura, prefascista, inetta, che chiamiamo genericamente “populismo”, in che modo si trasforma, come si riposiziona? Detto semplice: il futuro politico italiano, da qui alle prossime tristissime elezioni, come evolverà?
Azzardo incautamente le mie previsioni: il M5S così come lo conosciamo non esiste più di fatto. E’ facile pensare che continuerà – probabilmente senza Conte – come gruppetto di recidivi nell’insensatezza, gente alla Di Battista, per capirci, risoluti a continuare con la filosofia del vaffa, ma in maniera più triste, con la scritta “perdenti” incisa sulla fronte. Non raccatteranno un granché, cavalcheranno ogni battaglia di retroguardia, nessuno se li filerà più di tanto.
Di Maio farà un partito? Secondo me no, se è furbo come pare non credo gli convenga; un bel seggio sicuro offerto dal PD, a lui e a un’altra dozzina di figure con qualche seguito locale farebbe felici tutti (e gabbati, ovvio).
Gran parte degli elettori ex forsennati andranno alla destra; là è la loro collocazione naturale: oppositori irriducibili, ignoranti, in qualche modo eversori nella loro opposizione alle istituzioni, al progresso, alla scienza, all’Europa… Una piccola fetta (ma credo davvero piccola) andrà nel PD dove in realtà stava prima della botta da matti dell’infatuazione populista.
Attenzione però: la migrazione di parte di questo elettorato a destra avrà conseguenze (conseguenze di conseguenze…): rallenterà il percorso (supposto, ipotetico, da taluni letto) di Fratelli d’Italia verso una destra conservatrice moderata, “gollista”, e frenerà il capovolgimento necessario alla Lega per pianificare un dopo-Salvini più istituzionale, com’era nella tarda fase bossiana.
Se almeno parte di queste riflessioni troveranno conferma, dovremo pensare a quale diavolo di governo avremo dalla prossima primavera (conseguenze di conseguenze di conseguenze…): che la destra vinca credo non si possa avere dubbi; che sia una destra brutta, anche; ma che sia una destra incapace di governare, eppure al governo, deve preoccuparci.
E dire che era solo un ragazzotto che vendeva bibite al San Paolo…