Al dunque, la ricerca sociale ha un solo strumento di indagine: la parola. Una prospettiva che apre a molteplici implicazioni epistemologiche ma anche pratiche, tecniche.

Al dunque, la ricerca sociale ha un solo strumento di indagine: la parola. Una prospettiva che apre a molteplici implicazioni epistemologiche ma anche pratiche, tecniche.
Se l’oggetto d’indagine è differente da quello delle scienze fisiche, per le scienze sociali non può che essere differente anche lo scopo ultimo del processo di conoscenza.
Le scienze sociali non hanno conoscenze finite come le hanno i fisici, o i chimici… Che valore hanno quindi le teorie sociali?
L’individuo è composto da molteplici Ego, non necessariamente coerenti, che mutano velocemente col tempo. Difficile farne una descrizione precisa.
Avviamo la nostra indagine sui modi attraverso i quali è possibile conoscere i comportamenti degli individui. Oggi: complessità individuale, caos e fluire storico.
Con quali strumenti possiamo comprendere il mondo, così complesso? L’introduzione a un “dossier metodo” che ci accompagnerà nelle prossime settimane.
L’Istat ha condotto un’indagine sulla sieroprevalenza. Diamine! E chi lo sapeva? Le ragioni di un fallimento.
C’è un filo che unisce l’irrazionalità imperante nelle scelte politiche e in quelle private? Noi crediamo di sì.
Le classifiche prestano spesso il fianco a numerose critiche, non ultime quelle sulla qualità della vita di cui ha già parlato Hic Rodus in un post a cui ispiro scherzosamente il titolo. Le classifiche delle Università non fanno eccezione (oramai sono un fenomeno del dibattito nazionale e locale). Le critiche sono facili perché è difficile sintetizzare fenomeni complessi con pochi, e talora discutibili, indicatori.
Oltre a combattere contro le bufale in Rete, le bugie dei politici, l’incomprensione dell’economia e le telefonate truffaldine dobbiamo anche imparare a difenderci da serissimi spacciatori di presunte verità che servono (forse) a indirizzare l’orientamento politico e culturale delle persone ma che si rivelano prive di una serie base empirica e argomentativa.
È uscita lunedì scorso la 25^ classifica sulla qualità della vita nelle province italiane che il Sole 24 Ore si ostina a propinarci ogni anno (QUI la mappa interattiva). Un esercizio ridicolo, metodologicamente discutibile e anche eticamente non privo di rischi. Poiché mi scaglio contro queste classifiche dal lontanissimo 1988 (quando recensii alcuni dei primi volumi con queste classifiche) e non ho mutato parere da allora, vi chiarisco i come e i perché tecnici di questo esercizio e del perché sia di norma una stupidaggine. Naturalmente, come feci anche trattando l’argomento dei sondaggi politici, per certi versi analogo, tratterò abbastanza divulgativamente il tema rinviando i lettori interessati agli indicatori sociali (di questo si tratta) alla pubblicistica specializzata.