1) L’individuo umano è inconoscibile (in modo finito) – Parte I

Questo testo fa parte di una serie; la presentazione del lavoro e l’introduzione generale la trovate QUI.

Tutta la serie la trovate cliccando l’hashtag #dossier-metodo.

1.1) Chi siete voi?

Pensate a voi stessi in questo momento. Come vi sentite? Bene, benino, più o meno come al solito… State leggendo queste note, perché? Vi interessano, vi ci siete imbattuti per caso? Avete tempo di leggere e meditare o avete fretta e volete solo scorrere il testo per capirne il senso? Chi c’è attorno a voi? La folla sconosciuta di un treno, l’ambiente noto e monotono dell’ufficio, quello cordiale di casa vostra? Oppure sì, è casa vostra ma avete litigato col coniuge e vi siete rifugiati in questa lettura come forma di autoisolamento, un po’ risentiti? Oppure in ufficio, come pausa da una grana che il vostro superiore vi ha rifilato? O sul treno che è in ritardo e vi farà perdere un impegno importante? Ieri sera avete mangiato bene? Oggi? Un panino al volo, un caffè bruciacchiato alla macchinetta del corridoio, coi colleghi, incluso quello che fa sempre battute da deficiente e voi non lo sopportate? E la frizione della macchina, che fa quel difetto, quando vi decidete a portarla dal meccanico? È caldo o freddo? Siamo in una stagione che amate? Avete difficoltà a pagare il mutuo, la biondina dell’ufficio contabilità vi corrisponde (o il moretto del protocollo…)? Vostro figlio ha combinato un guaio e dovete andare a parlare coi professori, il rubinetto sgocciola e vi ha fatto dormire male, avete scoperto che siete ipotiroidei e la cosa vi preoccupa, avete appena notato una macchia sulla camicia e fra cinque minuti avete un colloquio importante, vi sono entrati i ladri in casa, avete vinto alla lotteria, il film di ieri sera vi ha fatto riflettere, la guerra in Ucraina vi angoscia…

Chi siete voi? Come siete, come vi sentite?

Appena provate a descrivervi, il mondo attorno a voi è ruotato un pochino, altri otto miliardi di esseri umani hanno fatto qualcosa, tutti contemporaneamente, per la stragrande parte ignorando la vostra esistenza ma, in infiniti modi e forme, contribuendo a far sì che voi oggi, adesso, siate quello che siete. Voi siete infinite persone, tutte quelle che siete state nei miliardi di “momenti” della vostra vita: quella volta che avete sorriso a un bambino è una di quelle infinite persone che siete voi; quella volta che avete urlato al coniuge, quella volta che avete parcheggiato nello stallo per disabili, quella volta che avete organizzato una festa per la persona amata, quella volta che proprio non avevate voglia di fare una cosa, quella volta che avete scalato la collina senza motivo… Ognuno di questi “voi” è il frutto di elementi di quello che chiamiamo il carattere (caparbietà, timidezza, volontà, superbia…), pressato da molteplici caratteri degli altri individui coi quali siamo in relazione, nei tempi, modi, circostanze sempre differenti che rendono ogni momento completamente differente da qualunque altro, perché le permutazioni fra tutti questi elementi sono sostanzialmente infinite.

Diventa piuttosto complicato, per non dire impossibile, stabilire chi siamo noi in un qualunque istante; l’enormità di elementi che contribuiscono, in ogni diverso istante, a renderci chi siamo, non è immaginabile, salvo forse una piccolissima e insignificante manciata di condizioni note: sì, sono agitato per il lavoro, effettivamente ieri sera ho visto un bel film e mi ha messo di buon umore, la primavera si avvicina e son contento, accidenti che devo andare dal dentista e non ne ho voglia. Se ci chiediamo “Chi sono io, in questo istante?” possiamo dare solo una risposta approssimativa e tendenzialmente autoconfermativa e rassicurante.

1.2) Frutti del caso 

Se fossimo macchine, programmate in un determinato modo, avremmo giornate tutte uguali; ci relazioneremmo agli altri secondo protocolli prevedibili; la nostra storia sarebbe sempre al giorno Uno, perché tutto si ripeterebbe uguale, salvo per circostanze terze (il terremoto distruttivo, il mutamento climatico naturale) che sarebbero, man mano che accadono, acquisite come possibili esperienze episodiche alle quali rispondere con nuovi protocolli. Non avremmo una “Storia”, ma solo un accumulo di esperienze che genererebbero nuovi problemi, ai quali opporre soluzioni che aggiornerebbero i protocolli. Sarebbe una storia tecnologica. Invece conosciamo una Storia rivelatrice di passioni, eventi subitanei, uomini e donne, occasioni colte e mancate, casualità, passi avanti e indietro, esaltazioni e mostruosità.

Chi poteva pensare che Adolf Hitler, quel bimbo così carino con gli occhioni, che amava la mamma, sarebbe diventato il carnefice del XX secolo? Come ha fatto a diventare “il Führer”? Pensiamoci un attimo; se avesse avuto un padre più affettuoso, se avesse incontrato o non incontrato questo e quello, se avesse proseguito nell’idea della carriera ecclesiastica, se i suoi professori alla Realschule di Linz fossero stati meno ottusi, e avanti così, i milioni di nodi, bivii, sliding door in cui ciascuno di noi si imbatte, ecco, bastava uno snodo imboccato diversamente e semmai non ci sarebbe stato l’Olocausto.

Adolf Hitler bambino

O forse ci sarebbe stato ugualmente per opera di Goebbels, che in un mondo ipotetico privo di Hitler sarebbe stato lui il Führer, oppure no, Stalin avrebbe invaso l’Europa, chissà, forse oggi saremmo tutti sovietici.

In generale siamo abbastanza consapevoli di questo. Pensate alla vostra vita e scrivete su un foglio come sia stato che avete incontrato il vostro coniuge, come e perché avete scelto un certo percorso universitario, come sia capitato che fate il lavoro che state facendo… Più ci pensate e più vedrete che quell’incontro, quella lettura, quel viaggio, quella circostanza, sono state delle sliding door; oggi voi potevate essere tutt’altro, altrove, più felici o più disperati, e siete quello che siete per una serie di combinazioni fortuite che sono state tali anche per gli altri; anche il resto del mondo è capitato fortuitamente, in piccolissima parte anche per avere incontrato voi.

Se chiedete all’imprenditore di successo, come parte di un caso di studio, di un’inchiesta, di spiegarvi le ragioni del suo successo, costui vi racconterà un sacco di balle, perché razionalizzerà ex post buona parte delle circostanze che gli sono capitate, e non sono affatto state “scelte” da lui (ci tornerò al par. 1.5).

1.3) La vita quotidiana come elemento caotico

Anche la nostra vita quotidiana è un intrico di bivi e scelte. Perlopiù sono scelte microscopiche (mettere lo zucchero nel caffè o decidersi una buona volta a ridurlo? Fermarsi a comperare il vino per la cena o farsi bastare quello che era avanzato ieri?); a volte ci sembrano più rilevanti (stipulare un mutuo impegnativo e comperare casa; licenziarsi dal lavoro poco gratificante e mettersi in proprio), e a volte lo sono davvero (candidarsi sindaco; emigrare; avere un figlio); a volte sono addirittura drammatiche (in caso di catastrofe o guerra; dopo malattie e incidenti). Ma se abbiamo accumulato un po’ di anni sulle spalle, e ci volgiamo indietro, sappiamo riconoscere le principali sliding door che abbiamo attraversato facendo una scelta, le persone incontrate che sono state decisive, o quanto meno importanti, le coincidenze fortuite (nel bene e nel male); quelle che riconosciamo sono in realtà una minima parte, perché di molte non ci siamo proprio accorti, e di molte altre preferiamo ignorare l’esistenza perché ci piace di più l’idea del libero arbitrio, ci piace attribuirci per intero il merito dei nostri successi e minimizzare le responsabilità dei nostri insuccessi, scaricando le colpe (quelle che a nostro avviso sono tali) su altri, sulla sfortuna, il caso, le invidie.

Cos’avete mangiato oggi? Perché? Ve l’hanno messo sotto il naso? Ve lo siete preparato da soli? Vi è piaciuto? Avete bevuto? Cosa? Avete digerito bene? Sapete che ciò che avete mangiato e bevuto incide fortemente sul vostro umore, sul vostro modo di pensare, sulla vostra lucidità? La cameriera alla caffetteria dove avete consumato l’insalatone era carina? Vi ha guardato? Avete fatto una fantasia erotica su di lei (o sul cameriere, a seconda del vostro orientamento sessuale)? O è stata scorbutica e sbrigativa, vi ha trattato come se non vi vedesse, faccia fra le facce di cento impiegati che vanno lì all’ora di pranzo? Sapete che la vostra brevissima interazione con la cameriera (o il cameriere) incide sul vostro stato d’animo lasciando piccoli segni che germoglieranno, a vostra insaputa, quando farete due ore dopo la presentazione del progetto ai colleghi?

Adesso immaginate che, appena usciti dalla caffetteria, un tizio vi si avvicini per farvi alcune domande, per un sondaggio: capite che rispondete secondo pensieri e pareri (raramente competenze) maturati chissà come, e filtrati dal cibo appena ingerito e dalla relazione con la cameriera?

State andando a un appuntamento importante e siete in auto, bloccati dal traffico; tutti i semafori sembrano diventare rossi appena vi avvicinate, ci sono buche sulla strada, forate, vi tamponano… Arrivate in ritardo, trafelati, sudati e innervositi, sapete di esserlo e fate una cattiva impressone; o viceversa il traffico è scorrevole, i semafori verdi, arrivate col vento in poppa, pure in anticipo e vi sentite già vittoriosi, lasciando un ottima impressione al vostro interlocutore. Chi dei due è veramente voi? Quando chiedete informazioni a un individuo, nell’ambito di un’indagine, chiedete se per arrivare all’appuntamento ha trovato i semafori verdi? Forse dovreste.

(Continua…)