Molte erano state le critiche che i governi della scorsa legislatura avevano meritato; eppure, questo governo riesce a peggiorare quanto di cattivo e a rinnegare quanto di buono era stato fatto.

Molte erano state le critiche che i governi della scorsa legislatura avevano meritato; eppure, questo governo riesce a peggiorare quanto di cattivo e a rinnegare quanto di buono era stato fatto.
Mentre Lega e M5S si impastoiano con i reciproci veti, esiste una persona che potrebbe tradurre in azioni di governo credibili molte delle priorità dichiarate degli uni e degli altri: Tito Boeri, presidente dell’INPS.
Le promesse elettorali di Renzi, Berlusconi e Di Maio sono piuttosto delle minacce, e se realizzate provocherebbero danni irreparabili.
Una rapida analisi dei numeri mostra che le proposte pensionistiche del M5S sono assurde. Ecco perché.
Il problema del debito pubblico è enorme. In vista delle prossime scelte politiche proviamo ad esplorare come viene affrontato dai diversi partiti. Perché una cosa è certa: il pericolo del default è ancora dietro l’angolo…
Come sempre, i fautori di spesa e assistenzialismo tornano alla carica appena ci sono segnali che l’economia migliori.
Il Rapporto Istat 2017 certifica la dissoluzione delle tradizionali classi sociali, ed evidenzia il crescente peso economico dei più anziani.
Alla fine, l’atteso annuncio è arrivato: il governo, nelle persone del ministro Poletti e del sottosegretario Nannicini, ha esposto ai sindacati il suo progetto per la “flessibilità in uscita”, il cosiddetto Ape (anticipo pensionistico): se si tradurrà in legge, questa ipotesi consentirà di andare in pensione fino a tre anni prima della scadenza, ricevendo un anticipo di pensione finanziato con un prestito bancario da restituire in vent’anni sotto forma di una trattenuta appunto sulla pensione, una volta maturata.
La proposta ha incassato un’accoglienza prudente ma favorevole dai sindacati, un commento positivo dalla Confindustria, e l’approvazione del Presidente dell’INPS Boeri, che ha osservato “La cosa importante è permettere la libertà di scelta alle persone”.
Di fronte a questo coro di consensi, è difficile discordare. Giusto?
Come abbiamo già segnalato, l’Istat ha recentemente pubblicato il suo Rapporto Annuale 2016, che contiene numerosi e interessanti dati e approfondimenti in diverse aree di analisi. Con tutta probabilità torneremo ad attingervi in prossimi post, ma in questo vogliamo prendere in esame uno degli elementi centrali del rapporto, ossia le differenze tra le generazioni, in particolare viste dalla prospettiva dei giovani che non siano “figli di papà”: il romanzo di un giovane povero, per prendere in prestito il titolo del film di Ettore Scola.
A quanto pare in Italia non dovremmo preoccuparci soverchiamente per il fenomeno dell’immigrazione essendo in realtà in atto un nuovo fenomeno opposto e contrario di emigrazione (oltre a quello dei “cervelli”).
Detto, fatto. Come aveva annunciato qualche mese fa, il presidente dell’INPS Tito Boeri ha fatto pubblicare una vera e propria bozza di provvedimento legislativo per una (nuova) riforma delle pensioni e di alcune forme di assistenza al reddito, con lo scopo di ridimensionare le pensioni più sproporzionate rispetto ai contributi versati per finanziare una forma di reddito minimo per gli ultracinquantacinquenni. Come dice il titolo del documento “Non per cassa, ma per equità”, l’effetto complessivo auspicato non sarebbe una riduzione della spesa ma lo spostamento di risorse del welfare nella direzione di una maggiore equità. Vediamo se è vero.
Coalizioni distributive
Ho pubblicato di recente due post su Hic Rhodus, dedicati a chiarire significato e conseguenze delle azioni collettive del luglio 2015, a Pompei e Roma (QUI e QUI). Ho allargato poi la prospettiva ad altri eventi e ripreso, per spiegarli, la teoria dell’economista Mancur Olson sulle azioni collettive. Riassumo in breve la mia argomentazione.
È ufficiale: Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review, ha gettato la spugna e ha annunciato che lascerà il suo incarico dopo la redazione della Legge di Stabilità (la Finanziaria, si diceva in altri tempi). Ora, premesso che certamente Cottarelli, tornando al Fondo Monetario Internazionale, non è poi da compiangere, è degna di nota l’indiscrezione che sarebbe già pronto il nome del suo successore, ossia Yoram Gutgeld, un economista e senior partner della McKinsey, parlamentare del PD e consigliere economico di Renzi.
Noi di Hic Rhodus abbiamo seguito con attenzione fin dall’inizio le sorti delle proposte di Cottarelli, e non possiamo esimerci dal tracciarne un sommario bilancio, anche per capire se, indipendentemente da quello che si sa delle idee di Gutgeld, abbia senso ingaggiare un ennesimo esperto per la spending review.
Nelle ultime settimane, l’attenzione dei commentatori politici è stata catturata dalle sciabolate che sono volate in Parlamento nella discussione sulla riforma del Senato. Molta meno attenzione hanno riscosso le esternazioni del Commissario alla spending review Cottarelli che, sul suo blog, ha garbatamente criticato la prassi che il Governo ha più d’una volta applicato di usare riduzioni di spesa (future) per finanziare nuove spese. Dato che Hic Rhodus considera la spesa pubblica un argomento centrale, è il caso di fare il punto su come stiano davvero le cose qualche mese dopo i nostri post sull’argomento.
Nell’ultimo post pubblicato dal nostro autore ospite Alba, si parlava esplicitamente delle differenze di equità nella gestione delle pensioni che derivano dal diverso livello di contribuzione sul quale le pensioni stesse si basano. Quando leggiamo proposte di “contributi di solidarietà” (verso chi?) a carico delle pensioni più elevate, o dichiarazioni sibilline come quelle di Padoan secondo cui “le pensioni non si toccano, ma i dettagli andranno discussi”, l’unico elemento che viene preso in considerazione come parametro è l’importo della pensione stessa, e mai quanto quell’importo sia commisurato a quanto effettivamente versato dai lavoratori e dalle imprese. In questo post cerchiamo di riprendere le indicazioni proposte appunto da Alba, e portare avanti il ragionamento sul rapporto tra i ricorrenti “interventi” sulle pensioni (inclusi i tagli all’adeguamento all’inflazione) e la “copertura” contributiva che le pensioni stesse hanno. Al momento, ahimè, questo rapporto è inesistente.