Primo bilancio della lunga ed estenuante trattativa europea sul Recovery Fund:
- Conte, non l’avrei detto. È stato più caparbio, risoluto, fermo nel difendere gli interessi nazionali di altri predecessori, semmai più navigati politicamente, che si sono regolarmente accontentati di briciole (generalmente dando in cambio promesse bugiarde); uno per tutti: Berlusconi, ma non solo lui. A me Conte continua a piacere pochissimo per ciò che rappresenta (la faccia perbene del populismo grillino) e che ha rappresentato (l’omino messo lì a pulire le mutande di Salvini per un lungo periodo che non dobbiamo scordarci) ma, evidentemente, dietro la faccia c’è anche un cervello, l’uomo dai e dai qualcosa ha imparato e devo dire che nella trattativa ha meritato un bel 10, che fa media portandolo a un 3 a tutto tondo.
- Merkel. Sempre stato un suo grande estimatore. Senza Angela Merkel l’Europa starebbe infinitamente peggio di come sta ora. Lei è stata in moltissime situazioni cruciali la vera e unica statista europea capace di una visione (che già sono in pochi) e capace anche di un’azione concreta. In diverse circostanze Merkel non ci è piaciuta? Certo! Lei vede e cura necessariamente anche e soprattutto gli interessi della Germania, ma che capisca cosa dovrebbe e potrebbe essere l’Europa è indubbio, l’ha dimostrato in molteplici occasioni (come questa) e più volte è venuta in soccorso, direttamente o indirettamente, dell’Italia. Un bell’8 non glie lo toglie nessuno!
- I Paesi “frugali”. Dio, quanto odio queste semplificazioni giornalistiche! Più che frugali sono stati dei paraculi egoisti che hanno ottenuto, a loro volta, un bel paccone di soldi extra in termini di rebates, ovvero sconti (molto sostanziosi) sui contributi versati al bilancio europeo. Questi sconti (soldi “puliti”, non vincolati ad alcun programma) mostrano in maniera cristallina la grande frattura che scorre lungo l’idea di Unione Europea. Una manciata di piccole nazioni, con la sola arma dell’intransigenza più assoluta, hanno ottenuto di contribuire di meno al disegno europeo, e quindi di non crederci, di stare in Europa a disagio e con fastidio, tranne quando i benefici pendono dalla loro parte. Poi ci si mettono beghe elettorali locali, caratteri calvinisti, stili comunicativi, ma il succo è che Olanda, Austria, Danimarca e Svezia hanno ottenuto, in un certo senso, un vantaggio anti-europeo. Da italiano gli darei un sonoro 3, ma ovviamente se fossi un elettore fiammingo darei 10 con lode!
- L’Europa in generale, quindi, ha mostrato una volta ancora di essere estremamente fragile, viziata da lacune strutturali, nel suo disegno di base, che ne minano pesantemente le possibilità, impastoiata nei veti incrociati, senza una visione comune. L’avevamo già visto all’epoca della prima ondata migratoria dopo la crisi siriana. Lo vediamo oggi. Lo vedremo ancora. Ormai si va per circoli: i Paesi “frugali”, quelli di Visegrad, l’asse Franco-Tedesco, i paesi del Sud (noi, i fanfaroni sfigati)… Questa non assomiglia in niente all’Europa che avevamo sognato 20 anni fa. Sì, troppa finanza e poca politica, troppa burocrazia e poca visione. Tutte analisi già fatte. Ma le sfide globali crescono, mentre questa Europa è bloccata in una matassa vischiosa dalla quale con enorme difficoltà potrebbe liberarsi, e solo con un pugno di leader forti. Macron potrebbe (condizionale) essere uno, sì, ma Merkel è nella fase discendente della sua parabola: chi la sostituirà? E chi altri ha lo spessore, il carisma (ma anche, alle spalle, una forte nazione coi conti in ordine) per poter battere i pugni sul tavolo e dare una svolta all’idea europeista? All’Europa non posso che dare un 4, massimo un 5, ma di quelli che i professori danno “per incoraggiamento”, per non rovinare la media allo studente sperando che alla prossima interrogazione si riscatti.
- L’Italia, infine, che ha preso una bella carrettata di soldi. Attenzione: i soldi sono davvero tanti, parte in sussidi e parte in prestiti, ma non ci si potranno pagare né la sopravvivenza di Alitalia, né l’estensione di quota 100, né altre boiate “all’italiana”. La soluzione prevede che quando (il prossimo autunno) il governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery Fund, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base al tasso di rispetto di politiche verdi, digitali e delle raccomandazioni Ue 2019-2020: per l’Italia riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità. Su richiesta di Rutte il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata: un gruppo di Paesi che rappresenti il 35% della popolazione potrebbe bloccarlo. Rutte è inoltre riuscito a imporre un freno per i successivi esborsi dei soldi, condizionati alla verifica degli obiettivi intermedi del Piano di riforme nazionale (fonte). Questo significa: capacità di immaginare (prima di tutto, immaginare) le giuste e necessarie riforme, per avere accesso ai soldi; poi, realizzare veramente e correttamente quelle riforme per ottenere una buona valutazione e accedere ai fondi successivi. Saremo capaci? Qui dobbiamo dirci una nota ma scomoda verità. Ai tanti Rutte europei l’Italia piace un sacco; a loro piace la pizza, il mare e vanno in deliquio agli Uffizi. Ma non si fidano di noi italiani; e questo fastidioso pregiudizio – come tutti i pregiudizi – ha una base reale, sperimentata in una lunga successione di decenni in cui gli italiani sono andati a piangere a Bruxelles per poi sperperare soldi, fare marameo alle riforme promesse, insultare anche pesantemente i nostri alleati. Non se lo sono mica dimenticato! Purtroppo abbiamo uno dei peggiori governi del secolo, coi 5 Stelle in forte posizione parlamentare e alla ricerca di facili consensi per risalire la china dei sondaggi. Ce la faremo? Boh? Voto: per ora non espresso. Ci rivediamo – appunto – a Settembre.