Questo post si chiama “Mettere le mani avanti”, o anche “Io ve l’avevo detto!” (questa seconda locuzione è futura, per dopo la guerra), e riguarda una riflessione che faccio da tempo ma non mi pare di avere mai reso esplicita qui su Hic Rhodus. Per il lettore casuale, che non ci conosce: qui su HR siamo rigorosamente a fianco dell’Ucraina aggredita, a favore dell’invio delle armi e per le sanzioni alla Russia. Non ci viene in mente di dire cose tipo “Putin ha le sue ragioni, la NATO ha circondato la Russia” o altre amenità. La Russia ha aggredito un Paese neutrale e pacifico; lo ha fatto con modalità imperialiste; nel mondo contemporaneo questa aggressività bellicista è inaccettabile qualunque sia il torto, vero o presunto, che ha scatenato il conflitto. Non credo ci sia altro da dire, se non “Forza Ucraina, siamo con te!”.
Sgomberato il campo da possibili equivoci da parte di lettori casuali o frettolosi, voglio spiegare il pochissime parole perché sono assolutamente contrario al veloce ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.
Il desiderio d’Europa dell’Ucraina può essere un sentimento diffuso, in parte della popolazione, da tempo (ma non certo in tutta la popolazione), ma non si è mai fortemente palesato in una richiesta esplicita prima della guerra. Un po’ di storia: solo nel 2019 il parlamento ucraino ha modificato la Costituzione indicando la sua aspirazione verso la NATO e l’UE (fonte); parliamo di pochissimi anni fa, quindi, dopo la prima aggressione russa all’Ucraina del 2014 (quella in cui i russi si presero la Crimea). A invasione in corso, come tutti ricordiamo, Zelensky ha formalizzato la sua richiesta; il 24 febbraio il Consiglio europeo ha adottato alcune conclusioni in cui
riconosce le aspirazioni europee e la scelta europea dell’Ucraina, ribadendo che l’Ucraina appartiene alla famiglia europea, e indicando che, nell’attesa del parere della Commissione sulla domanda di adesione dell’Ucraina, intende rafforzare ulteriormente il partenariato con l’Ucraina, sostenendola nel perseguimento del suo percorso europeo. (fonte)
Il 1° marzo, poi, il Parlamento dell’Unione ha approvato una risoluzione sull’aggressione russa, di evidente sostegno all’Ucraina, dove si dichiarano moltissime cose fra le quali, al 37° punto (il dettaglio è rilevante):
[Il Parlamento europeo] invita le istituzioni dell’Unione ad adoperarsi per concedere all’Ucraina lo status di paese candidato all’adesione all’UE, in linea con l’articolo 49 del trattato sull’Unione europea e sulla base del merito e, nel frattempo, a continuare ad adoperarsi per la sua integrazione nel mercato unico dell’Unione in virtù dell’accordo di associazione. (fonte)
Quindi, in poche parole: in pieno conflitto, per dare un segnale positivo agli ucraini e uno di segno opposto a Putin, oltre alle sanzioni, oltre all’invio di armi, si gioca anche la carta politica – evidentemente sgradita a Mosca – della possibile accettazione dell’Ucraina nel seno dell’Unione; si invita, si sollecita, si sorride ma – attenzione! – “in linea con l’articolo 49” che adesso vi spiego.
L’art. 49 del trattato dell’Unione Europea si intitola “Lo status di membro dell’UE” e in breve richiama principi istituzionali di libertà e democrazia con certi standard, tali da consentire l’integrazione politica, sociale ed economica del paese terzo:
I criteri di ammissibilità
- Geografico: ogni Stato europeo
- Rispetto dei valori di cui all’art. 2 TUE («L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini»)
- c. d. Criteri di Copenaghen: “L’appartenenza all’Unione richiede che il paese candidato abbia raggiunto una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze, l’esistenza di una economia di mercato funzionante nonché la capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione. Presuppone anche la capacità dei paesi candidati di assumersi gli obblighi di tale appartenenza, inclusa l’adesione agli obiettivi di un’unione politica, economica e monetaria« (Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Copenaghen, 21-22 giugno 1993) (fonte).
Il fatto è che l’Ucraina non possiede tali requisiti (a parte quello geografico, ovvio).
Quando Von der Leyen andò a Kyiv per la foto-opportunità con Zelensky, entrambi lo sapevano bene (nella foto – in copertina a questo articolo – lei consegna al leader ucraino il questionario per l’adesione all’UE; pare gli stia affiggendo una medaglia, ma gli ha solo dato il documento burocratico per avviare la procedura di richiesta).
D’altronde, nel marzo 2016, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato che ci vorranno almeno 20-25 anni affinché l’Ucraina aderisca all’UE e alla NATO, e il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha commentato la richiesta di adesione esprimendo alcune perplessità. Se le voci emotive ed entusiaste, in questi mesi di guerra, hanno fatto più facilmente capolino sulle prime pagine dei giornali, quelle caute e dubbiose sono perlopiù rimaste circoscritte in circoli più ristretti, ed è giusto che sia così. Putin deve sapere che gli europei sono solidali con l’Ucraina (e lo sono) e che si impegneranno moltissimo economicamente per la futura ricostruzione (e lo faranno). Ma un conto è aiutare, un conto è legarsi a filo doppio in un’Unione già parecchio in difficoltà per gli Orban e i Morawiecki, per tacere degli altri europei dell’Est, già frettolosamente inseriti nell’Unione e che ora sono una zavorra insopportabile.
Quello che affermo, è che un’Ucraina nell’Unione sarebbe una nuova Ungheria, semplicemente peggiore. La nota organizzazione Freedom House, che monitora i livelli di democrazia nel mondo, scrive:
L’Ucraina ha attuato una serie di riforme positive dopo la cacciata del presidente Viktor Yanukovich nel 2014, guidata dalle proteste. Tuttavia, la corruzione rimane endemica e le iniziative per combatterla vengono attuate solo in parte. Gli attacchi contro giornalisti, attivisti della società civile e membri di gruppi minoritari sono frequenti e le risposte della polizia sono spesso inadeguate,
e nel riepilogo globale è indicata come “parzialmente libera” con un punteggio che l’equipara al Madagascar e al Buthan…

In Ucraina – presidente l’attuale Zelensky – si vietano partiti, si perseguitano giornalisti, e in quanto alla stabilità politica, richiesta – ovviamente! – dall’Unione, beh… direi che ne siamo lontani. Zelensky, che possiamo ammirare, oggi, nella sua manifestazione di patriottismo, è stato eletto sulla base di una complessiva immaturità politica del popolo ucraino, sulla base di un programma vago e umorale (fonte), che può essere letto come voglia di cambiamento degli ucraini, in un percorso, però, appena agli inizi. Se col precedente premier, Poroshenko (sponsorizzato dall’Occidente), si assistette a gravi forme di intolleranza e repressione, con Zelensky le cose sono andate appena appena un po’ meglio, ma non poi così tanto, con la repressione di personalità definite filo-russe in forme e modi che sono considerati inaccettabili nelle democrazie liberali;
Ma Zelensky ha deciso di rendere la vita dura non solo all’opposizione filo-russa ma anche ai suoi rivali politici che hanno sposato le proteste di Euromaidan nel 2014 e, in particolare, ai seguaci dell’ex presidente Poroshenko: nelle scorse settimane, infatti, il sindaco di Kiev Vitali Klitschko – alleato dell’ex presidente Petro Poroshenko – ha accusato gli agenti della Sbu, l’agenzia di sicurezza statale ucraina, di aver eseguito una perquisizione nel suo appartamento su ordine di Zelensky, allo scopo di intimorirlo. Klitschko ha definito i raid “nient’altro che delle pressioni sul governo locale e tentativi di destabilizzare la situazione nella capitale dell’Ucraina. (fonte)

Non la voglio fare lunga. Se cercate su Google troverete molte e documentate indicazioni del fatto che l’Ucraina non è pronta, non ha nulla di pronto, per un corretto ingresso nell’Unione.
Riassumo:
- oggi: viva il popolo ucraino aggredito; viva il Presidente Zelensky e tutti coloro che restano ad affrontare a testa alta gli aggressori; vergogna Putin; sì all’invio di armi all’Ucraina, sì alle sanzioni a Mosca;
- domani: viva il popolo ucraino che è stato aggredito; aiuti sostanziosi alla ricostruzione (che sarà necessariamente imponente e, sia chiaro, porterà utili all’Occidente); sostegno politico, affiancamento, moral suasion, empowerment democratico, perché vogliamo tutti che l’Ucraina, dopo la tremenda botta della guerra, rifiorisca lungo sentieri genuinamente democratici; in attesa della fioritura, no al suo ingresso veloce nell’Unione;
- dopodomani, e senza fissare oggi delle scadenze temporali: benvenuta Ucraina, finalmente libera, non minacciata, ma specialmente democratica davvero, nell’Unione, una volta verificata la corrispondenza degli standard.