We have taken back control of our laws and destiny (Boris Johnson).
Ieri, scommettendo sul no deal, abbiamo scritto un articolo che spiegava quale catastrofe economica, ma anche sociale e geopolitica, fosse l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea senza accordi, come si andava prefigurando grazie anche all’intransigenza di Boris Johnson (qui una critica all’operato politico dell’Uomo). Poi nella giornata il colpo di scena: l’accordo c’è. In realtà la soddisfazione – per quello che riusciamo a capire dalla stampa – è più di facciata che di sostanza. Un BoJo disperato, piegato dal virus e in caduta libera nei sondaggi, che aveva un disperato bisogno di un accordo da esibire all’opinione pubblica (l’ha fatto in una conferenza stampa che – a mio avviso – ha sfiorato il ridicolo, parlando di “libertà riconquistata”), ha incontrato la tenacia di Angela Merkel che sta concludendo il semestre di presidenza dell’Unione e una Von der Leyen sagace e capace che ha saputo tessere una trama intelligente. Anche gli europei, quindi, si sono mostrati buoni, non intransigenti, disponibili, qualità diplomatiche essenziali.
Ora: se un qualsiasi accordo è meglio di nessun accordo, non è comunque detto che sia un buon accordo. Dipende dalle aspettative, certo, ma considerando che i britannici hanno sdegnosamente rigettato proposte di accordo molto più favorevoli avanzate in questi ultimi anni e mesi, il piccolo accordo raccattato all’ultimo miglio non è affatto stato un grande affare per i sudditi di Sua Maestà.
L’accordo, innanzitutto, dovrà essere ratificato dal parlamento europeo e da quello britannico, e ci sono elementi per dire che probabilmente si farà, sì, ma non senza ostacoli (in Europa c’è chi avrebbe interesse al no deal; in Gran Bretagna la follia populista ha già dato ampi esempi di cecità); poi, tale accordo non tocca tutti i punti delle innumerevoli questioni da normare, rinviando a successive trattative. L’esperienza e il buon senso insegnano che questi rinvii, anche se necessari per portare a casa un primo risultato generale, possono diventare trappole insidiose.
Vediamo cosa prevede l’accordo: certamente la non introduzione dei dazi doganali fra le parti è la principale concessione all’UK, senza la quale nessun accordo sarebbe stato possibile, senza la quale – come spiegato nel nostro precedente articolo – l’industria britannica avrebbe ricevuto un colpo mortale; ma l’assenza di dazi doganali non impedirà l’introduzione di norme di transito che genereranno ritardi e costi significativi aggiuntivi per le imprese; l’altra grande concessione all’UK è l’arbitrato terzo, in caso di controversie, anziché presso la Corte di Giustizia Europea, ma da parte europea si è fatto capire che l’Unione ha vari modi per “punire” l’eventuale indisciplina britannica, per esempio attraverso sanzioni. Quindi, in sostanza, le merci sugli scaffali di Londra continueranno ad essere presenti anche dal primo gennaio, e gli industriali continueranno a comperare e vendere nei paesi dell’Unione, ma il manico del coltello continua ad essere in mani europee. Ci sono poi le concessioni simboliche, per esempio sulla pesca (che in termini assoluti e relativi rappresenta un niente-virgola-qualcosa dell’economia britannica ma ha un valore fortemente emotivo).
Cosa non prevede l’accordo: l’accordo non copre lo strategico settore dei servizi che rappresenta l’80% dell’economia UK, che nei decenni ha sempre più abbandonato la manifattura per diventare una sorta di hub economico-finanziario; inoltre, l’accordo impone all’UK di sviluppare la propria economia secondo gli standard e i criteri dell’Unione, e ovviamente questo punto fondamentale – necessario agli europei per evitare ogni sorta di concorrenza sleale – fa affondare la boria di BoJo sulla “libertà riconquistata”, anche se nel suo discorso di annuncio ha sorvolato sul punto. Cessa il programma di interscambio universitario Erasmus, coi suoi 200.000 studenti che potevano studiare e fare esperienze all’estero, ma in generale per tutti i cittadini britannici viaggiare in Europa e vivere nei paesi europei sarà più difficile. Non varrà più il riconoscimento delle qualifiche professionali britanniche in sede EU: medici, veterinari, architetti e molteplici altri professionisti dovranno sottostare alle norme del paese ospite per essere riconosciuti e poter esercitare la professione.
Sul piano diplomatico e geopolitico, poi, le cose rimangono difficili per l’UK. Arginata in buona parte la questione irlandese, la Scozia, contraria alla Brexit in generale e a questo accordo in particolare, e forte di una maggioranza indipendentista, proporrà un terzo referendum per l’indipendenza. Inoltre l’UK non avrà, dall’amministrazione Biden, lo stesso sostegno ricevuto da Trump e, sul piano internazionale, una Gran Bretagna senza Unione Europea è decisamente meno appetibile economicamente e meno forte politicamente.
In conclusione: ci vorrà tempo per digerire le 2.000 pagine dell’accordo, tempo per accorgersi e valutare quel che c’è e quello – molto – che non c’è; oltre alla ratifica dei Parlamenti occorrerà mettere alla prova dei fatti un accordo complesso che mostrerà, inevitabilmente, punti oscuri che genereranno conflitto, decisioni affrettate o lacunose. In ogni caso non bisogna dimenticare che la Gran Bretagna poteva ottenere molto di più (all’epoca May); o che, semplicemente, poteva restare dov’era e com’era: dentro all’Unione con un trattamento di riguardo (le profferte europee per evitare la Brexit furono molteplici, e quasi scandalose). Ribadiamo la conclusione al nostro intervento di ieri: questo colossale pasticcio che – insistiamo – danneggerà più il Regno Unito che l’Europa, è il frutto di una politica spavalda e corsara che ha facilmente manipolato un popolo ignorante e scioccamente orgoglioso.
Comunque la si pensi la Brexit è stata un danno per tutti, specie per chi l’ha promossa. Nei prossimi mesi, e anni, ne capiremo meglio i confini.
Fonti:
- Mark Landler e Stephen Castle, Britain and E.U. Reach Landmark Deal on Brexit, “The New York Times”, 24 dic 2020;
- Luke McGee e Kara Fox, Brexit trade deal reached between UK and European Union with just days to spare, “CNN”, 24 dic 2020;
- Frank Langfitt, ‘Time To Leave Brexit Behind’: EU And U.K. Agree To Last-Minute Trade Deal, “npr”, 24 dic 2020;
- Anna Isaac, Eleanor Mears e Barbara Moens, UK-EU Brexit trade deal at a glance, “Politico”, 24 dic 2020;
- Ireland breathes sigh of relief as ‘least bad’ Brexit deal clinched, “Reuters”, 24 dic 2020;
- Angela Mauro, Divorzio amichevole. Accordo sulla Brexit, per Johnson bottino magro, “HuffPost”, 24 dic 2020.