Saremo all’altezza della sfida dell’Europa?

La lunga trattativa sulle misure da prendere in sede Unione Europea per limitare le conseguenze della crisi del Covid ha visto un notevole (e speriamo decisivo) passo avanti con la presentazione da parte della Presidente della Commissione Europea della proposta per il bilancio dell’UE nel periodo 2021-2027, che include importanti capitoli di spesa introdotti appunto alla luce dei danni provocati dall’epidemia alle economie del continente. Successivamente, la BCE ha deciso di estendere il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) sia in termini quantitativi che temporali, portandone il valore a 1.350 miliardi ed estendendolo al 2021; si tratta di una misura meno pubblicizzata di quelle della Commissione Europea ma forse in termini pratici persino più importante e (potenzialmente) efficace.

Non ho intenzione di analizzare qui punto per punto il programma della Commissione, che peraltro dovrà essere approvato dal Consiglio Europeo, quindi anche quello che scriverò nel seguito va considerato come provvisorio in attesa dell’inevitabile negoziato con i paesi cosiddetti “frugali” (Olanda, Austria, Svezia e Danimarca). Vi rinvio per questo, oltre che a quanto si trova sul sito della Commissione riportato nel link precedente, alla breve sintesi del Sole 24 Ore o a quella sul Post. Voglio solo sottolineare due elementi rilevantissimi che, insieme, rappresentano davvero una risposta molto forte e “prospettica” della Commissione all’attuale situazione, a sua volta senza precedenti:

Una cospicua parte dei fondi previsti sarà sotto forma di sovvenzioni, ossia sarà essenzialmente a fondo perduto, mentre un’altra parte sarà sotto forma di prestiti agevolati. L’Italia dovrebbe essere il maggiore destinatario di questi fondi, si prevede infatti che al nostro paese possano toccare 81,8 miliardi di euro in sovvenzioni e 90,93 miliardi sotto forma di prestiti agevolati. Un bel po’ di soldi.

L’altro elemento decisivo della proposta della Commissione è da dove si prenderanno questi soldi. Infatti, come si può leggere in un documento di dettaglio, per finanziare questi provvedimenti «la Commissione emetterà obbligazioni sui mercati finanziari per conto dell’UE (…) I fondi raccolti saranno rimborsati dopo il 2027 e al più tardi entro il 2058 dai futuri bilanci dell’UE». Ecco quindi che in un certo senso rientrano “dalla finestra” i famosi Coronabond, garantiti in solido da tutti i paesi che contribuiscono al bilancio dell’UE. Si tratta di una novità radicale, tanto che per renderla effettiva «Tutti gli Stati membri dovranno ratificare la modifica della decisione sulle risorse proprie conformemente ai rispettivi ordinamenti costituzionali». Per questo motivo, questi soldi non potranno essere erogati troppo rapidamente, e certamente non nel 2020; per ottenere fondi subito occorrerà utilizzare le risorse proprie della Commissione, o il famoso e anzi ingiustamente famigerato MES.

Tutto gratis allora? No. La quota di aiuti che arriverà sotto forma di prestiti andrà comunque restituita, e per quanto riguarda la quota che sarà erogata a fondo perduto, dovrà ovviamente essere pagata negli anni da tutti i paesi in proporzione a quanto contribuiscono al bilancio UE, e l’Italia contribuisce parecchio. Non si tratta, insomma, di un pasto gratis; ma è certamente una soluzione estremamente coraggiosa, perché costituisce un trasferimento netto di denaro (e non poco) dai paesi “settentrionali” a quelli “mediterranei”, soprattutto Italia e Spagna, rompendo un tabù e anzi modificando le regole stesse dell’Unione, tanto che appunto è necessario un voto costituzionale in tutti i paesi per realizzarla. Non a caso, è probabile che l’approvazione della proposta di bilancio si avrà durante il semestre di presidenza UE della Germania, che ha in tutta evidenza deciso di appoggiare queste scelte con tutto il proprio peso politico.
Come accennavo prima, sono certamente più “gratis” i soldi che arriveranno all’Italia grazie agli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE, perché pur essendo formalmente dei debiti (e non soldi a fondo perduto) è verosimile che la BCE continuerà a rinnovare i titoli in scadenza, trasformandoli quindi in una sorta di “debito inesigibile”.

Rimane una domanda: cosa faremo con questi soldi? Quelli erogati all’interno del bilancio della Commissione dovranno tipicamente rispondere a degli obiettivi e non essere spesi “a piacere”, mentre quelli ottenuti vendendo titoli di Stato alla BCE ovviamente non potranno avere vincoli di destinazione. Questo spiega probabilmente perché l’attuale opposizione in Italia abbia già dichiarato che tanto vale fare «un’asta di BTP al giorno e non ne parliamo più» (lo ha dichiarato su Twitter l’ineffabile economista della Lega Claudio Borghi Aquilini).
Ecco, io, dopo aver esplicitamente scritto su queste pagine che serviva un atto coraggioso da parte dell’Europa per consentire a Italia e Spagna (soprattutto) di tenere in piedi le rispettive economie, voglio dire chiaramente che questo atto, salvo dietrofront in sede di approvazione, è arrivato sia dalla BCE che dalla Commissione Europea. Adesso spetta a noi usare bene i soldi che arriveranno, specie perché, in una forma o nell’altra, non saranno gratis né per noi né per i nostri partner, che hanno il diritto di pretendere che i soldi che ci regaleranno non siano buttati. E usare bene quei soldi richiede una discontinuità da parte nostra, perché purtroppo noi abbiamo l’abitudine a spendere soldi “a pioggia”, senza obiettivi chiari e misurabili, in funzione della capacità di pressione esercitata delle mille lobby che in Italia prendono il posto della rappresentazione degli interessi collettivi dei cittadini. Se la nostra destra populista si frega le mani di fronte alla possibilità di gonfiare all’infinito il nostro debito pubblico con «un’emissione di BTP al giorno», evidentemente con l’idea di riprendere le politiche di spesa pubblica incontrollata degli anni Ottanta e Novanta, io credo invece che quando si ottengono soldi dagli “amici” occorra essere seri, e non usarli per il solito clientelismo all’italiana. Compensare le perdite di aziende e lavoratori è necessario e giusto; istituire decine di bonus per compiacere tutte le categorie che possono portare voti a spese del bilancio pubblico è inammissibile. Buttare i soldi degli italiani per tenere in piedi il carrozzone dell’Alitalia è una vergogna, buttare quelli degli europei sarebbe osceno.

L’Italia deve dimostrarsi all’altezza di un’UE lungimirante anche se fragile, guidata da una Germania che, ci piaccia o meno riconoscerlo, si sta assumendo la responsabilità storica di governare il nostro continente. Dobbiamo dimostrare di essere capaci di governare almeno noi stessi, senza furbizie e senza lassismi, onorando e ricambiando la giusta solidarietà europea. La nostra classe di governo non sembra all’altezza di questo compito, e l’opposizione sembra al disotto di qualsiasi compito; eppure, questa sarà una “misura” storica del nostro Paese, che nel bene e nel male contribuirà a definire l’immagine dell’Italia nei prossimi decenni.

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