Evviva gli Stati Uniti Democratici Inclusivi d’Europa

Vietato augurare “Buon Natale”? Ma no! Lo aveva spiegato la Presidente della Commissione Europea von der Leyen di fronte alle polemiche sollevate, almeno qui in Italia, da Giorgia Meloni, Famiglia Cristiana, Il Giornale e poi riprese un po’ da tutti: sono semplici raccomandazioni riportate in un documento interno, per uso del personale della Commissione, niente che riguardi i cittadini europei. Si tratta delle solite strumentalizzazioni degli antieuropeisti, sempre pronti ad accusare a sproposito le istituzioni europee, come si fa a dar loro retta?

Bene, allora si tratta dell’ennesima bufala della nostra impresentabile e becera destra sovranista, o dell’imperitura invadenza vaticana? In un certo senso sì, ma in realtà no: per capire davvero di cosa si tratta, occorre esaminare il documento in questione, dal non troppo accattivante titolo European Commission Guidelines for Inclusive Communication. Leggendolo, si fa presto a capire che la questione del Natale, o del nome Maria, è solo una delle decine di “raccomandazioni” che il documento elargisce. Ma andiamo con ordine, anticipando che, come saprete, le Linee Guida in questione sono state per il momento ritirate perché «Non è un documento maturo e non soddisfa tutti gli standard qualitativi della Commissione». Ma, per le ragioni che vedremo alla fine, analizzarlo certamente non è tempo perso.

Innanzitutto: qual è lo scopo delle Linee Guida? Ovviamente, e non potrebbe essere altrimenti, sono destinate al personale della Commissione Europea, ma questo non vuol dire che non riguardino tutti i cittadini europei, e non solo perché la Commissione è un’istituzione che appartiene a tutti noi. Il testo è molto chiaro e lo stesso Commissario per l’Uguaglianza, Helena Dalli, lo sottolinea nella sua nota che apre il documento: la Commissione intende essere un esempio guida per tutti i cittadini dell’Unione nell’applicare i principi di uguaglianza alla base dei valori fondanti a cui l’Unione si richiama, e la comunicazione inclusiva deriva da questi valori, punto e a capo. Quindi si capisce benissimo che le Linee Guida non sono semplici raccomandazioni, visto che, in base al sillogismo che ho appena citato, chi non si adegua alla comunicazione inclusiva è fuori dai principi fondanti dell’Unione; difatti, molte delle Linee Guida sono dichiarate obbligatorie (To be followed at all times) in tutte le comunicazioni esterne.
La conclusione è semplice: chi parla e scrive (più esattamente comunica in qualsiasi forma, incluse quelle audiovisive) secondo le Linee Guida è Buono; chi non lo fa è Cattivo. La Commissione è in grado di imporre questo standard solo al proprio personale, ma queste regole vogliono essere «di esempio» per tutti gli europei, e quindi possiamo concludere che esse costituiscono un vero e proprio standard etico pubblico, attivamente promosso dalle istituzioni europee. Ecco perché la loro esistenza riguarda tutti noi.

In secondo luogo, la questione del Natale è davvero secondaria. Basta scorrere l’indice del documento per capirlo: si tratta di un autentico manuale della comunicazione politicamente corretta. Le aree coperte sono:
Genere (Gender, nell’originale inglese)
LGBTIQ
Background razziale ed etnico
Culture, stili di vita, credenze (qui si trova la linea guida sul Natale)
Disabilità
Età
Come si vede, è ben difficile dire o scrivere qualsiasi cosa senza incappare in qualcuna delle Linee Guida. E non si tratta di indicazioni generiche, o di orientamenti di massima che ciascuno possa mettere in pratica secondo la propria sensibilità: tanto per fare un esempio, non si deve parlare di “cittadini dell’Unione Europea”, non si deve iniziare un discorso con “Signore e signori”, non si deve parlare di “visitatori asiatici (o africani, ecc.)”, non si può auspicare la “colonizzazione di Marte”, né usare i sostantivi “anziani” o “gay”. I Buoni non parlano così, e se vi chiedete perché mai queste espressioni vadano evitate, potrete trovare la risposta nelle Tavole della Legge, pardon, nelle Linee Guida.

Ora, francamente a me non interessa chiedermi se questa o quella prescrizione della monolingua predicata dalla Commissione Europea sia o meno condivisibile, né, a differenza della Meloni o del Vaticano, mi interessa combattere battaglie in difesa del Natale o della possibilità di usare nomi come Maria o Giovanni quando devo inventare una persona fittizia. Queste battaglie sono di potere, e se la Commissione ha ritirato il documento probabilmente è perché si è resa conto di non aver fatto i conti con tutti i poteri e tutte le lobby che hanno interesse a che una data regola esista o non esista. Scommetterei che la versione definitiva di questo documento non conterrà riferimenti espliciti al Natale, ed entrerà in vigore senza troppi clamori.
Quello che mi interessa dire, invece, è che mi oppongo radicalmente all’intera logica alla base della semplice esistenza di un documento simile.

Lo Stato laico e liberale è il frutto di secoli di storia politica dell’Europa (e non solo). Se c’è una cosa che distingue uno Stato laico da uno Stato etico (dove l’etica può essere di origine ideologica, confessionale, eccetera) è che i politici che eleggiamo per amministrarci non hanno alcun titolo per stabilire codici etici di comportamento. Ursula von der Leyen non è un’autorità morale, è un’amministratrice, e amministrativi sono i suoi poteri. Nessuno, a Palazzo Chigi come a Bruxelles, ha titolo e diritto di sedersi a scrivere i Comandamenti per Essere Buoni, anzi, Inclusivi. Non è per quello che li eleggiamo: l’etica non fa parte delle deleghe di un sistema democratico.

Il tentativo, in ambito politico o culturale, di imporre dall’alto comportamenti “eticamente approvati” ha un nome semplice e universale: totalitarismo. Non è un caso che ormai la parola inclusivo abbia assunto una funzione esclusiva, e venga impiegata per etichettare e stigmatizzare chi non è (abbastanza) inclusivo. L’inclusività viene ormai invocata per dividere più che per accomunare, e per accusare più che per assolvere; parlando di linguaggio, questo è un termine che è diventato un indicatore analogo a ‘Democratico’ nei nomi degli Stati: se uno Stato si dichiara ‘Democratico’ è molto probabile che non lo sia, anzi.

E non può essere la pretesa di avere un nobile fine a giustificare la trasformazione dell’Unione Europea in un mega-Stato Etico: superate le ideologie del Novecento, dovremmo ormai esserci resi conto che a distinguere o accomunare le persone non sono i fini che dichiarano di perseguire, ma i mezzi che usano per perseguirli. E quando qualcuno usa gli stessi mezzi che a suo tempo, sempre a loro dire per “nobili fini”, usarono i molti regimi totalitari dello scorso secolo, c’è poco da dubitare e molto da preoccuparsi.