Facebook combatte le centrali di fake news, ma quanto efficacemente?

Facebook combatte le centrali di fake news, ma quanto efficacemente?
Il tema della cittadinanza digitale è diventato cruciale. Non è una questione di poca importanza, riguarda la democrazia che andremo a costruire.
Lo diciamo da anni: è necessario creare una vera e propria cittadinanza digitale, con relativi diritti e doveri.
L’idea di imporre per legge di controllare la carta d’identità quando si crea un account Social è tecnicamente sbagliata, ma le critiche ignorano che il problema che tenta di risolvere è reale.
Da utenti a cittadini di Internet: un percorso possibile? Chi e come potrebbe creare una vera “Repubblica di Internet”?
L’annuncio della nuova “moneta” di Facebook porta con sé promesse e preoccupazioni.
I tempi sono maturi per imporre l’identificabilità di chi accede ai Social. Non solo è possibile, ma potenzialmente è anche economicamente proficuo.
L’enorme quantità di materiale violento, offensivo o illecito prodotto ogni giorno obbliga Facebook e gli altri Social ad avere moderatori che rischiano gravi ripercussioni psichiche.
Questa e altre evidenze ci dovrebbero convincere a istituire contromisure che colpiscano direttamente l’identità digitale di troll e criminali.
In USA, l’amministrazione Trump fa cancellare le norme sulla Network Neutrality: cosa significa, e perché dobbiamo preoccuparci.
La minaccia dell’Isis è sulle pagine di tutti i giornali, e noi italiani in particolare siamo sempre più preoccupati di trovarci “il nemico alle porte”, ossia in Libia. Di fronte a questa obiettiva minaccia, di cui peraltro su Hic Rhodus abbiamo parlato già da tempo, la strategia dei governi europei, e in particolare di quello italiano, sembra orientata alla prudenza rispetto alla possibilità di un impegno militare diretto.
Qualcuno che, dopo la recente strage di Charlie Hebdo, ha dichiarato guerra aperta all’Isis c’è: si tratta di Anonymous, la rete di attivisti hacker che si è già fatta conoscere per diverse azioni di una certa rilevanza. Saranno loro la punta di diamante della reazione occidentale al terrore islamico?
Un recente articolo di Repubblica ci informa delle trattative in corso tra i governi dei principali paesi per la stipula del TISA, il Trade In Service Agreement. Confesso che non ne sapevo nulla; se non ne sapete nulla neanche voi, cercherò di riassumervi quello che sono riuscito a capire: si tratta di un accordo di “liberalizzazione dei servizi” che potrebbe, ancora una volta, cambiare molto della nostra vita.
Qualche giorno fa, un articolo di Wired era intitolato I contenuti prodotti dagli utenti valgono più dei media tradizionali. Pur (a mio avviso) con qualche imprecisione, l’articolo aveva il pregio di affrontare un argomento che è al cuore della rilevanza che Internet ha assunto in questi ultimi anni, da quando cioè si parla di Web 2.o: i contenuti prodotti dagli utenti, lo User-Generated Content, o UGC.
In questi sei mesi, su Hic Rhodus abbiamo toccato molti temi, spesso complessi, e non abbiamo certo la pretesa di averli esauriti nei nostri post. Chi ci segue sa che citiamo molte fonti e siti esterni di approfondimento, e in alcuni casi abbiamo cercato di tenervi aggiornati con le nostre note intitolate “Ne avevamo parlato”; tuttavia, in questa occasione abbiamo pensato di elencare alcuni temi di cui ci siamo occupati e su cui esistono valide risorse in Rete.
In post precedenti abbiamo suggerito l’idea che “abitare” Internet possa significare, già oggi o più verosimilmente in un prossimo futuro, acquisire un nuovo tipo di cittadinanza, la cittadinanza digitale, e abbiamo cominciato a esplorare alcuni degli aspetti che inevitabilmente una simile cittadinanza dovrebbe avere, per capire se e come ci stiamo avvicinando a un’ipotesi di questo tipo.
Dopo aver parlato di diritti fondamentali e di valuta digitale di scambio, oggi vorremmo toccare, sia pure superficialmente, il tema del linguaggio: esiste un linguaggio di Internet, con delle sue specificità e una sua riconoscibilità, delle convenzioni e dei costituenti non riducibili a quelli delle lingue ordinarie che parliamo nel mondo “reale”? E, più importante di tutto, queste caratteristiche sono integrate nell’esperienza di comunicazione digitale dei Netizen in modo da essere naturali e coerenti con il mondo digitale in cui essi sono immersi?
Una moneta senza banche centrali
Il 3 gennaio 2009, The Times riportò in prima pagina una notizia divenuta consueta nel corso della profonda crisi dell’anno precedente e destinata a riproporsi negli anni successivi: “Il cancelliere sull’orlo del secondo salvataggio delle banche” .
Questa notizia, altrimenti destinata a perdersi nel turbine dei tentativi di arginare la recessione, fu trascritta nel “genesis block” , la prima vertebra di Bitcoin, una moneta distribuita creata sulla rete per togliere alle banche centrali il potere di creare denaro ed agli stati la sovranità della politica monetaria. Questo almeno è quanto traspare da questa annotazione.
Il risultato è che Bitcoin non ha una emittente centrale, ma lascia l’emissione e lo scambio del denaro agli utilizzatori attraverso un insieme di regole che garantisce l’autenticità e la liceità delle transazioni, sostanzialmente che il denaro sia trasferito solo da chi ne è titolare e che non possa essere speso due volte.
Allo scopo può essere utilizzato qualsiasi software che rispetti il protocollo, in quanto ogni transazione che lo violi è respinta dalla rete Bitcoin.