Pensare la democrazia del terzo Millennio. 3 – La cittadinanza digitale

Una serie di punti chiave, chiari, ineludibili, per ripensare la politica, da tempo scomparsa in Italia e – probabilmente – in stato comatoso in tutto l’Occidente. Una serie di punti che riteniamo fondamentali, in ordine logico, che proporremo in diverse puntate ravvicinate. In questa terza puntata: la cittadinanza digitale.

Invitiamo tutti i lettori a dibattere questi temi scrivendo suggerimenti e critiche nei commenti.

3. Costruire e riconoscere una nozione operativa di cittadinanza digitale. Man mano che le piattaforme digitali da spazi in fondo accessori di intrattenimento e interazione diventano una componente irrinunciabile della vita civile, appare sempre più grave l’assenza di una definizione condivisa di cittadinanza digitale, accompagnata da specifici diritti e obblighi. Il problema è certamente complesso, ma la politica ha sinora fatto pochissimo per affrontarlo, e quel poco non risponde a una visione coerente e lungimirante. Eppure, anche i governi, promuovendo (giustamente) l’utilizzo della Rete per accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione, prendono implicitamente atto che l’accesso a Internet e la possibilità di utilizzarne al meglio le risorse sono una necessità per essere in grado di svolgere appieno un ruolo di cittadino attivo e informato, e al tempo stesso per beneficiare dei frutti dello sviluppo tecnologico che da cittadini contribuiamo a finanziare e rendere possibile.

3.1 Come si constata praticamente ogni giorno, parte della complessità del problema è data dalla tensione tra il modello di cittadinanza, tradizionalmente garantita da uno stato nazionale, codificata nelle leggi e frutto di un lunghissimo percorso di progressivo raffinamento, e quello di accesso a piattaforme e servizi transnazionali, tipicamente regolati da contratti privatistici e di proprietà di service provider grandi e piccoli, tutti però tipicamente operanti su scala globale.

3.1.1 A causa di questa combinazione conflittuale tra nazionale e globale, pubblico e privato, regolamentato e libero, una soluzione efficace del problema richiede un’azione concordata e lungimirante da parte sia dei governi dei principali Stati, almeno Stati Uniti e Unione Europea, sia dei principali service provider, per stabilire alcuni punti chiave e armonizzare le normative, da un lato, e le condizioni contrattuali che i service provider impongono ai loro utenti.

3.1.2 Facilitare, richiedere e se necessario esigere quest’azione è eminentemente compito della politica, giacché le aziende private non hanno, in assenza di pressioni da parte dei cittadini/utenti e dei governi, interesse ad abbandonare un modello privatistico che lascia loro le mani libere e praticamente nessun obbligo.

3.1.3 D’altra parte, è parimenti compito della politica rinunciare ai tentativi di piegare le policy dei service provider al servizio di questo o quell’interesse nazionale o, spesso, di singole parti politiche nelle singole nazioni. Invece, la politica deve comunicare con i cittadini per condurli a comprendere i benefici che possono loro derivare dalla codifica di diritti e obblighi all’interno dello spazio digitale, in modo che esercitino a loro volta la necessaria pressione sui service provider.

3.2 Naturalmente, non è qui possibile ipotizzare la forma che un simile modello di cittadinanza digitale potrà assumere. Tuttavia, anche per dare concretezza all’argomento, si può provare ad elencare alcune componenti probabilmente necessarie:

3.2.1 Costituzione di un “consorzio” dei maggiori service provider globali: le principali aziende che forniscono piattaforme digitali (almeno Facebook, Google, Twitter, Apple, Microsoft, Amazon) dovrebbero accordarsi per “federare” i rispettivi servizi e condividerne alcuni (ad esempio l’identificazione degli utenti).

3.2.2 Accesso a Internet e ai Social come servizio di cittadinanza: l’accesso base a Internet, ai suoi servizi essenziali (es. email) e ai Social dovrebbe essere individuato come un servizio universale e incluso nei diritti dei cittadini digitali. Questo accesso potrebbe essere soggetto a limitazioni (ad esempio, poter leggere ma non poter pubblicare contenuti per un certo tempo) ma non sottratto del tutto. I contenuti del servizio di cittadinanza dovrebbero ovviamente evolvere nel tempo.

3.2.3 Eliminazione dell’anonimato, ma protezione della privacy: perché diritti e doveri possano essere applicabili, è necessario che il soggetto a cui si applicano sia noto e riconoscibile. Ogni cittadino digitale dovrebbe certificare la propria identità in modo che ogni sua azione sia attribuibile, ma, proprio per questo, potrebbe invece utilizzare dei nickname nella comunicazione con gli altri cittadini/utenti.

3.2.4 Regole di comportamento certe, uniformi e coerenti: i cittadini digitali dovrebbero rispettare norme di comportamento chiaramente definite, uguali all’interno di tutta la “federazione” dei service provider, e rispondenti a principi altrettanto pubblici e coerenti. 

3.2.5 Procedure di sanzionamento trasparenti: in presenza di violazioni delle regole, dovrebbero essere seguite procedure, uguali per tutte le piattaforme “federate”, chiare e trasparenti, all’interno delle quali il cittadino digitale possa difendersi. Le eventuali sanzioni dovrebbero applicarsi allo stesso modo a tutti gli account del cittadino digitale su tutte le piattaforme federate, e non dovrebbero mai impedire l’utilizzo delle funzionalità incluse nel servizio di cittadinanza.

3.2.6 Garanzia di continuità dei servizi: il cittadino digitale, che soddisfa una parte sempre più rilevante dei suoi legittimi interessi grazie alle piattaforme digitali pubbliche, deve poter contare sul fatto che, almeno a livello del servizio di cittadinanza, tali servizi non siano a rischio di essere interrotti, ad esempio perché non più convenienti per il provider o perché il provider stesso cessi le sue attività.

3.3 Naturalmente, in aggiunta alla complessità associata alla nascita di un nuovo modello globale di cittadinanza, alla politica nazionale, e in modo particolare a quella italiana, compete l’onere, più semplice ma non agevole, di creare le premesse perché tutti i cittadini (italiani) possano essere cittadini digitali a pieno titolo.

3.3.1 Questo in primo luogo implica garantire a tutti i cittadini, grazie agli operatori di mercato ma anche tramite iniziative pubbliche nelle aree a fallimento di mercato, la possibilità di accedere alla Rete tramite collegamenti a larghissima banda.

3.3.2 Inoltre, la politica deve investire incisivamente per limitare non solo il Digital Divide legato alle infrastrutture, ma anche quello legato alle competenze. Nel momento stesso in cui si definisca o si aggiorni il contenuto del servizio di cittadinanza, è essenziale garantire che tutti i cittadini siano in grado di poterne fruire, e quindi, tra l’altro, siano formati adeguatamente per utilizzarlo.

3.3.3 Più in generale, la politica deve porsi come obiettivo primario la presenza dell’Italia nel contesto dei Paesi digitalmente evoluti, in primo luogo facilitando l’evoluzione delle infrastrutture digitali, e in secondo luogo provvedendo alla totale digitalizzazione di tutte le procedure amministrative. Non deve esistere alcun passaggio della relazione amministrativa tra Stato e cittadino che non sia attuabile tramite supporti digitali, e tutti i servizi per cui questo è possibile devono essere erogabili anche su piattaforme digitali.

Prossimo tema: i bisogni.

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