La minaccia dell’Isis è sulle pagine di tutti i giornali, e noi italiani in particolare siamo sempre più preoccupati di trovarci “il nemico alle porte”, ossia in Libia. Di fronte a questa obiettiva minaccia, di cui peraltro su Hic Rhodus abbiamo parlato già da tempo, la strategia dei governi europei, e in particolare di quello italiano, sembra orientata alla prudenza rispetto alla possibilità di un impegno militare diretto.
Qualcuno che, dopo la recente strage di Charlie Hebdo, ha dichiarato guerra aperta all’Isis c’è: si tratta di Anonymous, la rete di attivisti hacker che si è già fatta conoscere per diverse azioni di una certa rilevanza. Saranno loro la punta di diamante della reazione occidentale al terrore islamico?
Per chi non conoscesse Anonymous, dirò sinteticamente che si tratta di una rete su scala mondiale di gruppi e individui che, senza far parte di un’organizzazione tradizionalmente intesa, si aggregano intorno a campagne di attivismo su Internet che generalmente implicano l’uso di tecniche di hacking, ossia di superamento dei normali sistemi di protezione informatica per accedere a informazioni riservate, alterare le funzionalità o l’accesso a sistemi o portali informatici, e così via. Anonymous non ha un vertice o una struttura di comando, si tratta di una comunità informale e “liquida”, che non a caso ha tra i suoi simboli una figura “acefala” proprio per sottolineare sia l’anonimato che l’assenza di un centro direttivo. Anonymous negli anni ha intrapreso azioni di attacco informatico contro molti ed eterogenei soggetti, da Scientology a Sarah Palin, contro la CIA e diversi governi, contro ogni proposta di regolamentazione di Internet, e a favore della libera circolazione su Internet di informazioni anche confidenziali (come nel caso di Wikileaks), delle “primavere arabe”, e molti altri. Anonymous si richiama in qualche modo all’hacker ethic, che, pur non essendo a sua volta codificata in modo rigido, si basa su alcuni principi come libertà di accesso alle informazioni, rifiuto di un’autorità centralizzata, condivisione della conoscenza e protezione dell’anonimato.
Ebbene, questo soggetto inafferrabile ha dichiarato formalmente guerra all’Isis, ovviamente scegliendo come terreno di battaglia quello per sé più congeniale: la Rete. D’altronde, l’Isis usa estensivamente la Rete come canale di propaganda e reclutamento, e la comunicazione su Internet rappresenta un elemento centrale della strategia del Califfato.

Anonymous ha deciso di attaccare l’Isis proprio su questo fronte, e nelle ultime settimane ha colpito rendendo inaccessibili diversi siti riconducibili al Califfato e disattivando migliaia di account Twitter. Difficile dire l’effettivo danno che queste azioni hanno arrecato alla rete di Isis, però Anonymous non sembra intenzionato a fermarsi qui: in pratica Anonymous sta “tagliando teste” ed eliminando migliaia di “voci” della jihad virtuale, in una guerra digitale meno cruenta ma non necessariamente meno micidiale. Non è escluso che azioni del genere abbiano effetti paragonabili a quelli di un bombardamento “reale”.
Ma, in questa guerra digitale, chi rappresenta Anonymous? Possiamo trattarli, come alcuni apparentemente fanno, come parte integrante dello schieramento “occidentale” che fronteggia l’Isis e l’estremismo islamico? A mio avviso, no. Anonymous non è un’agenzia di intelligence assimilabile allo schieramento geopolitico di cui bene o male l’Europa fa parte: Anonymous rifiuta qualsiasi suddivisione geografica e politica, ed è ostile agli Stati occidentali e alle loro istituzioni “democratiche” quasi quanto lo è ai fondamentalisti islamici. Anonymous non riconosce l’autorità degli Stati nazionali sui “cittadini di Internet”, per i quali rivendica libertà di accesso a qualsiasi informazione e libertà di espressione in qualunque forma. Anonymous non è “buono” o “cattivo”, non è controllabile, non risponde a nessuno, e in realtà non ha neanche un’identità unitaria e riconoscibile; è probabile che, se davvero si rivelasse in grado di arrecare danni gravi all’Isis, la cosa provocherebbe più di un grattacapo ai governanti di mezzo mondo.
Risorse:
- Sull’etica degli hacker suggerisco ad esempio Is there a Hacker Ethic for 90s’ Hackers?, un articolo che esamina somiglianze e differenze nell’etica degli hacker “tradizionali” come quelli degli anni ’60 e in quella degli hacker degli anni ’90 e successivi.
- Su Anonymous e le sue campagne Wired ha pubblicato (specie nella sua edizione americana, ma anche su quella italiana) molti articoli scritti con cognizione di causa, non mancando di approfondire anche questa anti-Isis, in articoli come questo. Un articolo ugualmente interessante è anche questo su lavoce.info.
- Sul sito anonhq.com, ad esempio, si trovano notizie su e prese di posizione dirette di Anonymous.
- Infine, un modo per avere notizie fresche sulla “guerra” tra Anonymous e Isis è seguire l’hashtag #opisis su Twitter.