Cosa fare coi “dittatori”? Fin dove si può spingere la realpolitik? Una questione spinosa che non possiamo risolvere con appelli ideologici.

Cosa fare coi “dittatori”? Fin dove si può spingere la realpolitik? Una questione spinosa che non possiamo risolvere con appelli ideologici.
L’attentato a Nizza mostra l’impossibilità di un dialogo fra democrazia occidentale e islamismo fanatico.
L’imminente conflitto turco-curdo mostra – se solo lo si vuol vedere – la diversa prospettiva geopolitica che dovrebbe animare l’Europa.
L’attacco terroristico di Teheran ha la medesima natura di quelli in Europa ma scopi molto differenti e seriamente pericolosi. La situazione in M.O. evolve in fretta, e in forma altamente preoccupante.
La situazione in Turchia pare avviata in una spirale di caos, con Erdogan che con una giravolta politica si è gettato nelle braccia dell’antico nemico russo. Quali conseguenze per l’Europa?
La Turchia amplia la possibilità di sposare bambine. Una violenza molto diffusa nel mondo.
di Reva Goujon
Offriamo la traduzione di questo articolo apparso su Stratford, un think tank di geopolitica fondato nel 1996 da George Friedman. L’articolo è stato scritto il 19 Luglio e consente di avere una visione chiara dell’evoluzione turca negli ultimi decenni, del ruolo di Fethullah Gülen, della presa del potere di Erdogan e dell’incerto futuro che attende la Turchia. L’articolo è pubblicato col permesso di Stratford. La traduzione e le note di chiarimento sono di Hic Rhodus.
Democracy is the worst form of government, except for all the others (Winston Churchill, House of Commons, 11 Novembre 1947).
Una benemerita nota di Paolo Mieli ci consente di fare una riflessione sulla salute della democrazia di fronte all’avanzare del populismo. Mieli parte da una constatazione: in molti speravano che i militari prendessero il potere in Turchia, e il ritardo col quale Obama, poi gli europei, hanno (tiepidamente) sostenuto Erdogan tradisce un desiderio inconfessabile di sovvertimento dell’ordine democratico contro un personaggio che, per quanto discutibile, è stato eletto democraticamente.
Chi scrive è sempre stato un sostenitore dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea; questo fino all’avvento di Erdogan che mi ha rapidamente convinto (specie in questi ultimi anni) che questa Turchia sia completamente incompatibile con l’Unione e che sia assolutamente necessario, fino a sostanziali cambiamenti (vale a dire: fino a che questo regime non sia completamente dimenticato), interrompere le trattative.
Il caso Regeni occupa giustamente le pagine dei nostri giornali e il tempo di moltissimi commentatori per la totale non credibilità delle autorità del Cairo e l’inaccettabilità delle diverse sciocche ricostruzioni finora date alla morte del giovane ricercatore italiano. Siamo sconcertati, anche come redazione HR, e come tutti i cittadini italiani vogliamo la verità, non una generica e inattendibile verità di comodo per mettere la parola “Fine” alla vicenda. Il nostro è un cordoglio sincero che si accompagna all’invito, alle autorità italiane, a fare di tutto, e poi ancora di più, per difendere quanto meno la memoria del povero ragazzo.
Ciò detto, questo non è un post sul caso Regeni.
I conflitti in Medio Oriente hanno un esemplare andamento storico triadico, come definito – in tutt’altro campo – da Paul Watzlawick trattando della comunicazione nevrotica (ne ho parlato QUI applicando il concetto alla comunicazione politica italiana, e QUI relativamente al conflitto israelo-palestinese). In sostanza questa triade dialogica non consente un normale scambio stimolo risposta.
Un’ovvia domanda è: chi arma l’ISIS/IS/Daesh? Perché combattono come matti nelle zone da loro occupate di Siria e Iraq e mostrano – anche nella loro versione terroristica – una potenza di fuoco invidiabile. L’argomento, che dovrebbe inquietare normalmente tutti noi europei, è diventato più pungente dopo l’attentato di Parigi e alcune denunce pubbliche del ruolo che avrebbe l’Italia nella vendita di armi a Paesi notoriamente finanziatori del terrorismo.
Gli italiani sono probabilmente così presi dalla caduta di Marino, dalle esternazioni di Tavecchio e dalla crisi delle mezze stagioni che potrebbero avere preso sotto gamba le elezioni turche che, domenica scorsa, hanno restituito a Erdogan il potere assoluto sulla Turchia, momentaneamente incrinato sei mesi fa (precedenti elezioni).