Stiamo parlando di rapporto fra popolo ed élite. Ma se non esiste più il popolo, a chi deve guardare l’élite?
Stiamo parlando di rapporto fra popolo ed élite. Ma se non esiste più il popolo, a chi deve guardare l’élite?
Un altro post confuso comparso sul “Fatto” ci obbliga ad approfondire il ruolo degli intellettuali populisti.
Un articoletto antivaccinista apre un mondo alla prosa del prof Cavicchi. Ovvero: L’arte della fallacia logica.
L’Italia sovranista-populista-demagogica che ha legittimato questo governo – peggiore di ogni possibile immaginazione – è, infatti, sull’orlo della bancarotta non solo metaforicamente. Una compagine di governo – improvvisata e ridicola nella componente grillina, arrogante e nevroticamente autoritativa in quella leghista – sta incartando il Paese in una lunare drammaticità iperbolica e irrealistica per affermare, in un continuo braccio di ferro, il prevalere del messaggio demagogico dell’una rispetto a quello, altrettanto demagogico, dell’altra. E poiché la realtà mediatica costituisce il campo di estrinsecazione di tale duello, bisogna riconoscere che la sua gestione da parte leghista è ben più efficace di quella grillIna; tanto ansiosa di essere efficace nello spasmo continuo di rubare il tempo a tutti e primeggiare incurante se si possono creare dei danni. Salvini, l’uomo che le televisioni riprendono sempre in cammino, di felpa vestito o in camicia e sempre con il telefono attaccato all’orecchio, è il vero grande protagonista di questa rappresentazione.
Paolo Bagnoli, Con Salvini e Di Maio hanno vinto la furbizia e la menzogna, "Il Fatto Quotidiano", 22 dic 2018.
Salvini ha cambiato discorso politico, dalla manifestazione di Roma. Ma non importa. E’ Salvini la narrazione, non ciò che dice.
Non fare la predica sui testi di Sfera Ebbasta. Tutta la storia della musica pop (e rock, e soul…) è piena di sesso e droga. Anche quella italiana.
Non se ne può più: sono proprio solo una massa di ignoranti arroganti. E in ciò eversori (con un’ampio elenco di lessico populista)
Il linguaggio politicamente corretto sta diventando un linguaggio ipocritamente omologato.
Le parole stanno perdendo significato, le parole diventano slogan, gli slogan ci stanno omologando.
Parliamo anche noi, con tiepida (molto tiepida) simpatia, del fascistometro di Michela Murgia…
La paura in un mondo a rotoli. L’incomunicabilità crescente. La propaganda. L’ultimo affondo della nostra utopiologa Amidani.
La crescita esponenziale delle bufale e dei falsi, anche giornalistici, pone una domanda drammatica sul futuro della comunicazione, politica e non solo.
Non si tratta di irridere i congiutivi di Di Maio o gli sproloqui di taverna. Dietro il pessimo linguaggio si cela un pensiero povero…
Una foto scandalosa su una bacheca Facebook. E giù i commenti… Ma cosa mostra, veramente, quella foto?
Una critica non di destra al buonismo, che serve solo a consolare noi stessi senza fare politica e senza scalfire Salvini.