Lessico della Tetra Repubblica: Radical chic

Le parole, le parole…

Adesso va di moda radical chic per dire “stronzo” col sorriso. L’etimologia, che trovate banalmente anche sulla Wikipedia, non ha neppur più importanza nell’attuale laminatoio populista dove tutto diventa sottile sottile, senza spessore e dal significato di comodo, e via tutti in coda a ripetere. 

Radical chic, vale a dire i ricchi borghesi che si atteggiano a rivoluzionari, oggi sono gli intellettuali. Una volta li chiami ‘intellettualoidi’, una volta ‘professoroni’ e la volta dopo ‘radical chic’, per variare un pochino. L’ultimo della lista è Nanni Moretti, che c’è andato giù pesante, che non è – strettamente parlando – un radical chic ma un intellettuale di sinistra cui questo governo va di traverso.

Chi ci segue sa bene che annettiamo un discreto valore alle parole, perché – semplificando – parole = pensiero = capacità di comprensione, ideazione, immaginazione e costruzione. Poche parole, e sbagliate = pensiero povero e cattivo stare nel mondo (e Nanni Moretti ce l’ha insegnato ai tempi di Palombella rossa, ben trent’anni fa)

Così adesso si dice ‘radical chic’ come intellettualoide inutile, criticone rosicone (‘rosicone’… già mi sento male…), blateratore ottuso, accecato dall’ideologia ma in fondo innocuo, là nella sua torre d’avorio così lontana dal popolo.

Popolo. Se c’è una parola che mi ha sfiancato è ‘popolo’. La tragedia dell’equivoco sul significato di ‘popolo’ è alla radice della nostra attuale disgrazia. Da sostantivo neutro, descrittivo (‘popolo’ è differente da ‘gente’, da ‘cittadini’, ‘residenti’, abitanti’ e via discorrendo) il concetto sotteso al lemma è diventato (antica tradizione) elemento di valore in sé. Il popolo come luogo di identità, e poi di saggezza, e quindi di appartenenza e verità. L’antica tradizione è diventata una falsificazione: autoassolutoria, antistorica, farcita del peggiore sociologismo. La distanza che c’è sempre stata fra popolo e intellettuali (ne ho parlato a fondo QUI) è diventato un abisso fra popolo vero che possiede i valori positivi e intellettualoidi che si ostinano a non capire. Poveri radical chic, sfigati che leggono perfino libri, pensate voi, e pretendono di avere delle competenze solo perché hanno studiato, quei professoroni capaci solo di rovinare l’Italia, come Monti…

E così una Castelli qualunque zittisce Padoan; il professore che argomenta e la rappresentante del popolo che lo annulla con un “questo lo dice lei”, quindi vale come quello che dico io, anzi meno, perché lei è un professorone, parruccone, barone, mi chiedo se anche lei non sia pagato da Soros…

Capite? Una miracolata della Casaleggio, incapace di capire l’ABC della programmazione economica che un Padoan esterrefatto cerca di illustrare… Leggetevi i curricula, se credete, se ne avete bisogno. Per carità: Padoan è umano, sbaglia, è anziano, dite quello che volete, ma… Castelli? Laurea triennale in economia, portaborse cinquestelle in regione e poi parlamentare pentastellata…

Quando, nel volume Codice giallo (mi scuso se ogni tanto mi auto-cito…) dico che la battaglia politica, oggi, è una battaglia di parole, di linguaggio, intendo questo: ci hanno tolto le parole e il loro significato; ci hanno fatto disimparare la costruzione del senso, che è costruzione della realtà, e ci fanno così ingoiare Castelli, Toninelli e tutti gli altri ignoranti, illetterati, incoscienti, inconsapevoli, ingannatori, mistificatori, simulatori FASCISTI che stanno al governo. 

E allora, ve lo dico: io sono un radical chic. Sono un radicale, sì, intollerante verso l’ignoranza e la stupidità, che sono sempre eversive. E sono chic, perché no? Indosso dei bellissimi foulard di cachemire e so dire sesquipedale, idiosincratico, qoeletico conoscendone perfino il significato! Io conosco le parole perché ho un pensiero, e viceversa, e la Castelli è una nullità che mi governa…

Lo trovo indecente.

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Tratto dalla serie di clip proposte da Codice Giallo, gruppo su Facebook, depositato sul canale YouTube ‘Codice Giallo’: