Sottotitolo: «The Funnel»
(in coda in tutti i supermercati)
– Ehi, ciao Aura. Che bello vederti qui! Come stai?
– Alla mamma ho detto di stare bene; alla sorella di aver perso altri tre chili, che tanto mica tiene il conto o saprebbe che – se fosse vero – sarei in passivo da marzo 2016; alle amiche su WhatsApp ho mandato occhi a cuore e ballerine di samba.
– Interessante, certo, tuttavia, se permetti un appunto, non ti avevo chiesto come hai detto di stare.
– Ah no?
– No.
– Vuoi davvero sapere come sto? E da che punto di vista lo vuoi sapere? No, perché cambia. Se la domanda si limita ai valori, allora diremmo nella media, almeno nella mia: BPM a riposo sotto i 110, pressione bassa, globuli bianchi sempre troppo alti, ma ci ho fatto il callo; se invece passiamo alla psiche, sono disturbata.
– Come sempre.
– Forse più che mai.
– Perché sei in vacanza e come buona parte di questa umanità, invece di goderti le ferie, sei costipata, ché fare la cacca lontano da casa è un bel problema per certi intestini, e quindi hai mal di testa e pensi al lavoro, al fatto che in un battibaleno tornerai a casa con una montagna di roba da lavare e poi stirare e poi mettere via, ricomincerà il tram-tram, dovrai rimetterti le scarpe e poi le calze e appena rimesse le scarpe, tornerai pallida, molle e con le occhiaie, comincerai ad avere sonno, a pensare a tutte le cose che non puoi più fare e che non hai fatto abbastanza nelle vacanze appena finite e arriverà il cambio di stagione e ti toccherà tirare fuori i pantaloni dell’anno scorso e giurare che ti stiano ancora. E forse ti chiederai se sia questa la vita che immaginavi da piccola, da giovane, appena entrata in ateneo, o appena uscita. O magari no, magari nemmeno te lo domanderai ché se uno si fa una domanda poi tocca anche rispondersi.
– …
– Perché quella faccia? Sono fuori strada?
– Di parecchio: la verità è che sono più disturbata che mai perché sono al mare e la spiaggia è un incubo ma non per il caldo, non credere, ché a quello dopo un po’ ci si abitua, e nemmeno per la sabbia che scotta, o per questi ombrelloni orrendi, così brutti da fare male agli occhi, per non parlare dei lettini… o degli occhialoni che sembrano schermi LCD da 52 pollici e le ciabatte, ma le hai viste le ciabatte? Ti ricordi cosa scriveva Feltri sulle ciabatte e sulla sciatteria?
– Feltri faceva il vetrinista.
– Ma chi, padre o figlio?
– Padre.
– Di’ giuro?!
– Giuro. E poi siamo in spiaggia, non puoi stare male per un paio di ciabatte, dai.
– No, hai ragione, non ce l’ho con la sciatteria, e sappi che se sto così non è nemmeno per le ciabatte.
– Per cosa allora?
– Per le marmotte.
– Le marmotte?
– Le marmotte. Siamo circondati. Non le vedi? Guarda bene: decine e decine di marmotte, labbra tirate verso il basso, spalle curve.
– Adesso che mi ci fai pensare… Però, aspetta, mi pare ci sia una differenza.
– Che le marmotte stanno in montagna?
– Che gridano. Appena una marmotta vede qualcuno si mette a gridare, no? È così che avvisano il branco di un pericolo.
– A parte che le marmotte fischiano, non “gridano”, ma pensi che loro non lo facciano? La differenza è che usano più le dita della gola e che non fischiano al branco per avvertirlo di un pericolo perché non solo il pericolo non lo vedono come tale, ma lo celebrano.
– Addirittura?
– Addirittura.
– Di quale pericolo parli?
– Di quello del nostro Paese, di questo sistema-Paese. Ti ricordi quant’era di moda, qualche anno fa, “sistema-Paese”? Chissà com’è che non si usa più. Ma lascia stare, non importa, o andiamo fuori tema. Il fatto è che viviamo in un mondo che è un po’ come la scatola del gatto di Schroedinger.
– Sia morto sia vivo?
– Sia bello, sia orrendo: è bello, anzi è meraviglioso, per quello che potremmo fare (al condizionale), però è orrendo – al presente – per come stiamo vivendo, per quello che diciamo, per quello che sentiamo in coda alla casse del supermercato, per le paure che abbiamo. Prendi la settimana scorsa, per esempio.
– Il ponte?
– Acqua.
– Le polemiche sul ponte, gli ingegneri laureati all’università della vita?
– Acqua.
– Le figure barbine dei politici?
– Acqua.
– Il comunicato stampa modello seconda media del governo? Quello che sembra scritto da una maestrina svampita, quello con Autostrade per l’Italia scritto tra virgolette così come pure “assoluta tutela e sicurezza” o “gestione realmente efficiente”?
– Acqua.
– E allora cosa?
– La zia.
– La zia? Che è successo alla zia?
– Niente, solo che è terrorizzata, ha una paura folle che le entri qualcuno in casa e quando ne parla, alza la voce, diventa tutta rossa. Vedessi le vene del collo: gonfie e livide tipo tacchino.
– Ma perché scusa?
– Eh, perché, perché ha paura, una paura della Eva che le entrino in casa e che le facciano, sai… “qualcosa”… “qualcosa di brutto”, dice.
– Non vorrei offendere la zia ma non mi pare sia il clone di Belen. Perché dovrebbero entrarle in casa?
– Per rubare. Dice che un non meglio precisato numero di individui che solo lei vede aumentare di giorno in giorno potrebbe entrarle in casa per rubare.
– Ah sì? E chi sarebbero? Gli idioti?
– Inizia con la i di Imola, ma finisce in mmigrati.
– E cos’è che dovrebbero rubarle?
– Non lo sa nemmeno lei.
– È ricca, la zia?
– Dipende: se a giudicare è Gino, il clochard della stazione, allora un sacco. Se lo chiediamo a Queen Betty, zia è ‘na poveraccia.
– Ma allora non ha senso che abbia paura.
– Brava! Glielo dici tu che queste sue paure sono finte, e non solo sono finte, ma sono pandemiche e che ogni volta che ne parla, in coda alla Conad, o in posta, oppure giù al cimitero, diffonde il virus e chi la sente se lo prende e se lo porta a casa (il virus, ché la zia non se la prende neanche il ricovero), al prossimo giro in corsia, nella sala d’aspetto del dottore, al mercato e lo regala al primo che lo sta a sentire che poi a sua volta se lo prende e lo sparpaglia con qualcun altro?
– Se vuoi, a dirglielo io ci posso pure provare ma non so se…
– La zia non è in pericolo, non lo è più di quanto non lo fosse l’anno scorso (e non lo era), e nella sua casetta, due piani, il terrazzino con i gerani, l’orto con i pomodori e tre cetrioli-tre che quest’anno son venuti tutti storti. Devi dirglielo, alla zia, che le sue paure non sono le sue, ma sono paure inculcate da quei programmacci del pomeriggio. E già che ci sei, mentre prepari il discorsetto da fare alla zia, buttane giù uno anche per le marmotte qua intorno e fa’ in modo che sia bello chiaro, per piacere. Fatti capire, ti prego, e cerca di ficcare in quelle belle zucche pettinate che non ha senso.
– Cosa? Cos’è che non ha senso? Il frinire della ministra della salute? I no-vax?
– I no-vax, ma anche i no-tav, le polemiche, le baggianate che girano in rete, il fatto che i maestri e i professori facciano la fame, che gli italiani leggano poco o niente, che però cialtroneggino, voce del verbo cialtroneggiare, da cialtrone, ché è quello che siamo, #cialtroni, #cialtronisecolari, che ci sia ancora gente che dice “prima gli italiani” e che se a quella gente lì facessimo fare un bel test del DNA avremmo un’ecatombe, hai presente le facce nello scoprire che sono italiani per il 40% o il 50% e poi curdi, armeni, più persiani dei loro gatti, e tagiki e uzbeki, poi tedeschi, finlandesi, greci, spagnoli e poi ebrei aschenaziti, eccetera, eccetera eccetera. Ma la cosa più grave, la più grave di tutte, è che non capiscano, che non abbiano già capito da un pezzo che la politica ci sta mettendo alla prova, che sta testando la nostra capacità di sopportazione, che vuole vedere fino a che punto siamo in grado di reggere. Usa il verbo, le parole, lancia test fatti di frasette mezze sgrammaticate che sembrano tenute insieme con lo sputo ma che invece no, invece niente: la verità è che quelle frasi lì non sono aria fritta, ma test.
– Test?
– Test! Pensa alla faccenda del censimento dei rom, torna indietro fino a là (18 giugno – vedi nota) e guarda il domino, ma non fermarti al tuo naso, collega i puntini numerati, arriva fino al 18 luglio, a Roma, con lo sparo “accidentale” nella schiena della bambina, e poi al 30 luglio con la ‘goliardata’ dell’uovo; l’11 agosto e la ronda di Casa Pound in spiaggia, arriva al ponte, ai bilanci di Autostrade, al funerale, ai selfie…
– Mi viene da vomitare.
– Sapessi a me.
– Quindi? Hai una soluzione?
– Non ancora, ma ci stiamo lavorando.
– Tu e chi? E come?
– Io e tutti quelli che non si omologano, come scrive Bez. Un po’ scrivendo e un po’ a voce.
– A voce? Scherzi? Tipo propaganda?
– Non “tipo”: propaganda e basta. Anzi, meglio: contro-propaganda. Ogni volta che sentiamo qualcuno dire una cagata, una dei quelle robe in stile “non se ne può più” e “siamo circondati”, e “dove finiremo?”, facciamo un bel sorriso, il migliore che ci riesca, e un pezzo alla volta, modello imbuto, spargiamo sale nelle zucche che incontriamo.
– Modello imbuto?
– Hai presente com’è fatto un imbuto? Parte largo, invitante, senza problemi, poi, piano piano, si stringe. Ecco, noi uguale. La strategia a imbuto ci permette di non finire in una rissa al giorno, visto che se non vuoi la guerra ma il buon senso, non puoi attaccare uno e chessò dirgli subito, al pronti-via, “Ma sei scemo o mangi i sassi?”, nemmeno se l’uno in questione è un cretino patentato; se vuoi spargere sale nella zucca che hai davanti, devi prima far sentire a suo agio la zucca, poi ottenere la fiducia della zucca e solo dopo puoi provare a instillare il dubbio.
– Il dubbio che non sia proprio proprio come ce la raccontano?
– Esatto.
– Sembra facile. Funziona?
– A volte. Direi una su dieci.
– E quando non funziona?
– Nel 50% dei casi ci chiamano buonisti, qualcuno pure radical chic, o pidioti (come se l’appartenenza – peraltro arbitraria e tutto fuorché verificata – a questa o quell’altra ala di pollo fosse significativa), nel 20% dei casi poi ci dicono delle cose davvero brutte, che siamo scotomi per esempio, ancorché scintillanti, e per un altro 10 che non siamo niente
– Come “niente”?
– Che non siamo niente. Ci dicono che le aure non esistono e che anche se magari una volta esistevano, prima delle scie chimiche, chiaro, adesso non ci sono più.
– Ah, ecco. In effetti ti vedo un po’ smagrita, eh, appena appena piegata. Pensavo fosse il caldo.
– Macché.
– Mi spiace.
– Grazie.
– Un’ultima domanda. Posso?
– Prego.
– Ho fatto la somma e fa 80. Se c’è un 10% con il quale la strategia a imbuto funziona, arriviamo a 90.
– Brava.
– Grazie. L’altro 10 % che fa?
– Ci mena.
Approfondimenti, fonti, link
18 giugno 2018:
• “Al ministero mi sto facendo preparare un dossier sulla questione rom in Italia. Dopo Maroni non è stato fatto più nulla ed è il caos. Occorre una ricognizione per vedere chi, come, quanti sono, rifacendo quindi il censimento. Facciamo un’anagrafe, una fotografia della situazione. Se gli stranieri irregolari vanno espulsi, i rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa”. [Salvini, ai microfoni di Telelombardia]
• http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-06-18/rom-salvini-chiede-censimento-ecco-chi-sono-quanti-sono-e-dove-vivono-155800.shtml?uuid=AEpdvK8E&refresh_ce=1
• https://www.internazionale.it/bloc-notes/2018/06/19/censimento-rom
Feltri, moda, sciatteria:
• http://www.businesspeople.it/Lifestyle/Stile/Lezioni-di-stile-da-Vittorio-Feltri-98847
• https://www.liberoquotidiano.it/news/sfoglio/13360523/vittorio-feltri-eleganza-uomini-sciatti-trasandati-luigi-di-maio.html
http://www.governo.it/articolo/comunicato-del-presidente-del-consiglio-conte/9844