Dall’ascolto casuale di un’omelia una bella riflessione su giustizia, merito e responsabilità.

Dall’ascolto casuale di un’omelia una bella riflessione su giustizia, merito e responsabilità.
La vicenda di Contrada, condannato da una sentenza dichiarata inammissibile dopo avere scontata la pena, mostra una volta ancora il lato peggiore di un populismo giudiziario sconcertante.
Il 21 giugno scorso, la Corte di Giustizia europea ha emesso una sentenza relativamente a un interpello della Corte di Cassazione francese che deve esaminare un ricorso presentato dai familiari di un cittadino francese (indicato […]
L’argomento della legittima difesa è antico ed è collegato a quello pure antico ma superato della legittima vendetta. Ha una definizione semplice: giustizia fai-da-te.
Anticamente la legittima vendetta aveva trovato una regolamentazione nella nota legge biblica del “Taglione”.
Non so se ho titolo, o se sono in grado, di attribuire agli argomenti di cronaca una scala di valori, ma certamente la questione del Dott. Scattone che sta in cattedra per insegnare in un liceo italiano non occupa i primi posti. Tuttavia è una vicenda di costume che può assumere una valenza superiore al proprio valore.
Gli uomini fanno il male come le api il miele (Golding)
Con un certa sofferenza personale devo esplicitare – prima di tutti a me stesso – questa consapevolezza che prende forma nella mia coscienza: l’impossibilità di perseguire una verità, se volete utilizzare subito categorie importanti, o anche solo l’impossibilità della linearità della condotta, quella della semplicità della conciliazione fra pensiero e azione. Noi – questo il succo della mia riflessione – non solo non pensiamo sempre le stesse cose, non professiamo sempre gli stessi valori, cambiandoli invece con impressionante velocità in base alle circostanze e convenienze ma, di più, riteniamo di difendere valori fondamentali che sono costantemente traditi dai nostri comportamenti.
Ricordate Nanni Moretti in Aprile, quando supplica D’Alema di dire qualcosa di sinistra? La scena, che ripropongo qui sotto, vede un Berlusconi arrembante nel 1996, a Porta a Porta, attaccare un silente D’Alema sul tema della giustizia. D’Alema non replica, Moretti si dispera (nella realtà storica la sinistra vinse con l’Ulivo di Prodi per lasciare l’Italia intera ad assistere con sgomento al suo suicidio). Dire qualcosa di sinistra; pensarla, argomentarla, sostenerla… siete sicuri di poterci riuscire? Io credo di no. E lo stesso vale anche per la destra, sia chiaro, ma per ragioni che ora sorvolo mi sembra più interessante, come esercizio, utilizzare la sinistra.
Un uomo, divenuto politico non per vocazione ma per mero opportunismo, ha monopolizzato le vicende istituzionali di un Paese per oltre 20 anni e alle soglie degli 80 anagrafici è convinto di poterlo fare ancora ad vitam. Ha potuto farlo grazie a doti soggettive innate come la capacità comunicativa e l’abilità dialettica (sia pur qualitativamente scadente) di incallito imbonitore. Insomma uno che riesce indifferentemente a vendere 10 paia di scarpe a Pistorius o la promessa di 1 milione di nuovi posti di lavoro ad una decina di milioni di boccaloni, in buona parte altrettanto opportunisticamente dedicati solo al proprio interesse. Ma l’imbonitore politico ha avuto successo grazie alla possibilità, solo a lui concessa, di utilizzare una enorme potenza finanziaria e mediatica. Per mantenere e incrementare tale potenza, inizialmente minacciata dalla perdita dell’appoggio di un protettore come Bettino Craxi, ha coinvolto nell’impresa politica direttamente o indirettamente tutto il suo entourage, sia di alto che di infimo rango concedendo seggi elettorali italiani ed europei a cani e porci (al maschile e al femminile) che ancora abbaiano e grufolano specie in TV. Tra gli amministratori locali disonesti (i peggiori nemici di questo povero Paese) sono una moltitudine quelli espressi proprio dal suo partito e con la sua pubblica benedizione.
Siamo abituati a dire spesso “questo è giusto” o espressioni simili nel linguaggio comune quando si tratta di idee e di comportamenti. Sulle idee, soprattutto quando sono espressione di opinioni, non mi soffermo più di tanto se non per dire che quando classifichiamo le opinioni intendiamo con il termine “giuste” a contrario quelle che a nostro avviso non sono “sbagliate”. Ma, essendo assodato che le opinioni sono libere e (ancora) non sono reato non rientrano per il momento nei propositi di queste righe. Ci rientrano invece i comportamenti e in specie quelli che le leggi vigenti (questo termine è importante non essendo notoriamente le leggi uguali in tutti i luoghi e in tutti i tempi, ma solo hic et nunc) regolano sia che si tratti di vertenze tra soggetti di cui si occupa il Codice Civile sia che riguardino fatti regolati nell’interesse superiore della collettività di cui si occupano il Codice Penale e quello Amministrativo.
Durante la riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009, una settimana prima del terremoto del 6 aprile 2009, tra l’altro dichiarai che:
I periodi di ritorno dei forti terremoti sono dell’ordine di due o tremila anni.
Su questa affermazione il PM ironizzò con asprezza durante la sua requisitoria nel processo di primo grado.
Tuttavia è un’affermazione scientificamente e indiscutibilmente corretta. Si riferisce a terremoti di magnitudo 7, come quello disastroso del 1703.
Ci lamentiamo, e con qualche ragione, della giustizia sportiva, ma almeno quella consente il pareggio e, se necessario, si va ai rigori, ma se una partita finisce 1 a 1 nessuno si sogna di darla vinta a chi ha segnato il goal nel secondo tempo!
Nella Giustizia con la G maiuscola invece funziona così. Naturalmente avviene spesso che il tempo intercorrente consenta davvero una valutazione più approfondita, ma quando si tratta di “interpretare” fatti che appaiono esattamente gli stessi il repentino passaggio dal bianco al nero (o viceversa come nella fattispecie) lascia ragionevolmente dubbiosi.
Anche quest’anno una delle armi più frequentemente brandite nella campagna elettorale è l’essere puliti, senza conti in sospeso con la giustizia. In passato, quest’arma è stata brandita da un po’ tutti i partiti, prima di essere coinvolti in vicende giudiziarie che presto o tardi hanno toccato anche quelli che si proclamavano innocenti e puri: a partire dai missini ai tempi di mani pulite, fino ai pentastellati odierni, è tutta una teoria di candidati che rivendicano il proprio candore (la parola candidato indicava proprio questo, infatti nella Roma consolare i candidati vestivano la toga bianca).
Nell’attuale campagna elettorale, l’arma del candore giudiziario è usata soprattutto dai partiti e dai candidati più nuovi, che proclamano l’assoluta incensuratezza dei propri candidati, arrivando perfino ad affermare che non sono neppure mai stati indagati per qualsivoglia reato.