G oppure g? L’importanza della maiuscola quando si parla di Giustizia

fiat iustitia ne pereat

Siamo abituati a dire spesso “questo è giusto” o espressioni simili nel linguaggio comune quando si tratta di idee e di comportamenti. Sulle idee, soprattutto quando sono espressione di opinioni, non mi soffermo più di tanto se non per dire che quando classifichiamo le opinioni intendiamo con il termine “giuste” a contrario quelle che a nostro avviso non sono “sbagliate”. Ma, essendo assodato che le opinioni sono libere e (ancora) non sono reato non rientrano per il momento nei propositi di queste righe. Ci rientrano invece i comportamenti e in specie quelli che le leggi vigenti (questo termine è importante non essendo notoriamente le leggi uguali in tutti i luoghi e in tutti i tempi, ma solo hic et nunc) regolano sia che si tratti di vertenze tra soggetti di cui si occupa il Codice Civile sia che riguardino fatti regolati nell’interesse superiore della collettività di cui si occupano il Codice Penale e quello Amministrativo.

E’ questa la Giustizia (“G” maiuscola) alla quale siamo più sensibili e che vorremmo fosse sempre giustizia (“g” minuscola). La differenza tra la G maiuscola e la g minuscola mi serve per distinguere tra la prima che è applicazione, da parte del Giudice, delle leggi, cioè delle regole, dalla seconda che è invece un concetto soggettivo (e dunque condizionato dal sentimento). Spero che converrete con me che la trasformazione di un valore soggettivo in valore oggettivo è impresa “che noi umani non possiamo neppure immaginare”.

Questa noiosa premessa mi serviva per esporre poche considerazioni su un argomento di natura sociologica più che giuridica che mi – e forse vi – ha spesso fatto amaramente riflettere. Quale rapporto, ma soprattutto, quale corrispondenza c’è, nella realtà oggettiva e soggettiva tra la Giustizia e la giustizia? Faccio qualche esempio:

  • Credo che alcuni di voi abbiano ancora dinanzi agli occhi le immagini impressionanti e dolorose di quel bambino “catturato” con violenza all’uscita dalla scuola da addetti ai servizi sociali (!!) in presenza della Forza Pubblica per essere sottratto alla madre ed essere affidato al padre dopo un periodo da trascorrere in un Centro Sociale. Il bambino si ribellava e piangeva invocando la zia che era presente, ma nulla d’altro poteva fare se non gridare e protestare anche con una forza che le procurò una denuncia di resistenza e offesa a pubblico ufficiale. L’operazione, seppure attuata in modo inaccettabile, era perfettamente lecita in quanto avveniva a seguito della sentenza di un giudice “competente” che, effettuate indagini e valutazioni, aveva deciso che fossero da tutelare le ragioni del padre e non quelle della madre. Giustizia (cioè applicazione di una legge) ma non giustizia poiché tutti, pur non essendo nella condizione di poter valutare in termini giuridici, ebbero la sensazione che la cosa avvenisse contro la volontà e forse il bene del bambino, cioè del soggetto più meritevole di una giusta tutela che difficilmente allo stato attuale può essere salomonica.
  • A Milano in particolare, ma non solo, le case popolari sono indegnamente e colpevolmente malgestite facendo sorgere inevitabilmente situazioni di degrado intollerabile. In particolare però colpisce la problematica umana connessa alle cosiddette occupazioni. Di solito si tratta di occupazioni di appartamenti vuoti o perché in corso di assegnazione o perché in condizioni di manutenzione talmente disastrate da non poter essere neppure assegnate. Ma a volte l’appartamento è solo temporaneamente disabitato perché l’inquilino regolare è in vacanza (anche solo per un weekend) o in ospedale.

Questo secondo esempio merita un approfondimento. L’invasore può essere un malavitoso che agisce “in proprio” oppure l’incursione viene effettuata da un’organizzazione criminale che funge (con maggior efficacia) da Commissione di assegnazione e insediamento , ovviamente previa riscossione di un congruo “pizzo”.

Questa pratica è fonte di una serie di problematiche che possiamo agevolmente definire “ingiuste”:

  • Esiste certamente una persona o una famiglia non agiata che ha presentato una regolare richiesta burocratica e che, possedendone i requisiti, avrebbe la legittima aspirazione a vedersi assegnata la casa.
  • Nel caso dell’occupazione “in assenza” la situazione è ancora più atroce poiché la persona si ritrova improvvisamente e violentemente privata della sua casa e delle sue cose.
  • Ma la situazione si fa intollerabile anche per gli altri residenti (alcuni dei quali si ritengono “regolari” dopo un certo periodo di occupazione in rigorosa osservanza del principio del “diritto acquisito”!) che vivono sia nel terrore di diventare vittime di queste espropriazioni sia nel fastidioso disagio di una convivenza non piacevole con questo genere di vicini di casa. Oltre al trauma della forzatura quasi sempre notturna delle porte. Molti si organizzano per far intervenire tempestivamente Polizia o CC prima che l’occupazione cessi di essere “in flagranza”.

La nostra solidarietà in tutti i casi non va certamente agli occupanti abusivi e dunque siamo favorevoli agli interventi anche tardivi e poco gentili della Giustizia contro chi occupa abusivamente, ma non sempre costui è il nipote di un capobastone di Platì o altro genere di soggetti privi non solo dei diritti legali ma anche di quelli “morali o sociali”. In tal caso infatti siamo convinti che la Giustizia fatta sia anche giustizia o ci si avvicini molto. Ma se la sgomberata è una povera donna con figli piccoli, allontanata dai locali occupati e “sistemata” in altro (indegno) modo sarà difficile allontanare anche una sensazione di ingiustizia almeno nel senso di insostenibilità morale per gran parte della collettività stessa.

Questi due esempi li ho scelti in quanto, essendo anche toccanti per chi ha un po’ di sentimento, (e mi astengo volontariamente dal citarne alcuni clamorosi assai recenti dolorosamente noti), rendono più evidente ogni eventuale discostarsi della G dalla g, ma ve ne sono anche molti che hanno meno incidenza sentimentale, ma rientrano nell’argomento.

Ne faccio uno soltanto. Circa 10 anni fa le FS decisero che era giunta l’ora di rendere a doppio binario ed elettrificare la linea (non secondaria a occhio) Reggio di Calabria – Taranto. Cominciarono dal primo tratto di 30 km. Al 28° c’era un terreno di mia proprietà proprio sul lato destinato (non senza l’intervento di mano interessata a che non fosse l’altro lato) al raddoppio del binario. Buona parte di quel terreno mi fu espropriato (come quello di tanti altri) e mi fu pagato un indennizzo pari alla metà del valore accertato anni prima dall’Agenzia delle entrate in sede di tassazione a titolo di successione. La mia sensazione fu di un atto contro il quale non avrei potuto oppormi perché dotato del requisito del supremo interesse collettivo ma nei miei confronti ingiusto (anche perché raddoppio ed elettrificazione more solito si fermarono lì), tuttavia non mi detti da fare per creare un movimento NO TA-RC perché IMBY. Né ho chiesto aiuto agli anarchici del Centri Sociali.

In ogni caso può essere soggettivamente comprensibile la reazione di chi si trovi danneggiato nei propri interessi, ma nessuna reazione illecita può essere accettabile dalla comunità. I Romani antichi (quelli seri) nella loro aurea sintesi commentavano “dura lex sed lex” e anche addirittura “summum ius summa iniuria” ma noi non riusciremo mai ad evitare di pensare, “ma se la perfetta applicazione della Giustizia rappresenta una ferita, che razza di giustizia è?”

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Contributo scritto per Hic Rhodus da Manrico Tropea
Calabrese nato a Milano; mi vanto di aver preso le caratteristiche
migliori da entrambe le circostanze!