Orbán passa indubbiamente il limite costituendo la prima enclave massimalista e autoritaria dell’Unione. Ma non c’è nulla da fare, e gramo sembra essere il destino delle democrazie occidentali. Che fare?
Orbán passa indubbiamente il limite costituendo la prima enclave massimalista e autoritaria dell’Unione. Ma non c’è nulla da fare, e gramo sembra essere il destino delle democrazie occidentali. Che fare?
L’ultima puntata della serie su popolo e intellettuali parla di scenari politici…
Assieme alla segmentazione sociale che investe popolo ed élite, inevitabilmente anche il linguaggio è diventato multiplo e, sostanzialmente, incomunicante.
Gli intellettuali nell’epoca del populismo… Hanno perso il popolo, ma anche la capacità di essere guide.
Stiamo parlando di rapporto fra popolo ed élite. Ma se non esiste più il popolo, a chi deve guardare l’élite?
Ogni analisi, critica, argomentazione politica si confronta col ruolo degli intellettuali. Ma il loro ruolo, nel terzo millennio, è parecchio mutato…
(Con Mappa 29…)
Un altro post confuso comparso sul “Fatto” ci obbliga ad approfondire il ruolo degli intellettuali populisti.
Si amplia la distanza fra intellettuali e popolo. Con conseguenze nefaste.
Non se ne può più: sono proprio solo una massa di ignoranti arroganti. E in ciò eversori (con un’ampio elenco di lessico populista)
Loro sono maggioranza. E noi troppo distanti, troppo colti, troppo arrabbiati… Come contrastare l’onda nera populista?
L’intellettuale non è, necessariamente, la persona erudita. L’intellettuale è un motore di cambiamento.
Nel ventennio mussoliniano molti intellettuali furono fascisti. Togliere le targhe commemorative dalle strade? È questa la strada giusta o è meglio ricordare il bene e anche il male?
Capire, non capire, fraintendere, voler fraintendere, sbagliarsi, confondersi, adattarsi, accodarsi e infine, inevitabilmente, omologarsi.

Ci accusate, sarcastici, di ritenere imbecilli tutti gli uomini eccettuati noialtri. No: qui c’è un po’ di esagerazione. Non siamo pessimisti fino a questo punto. Noi, qui, siamo una dozzina d’intelligenti contro parecchi milioni d’imbecilli. Ma non è detto che nel mondo non ci siamo altro che noi a capire e a sentir qualcosa (Giovanni Papini, Franchezza con gli imbecilli, 1913).
In un precedente post ho spiegato le differenze fra avere un’opinione e avere delle competenze. Era necessario perché la cronaca politica ci propone con insistenza una specie di primato di opinionisti privi di competenze che vogliono governare il paese proprio in virtù di tale incompetenza, vale a dire proclamando più o meno chiaramente che competenza = collusione col peggior potere, competenza = intellettualismo becero al soldo dei nemici, competenza = tradimento del popolo, che con la (presunta) onestà e le tonnellate di buon senso di cui dispone ne ha d’avanzo per guidarci dentro o fuori l’Euro (vedi Brexit e argomenti utilizzati dai Leaver), con o senza Erdogan, pro o contro Clinton, sì o no alle Olimpiadi e via aggiungendo.

Il solito sarcasmo pungente e un po’ grossolano ha percorso la Rete dopo che il GIP di Bergamo ha assolto un giornalista del Fatto Quotidiano che aveva scritto che Salvini “non aveva mai lavorato un giorno in vita sua”. In realtà la querela intentata da Salvini era più ampia e riguardava delle accuse che il giornalista aveva mosso nei confronti del leader del Carroccio (QUI la notizia e la sentenza intera) ma i mattacchioni della Rete sono stati colpiti solo, o principalmente, da questo fatto: Salvini non ha mai lavorato!