Psicopatologia populista e la sua cura, troppo lenta e difficile

Niente come eventi limite, eclatanti, inattesi, rivelano la profonda personalità umana. E in questi giorno di tripudio populista per la manovra in deficit, spulciando fra i social molto ci è dato a vedere per capire come diavolo sia possibile gioire per un possibile disastro annunciato. E comunque: pensate che non possiamo dire con certezza che sarà un disastro? Mmh… secondo me sì, ma per coloro che dicono “non esprimere certezze inopportune, prima vediamo come va a finire”, rispondo: ok; tralasciando che qualunque teoria economica si abbracci, marxista, keynesiana, smithiana o ciccioformaggiana, il parere è necessariamente contrario all’efficacia di questa politica, resta il fatto che si aumenta vertiginosamente il debito per finanziare politiche assistenziali e non di sviluppo. Non si è fatto debito (anziché ridurre i costi) per alimentare politiche industriali e del lavoro, ma per dare soldi al lavoro in nero, ai pensionati, agli evasori. E quindi si sono tolte altre speranze ai giovani, alla fragilissima ripresa economica e alla nostra relazione con l’Europa, che purtroppo sarà brutta quanto volete ma ci stiamo dentro e dovremo farne pesantemente i conti. E i mercati non “se ne faranno una ragione”, come dice Salvini con involontario spirito antropomorfico, come se ci fosse un arcigno sig. Giuseppe Mercati molto arrabbiato, che di fronte al fatto compiuto se ne farà una ragione. Il sig. Mercati e la sua famelica famiglia non vede l’ora di banchettare. E così via.

Allora, tornando alla mia esplorazione social, le facilissime conclusioni sono le seguenti:

  • moltissimi credono che questo governo “abbia trovato le risorse”; il fatto che siano i deficit o non è colto, o non è compreso, vale a dire: “Sì, le abbiamo trovate col deficit, è un trovarle anche quello”;
  • conseguentemente, ne nasce un’ulteriore critica ai governi precedenti (specie quelli del nemico PD, ovvio), per il fatto che “loro non le hanno trovate”, o meglio “loro non le hanno volute trovare”; perché? Perché infidi, cattivi, ignoranti e sostanzialmente nemici del popolo, cos’altro?
  • la conseguenza ulteriore, saltando la fase della strepitosa vittoria, del pasto gratis che sta per arrivare e via discorrendo, è semplice: se qualcosa andrà storto sarà colpa dei poteri forti, delle resistenze dentro le istituzioni, dell’Europa e poi vedete voi, di Soros, dei rettiliani, non ha poi molta importanza.

Questa narrazione ha una sua logica, per quanto distorta e fallace e si auto-sostiene; posto un a-priori del tipo “se si vuole si fa, se lo chiede il popolo è giusto…”, tutto torna, la politica realizzata ne è una prova, e il suo eventuale fallimento non può che dipendere da fattori esogeni.

In questi giorni non c’è specialista economico (Barisoni, Giannino…) che non abbia urlato, spiegato, argomentato, documentato per avvertire del disastro, illustrarne le conseguenze. Domanda: a chi parlano questi specialisti: al popolo in giubilo? Al Ministro Di Maio? Ovviamente no: parlano ad altri specialisti, a persone di una certa cultura e già documentate. Se avete provato, una volta nella vita, a discutere con un populista, sapete bene che costoro vivono in un universo parallelo, con una logica non aristotelica, non kantiana, non fregeana, al massimo fusariana, sostanzialmente non logica come il non statuto del non partito; il discorso del populista è basato su fallacie logiche palmari, su apriori apodittici, su realtà virtuali, su fantasie materializzabili con la forza di una volontà supereroica… quella di Super Pippo. E quindi, ancora: come se ne esce? Loro sono maggioranza (legittima, democraticamente espressa), noi minoranza. Loro ci rovinano ma non lo sanno e, peggio, non lo vogliono sapere, non ci ritengono interlocutori credibili…

Poiché mi picco di avere letto SunZi comparando diverse edizioni e studiandolo approfonditamente, dichiaro: non solo abbiamo già perso (ieri, l’altroieri…) ma continuiamo a essere perdenti (oggi, domani…). Qualunque scontro è perso in partenza. La manifestazione in piazza del PD come le magliette rosse, i discorsi del colto economista come quelli qui su Hic Rhodus… Non abbiamo possibilità nello scontro frontale. Nessuna.

L’unica speranza – per chi vuole ancora sperare – è cambiare strategia. Chiediamoci perché il populismo è così dilagante… C’è una lunga storia italiana narrata su queste pagine, c’è una chiara parabola discendente negli ultimi 30 anni, fra scuola abbandonata, politica malata, particolarismo dilagante. Sono scomparsi i fondamentali, si sono perse le regole di base della convivenza civile, non si comprende più il concetto di responsabilità, non si concepisce più il tema dell’inclusione, è sfocato il senso di appartenenza alla Nazione (e sviluppato quello di appartenenza al clan)… Si sono sgretolati (non per caso, non per mera sfortuna) i mattoni basilari di una democrazia sana.

Ecco, io credo che bisogna ricominciare da qui: diffondere il rispetto, rivalutare il merito, insegnare la responsabilità, favorire l’inclusione… Non so se, come me, vedete la connessione a quanto scritto in apertura, col populismo che gongola per avere finanziato in debito misure parassitarie. La connessione è alla lontana, è la medesima che corre fra le prime letterine che mio nipote impara a disegnare in prima elementare, ed Hegel. Ma anche lui avrà iniziato, da bambino, con le astine, col disegnare lettere, sillabare parole semplici. Senza quella base non sarebbe poi divenuto Hegel.

Allora, la scommessa è questa: diffondiamo un pensiero nuovo, diventiamone testimoni, interpreti: nel volumetto Codice Giallo – di cui ultimamente vi parlo spesso – cito per esempio queste dimensioni:

  • razionalità (ovvero non ideologia nelle scelte);
  • laicità;
  • inclusività;
  • meritocrazia;
  • europeismo.

Semmai voi avete qualche idea diversa… Ma se iniziamo a testimoniare attivamente, continuamente, credibilmente questi principi, nella vita quotidiana, nell’educazione dei figli, nel nostro lavoro, faremo opera di educazione, di trasformazione sociale, di costruzione di capitale sociale e politico. Per esempio: all’europeismo, e quindi al fatto che non si può uscire dall’Europa e che questa manovra finanziaria sia in realtà il primo passo di tale uscita, ci si arriva partendo dal concetto di responsabilità: nella famiglia, nella scuola, nel lavoro… nelle diverse comunità in cui operiamo e quindi anche nella comunità europea.

Si può fare? Sì. In poco tempo? No. No, ci vorrà uno sforzo immane e molto tempo, e ho la sensazione che non ci siano le risorse e che non ci sia il tempo.

La mia corsa è comunque questa. Il mio sforzo e quello di Ottonieri qui su Hic Rhodus, per esempio, è esattamente questo.

Qualcuno correrà con noi?