So che quando ho più idee degli altri, do agli altri queste idee, se le accettano; e questo è comandare. (Italo Calvino, Il barone rampante)
Chi sono, oggi, gli intellettuali?Ovviamente dobbiamo prima discutere cos’èun “intellettuale”. Ci dice l’autorevole Vocabolario Treccani:
2. Riferito a persona, colto, amante degli studî e del sapere, che ha il gusto del bello e dell’arte, o che si dedica attivamente alla produzione letteraria e artistica: una donna i. e raffinata; in questo sign. è per lo più sostantivato, soprattutto al plur., gli i., per indicare complessivamente coloro che si dedicano agli studî, che hanno spiccati interessi culturali, che esercitano una attività intellettuale o artistica (analogam., in designazioni collettive: la classe i., o, più comunem., la classe degli i.; gli ambienti i. e raffinati di Parigi; un salotto i. e mondano, e sim.). Nell’uso contemporaneo ha spesso valore iron. o limitativo, per indicare ostentazione di gusti e costumi raffinati o superiorità culturale e spirituale, non di rado solo immaginaria: è un i.; fa l’i.; posa a intellettuale. In ambienti politici, la parola è stata usata con accezioni e sfumature diverse, talora per definire coloro che, in un gruppo sociale, in un partito e sim., costituiscono, per la loro preparazione culturale, per ingegno, ecc., la mente direttiva e organizzatrice (ha questo sign. anche l’espressione gramsciana i. organico); talora, invece, per designare polemicamente chi, in nome di una effettiva o pretesa superiorità culturale, assume atteggiamenti individualistici e critici in seno alla società in cui vive, al gruppo politico di cui fa parte.
Il dizionario De Mauro dice:
5. s.m. e f., spec. al pl., chi svolge anche professionalmente un’attività di tipo culturale e in virtù delle proprie capacità esercita un’influenza, un ruolo attivo all’interno di una società, di un gruppo e sim.: la classe degli intellettuali, i maggiori intellettuali del nostro tempo.
So bene che occorrerebbe un’analisi esegetica ben diversa e assai più ampia, ma credo non sia questa la sede. Da queste e altre definizioni possiamo trarre queste generalizzazioni:
- L’intellettuale è persona di cultura,
- che esercita un’attività intellettuale o artistica,
- che in virtù di questo ha un’influenza sociale,
- che può essere disprezzata per questo (perché l’i. si sopravvaluta, o perché si ritieneche si sopravvaluti).
La definizione è ambigua perché fa riferimento a un concetto chiave, cultura, che va a sua volta chiarito. Poiché |cultura| è termine polisemico, cercando solo il significato pertinente con la nostra ricerca troviamo, innanzitutto nel Vocabolario Treccani:
a. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo: formarsi una c.; avere, possedere una discreta c.; uomo di grande, di media, di scarsa c.; gli uomini di cultura. In senso più concr., e collettivo, l’alta c., quella che si acquisisce attraverso gli studî universitarî, e le persone stesse (laureati o docenti) che ne sono gli esponenti; analogam., il mondo della c., gli ambienti culturalmente più elevati.
Sostanzialmente analogo il De Mauro:
1. complesso delle conoscenze intellettuali e delle nozioni che contribuisce alla formazione della personalità; educazione, istruzione: farsi, formarsi una cultura; avere una buona cultura; una persona di grande, media, scarsa cultura; il mondo della cultura, gli ambienti intellettuali; una persona di cultura, colta; l’insieme delle conoscenze: cultura letteraria, musicale, storica; la cultura umanistica e la cultura scientifica
Questa precisazione è importante perché la “persona di cultura” vista sopra non è necessariamente la persona colta, laureata, che legge moltissimi libri, anche se indiscutibilmente la curiosità, la lettura e la capacità di connettere informazioni ed esperienze è fondamentale. Ma è la qualità, e non la quantità di queste letture ed esperienze a caratterizzare una cultura; è la rielaborazione in funzione di una formazione interiore a dare uno spessore culturale, che può essere più o meno esteso(in virtù delle “quantità”) ma non per questo meno intenso(in ragione della profondità e della capacità trasformativa). Così come non ha a che fare con titoli di studio formali.
A questo punto possiamo immaginare una foltissima schiera di intellettuali: molti scienziati (non tutti), molti letterati (quasi tutti), molti artisti, moltissimi giornalisti e politici, una certa parte di persone dello spettacolo, saggisti seri, una manciata di blogger ma, attenzione prego! anche un bel numero di persone che non rientrano nelle precedenti categorie ma che, appunto, “convertono le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo” (Treccani, qui sopra). Ho il ricordo bellissimo di un ragazzo poco più grande di me ma già “uomo”, se capite cosa intendo, che lavorava la terra al mio paese; era un contadino-intellettuale, aveva profondità, aveva visione, aveva sentimento e guidava un piccolo gruppo culturale e politico nel quale anch’io passai qualche tempo molto formativo. E ho anche conosciuto professori universitari di una ristrettezza mentale, piccineria morale e sostanziale ignoranza che, se non fossimo in Italia, verrebbe da chiedere come diavolo abbiano fatto ad accedere ai ranghi universitari.
Bene. Le precisazioni sono state fatte tutte e posso ora dire: io sono un intellettuale; chi scrive su Hic Rhodus è un intellettuale; chi legge non sporadicamente Hic Rhodus è molto probabilmente un intellettuale. Se avete letto le definizioni sopra non potete avere dubbi. Io, e noi, e voi, siamo persone di cultura; riverberiamo questa cultura, fatta di letture ed esperienze, nelle nostre professioni e, di più, “esercitiamo il nostro dominio culturale”, composto anche da “moralità, estetica e consapevolezza di noi e del mondo”, applicandoci per “esercitare un’influenza” (se no, perché tenere questo blog?). Detto in altre parole: sentiamo imperativo l’impulso di capire noi e il mondo in un rapporto dialogico con altri. Noi col blog (e semmai in altri modi), e i lettori come parte di questo stesso blog, perché leggendolo interagiscono con noi, si fanno delle idee, e partecipano, assieme a noi, all’atto trasformativo che la parola induce. Noi e voi, indipendentemente dai ruoli, agiamo attraverso una politica della parola (si veda il nostro “manifesto”). Questo mi rende felice, e poiché tale felicità è l’unico compenso che posso pretendere, permettetemi di tenermela stretta.
È l’unico compenso, perché il destino dell’intellettuale è fatto di solitudine, controversie, fatiche.