Tag: politica

Piccoli slittamenti amorali

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Gli uomini fanno il male come le api il miele (Golding)

Con un certa sofferenza personale devo esplicitare – prima di tutti a me stesso – questa consapevolezza che prende forma nella mia coscienza: l’impossibilità di perseguire una verità, se volete utilizzare subito categorie importanti, o anche solo l’impossibilità della linearità della condotta, quella della semplicità della conciliazione fra pensiero e azione. Noi – questo il succo della mia riflessione – non solo non pensiamo sempre le stesse cose, non professiamo sempre gli stessi valori, cambiandoli invece con impressionante velocità in base alle circostanze e convenienze ma, di più, riteniamo di difendere valori fondamentali che sono costantemente traditi dai nostri comportamenti.

I sociologi ci raccontano il destino del mondo (con una conclusione sul ruolo degli intellettuali)

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Questo articolo è parte di un ciclo di tre in cui un gruppo qualificato di sociologi ci ha raccontato la sua visione dei problemi attuali e dei possibili sviluppi. I tre articoli sono così organizzati:

  1. l’Europa (il primo articolo); per precisazioni sul metodo di intervista e un’introduzione generale (con link all’elenco dei sociologi partecipanti) rinvio a questo;
  2. l’Italia (il secondo articolo);
  3. il mondo, e conclusioni sul ruolo degli intellettuali (il presente articolo, che conclude la serie).

Va da sé che una domanda sui “destini del mondo” non è semplicemente complessa quanto impossibile. Benché abbia una discreta stima del pensiero sociologico non pretendevo di avere, dal gruppo interpellato, un breviario dei problemi mondiali e semmai le loro soluzioni. Ma dopo “Italia” ed “Europa” ho voluto provocare i miei partecipanti per cercare di cogliere sostanzialmente alcune dimensioni generale entro le quali collocare le precedenti risposte più “locali”. Insomma: i problemi dell’Italia, l’affanno europeo, sono collocati in uno scenario più ampio di cui volevo almeno la segnalazione delle principali dimensioni.

I sociologi ci raccontano il destino dell’Italia

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Questo articolo è parte di un ciclo di tre in cui un gruppo qualificato di sociologi ci ha raccontato la sua visione dei problemi attuali e dei possibili sviluppi. I tre articoli sono così organizzati:

  1. l’Europa (il precedente articolo); per precisazioni sul metodo di intervista e un’introduzione generale (con link all’elenco dei sociologi partecipanti) rinvio a questo;
  2. l’Italia (il presente articolo);
  3. il mondo e il ruolo degli intellettuali (terzo e ultimo articolo).

Se – come visto nell’articolo precedente – i nostri sociologi risultano piuttosto disincantati sulla realtà europea e i suoi destini, parlando d’Italia hanno manifestato tutti dei punti di vista abbastanza critici; tale atteggiamento critico poteva essere atteso, essendo probabilmente comune a tantissimi italiani, e diventano interessanti le ragioni di tale critica, le articolazioni del giudizio che si suddividono in poche e chiare dimensioni della quali la maggiore è – diciamo così – “antropologica”, legata al carattere degli italiani, alla loro etica, all’incapacità di sentirsi comunità assumendosene le responsabilità:

Il difficile ruolo delle avanguardie politiche nella società dell’omologazione – 1

parte 1

1^ parte – Le avanguardie politiche

È noto che le funzioni delle avanguardie riguardano il progresso (o una sua idea), il superamento del vecchio (o ritenuto tale), l’innovazione. Senza qualcuno che insiste nella sua idea, credendola buona e rischiando per essa, resteremmo perennemente fermi nelle convinzioni, nelle tecnologie, nelle soluzioni che già furono dei nostri padri e nonni, collettivamente rassicurati dal fatto che se hanno funzionato per loro funzioneranno anche per noi. Ed effettivamente, in un certo senso, è proprio così. Quando si moriva a quarant’anni per mancanza di farmaci non si pensava che infilandosi inquietanti aghi nelle vene si sarebbe potuti vivere… chissà? Fino a cinquant’anni, forse addirittura sessanta! E doveva essere pazzo chi si assoggettava a tali punture! La stessa cosa vale per la scienza in generale, per l’arte, la filosofia, la politica e non si creda che non valga anche per i piccoli comportamenti quotidiani che ci riguardano. Il termine |avanguardia| è particolarmente legato ai gruppi sperimentali artistici fra fine ‘800 e ‘900, riprendendo dal linguaggio politico rivoluzionario dell’epoca; qui verrà utilizzato in senso più generale e politicamente neutrale nel senso di individui o gruppi con idee innovatrici contrapposto a mainstream, omologazione, potere culturale costituito. La riflessione che voglio proporre riguarda la necessità delle avanguardie anche politiche, e la difficoltà crescente che possano emergere nell’epoca contemporanea.

Il vantaggio evolutivo della mediocrità

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Non i filosofi, ma i taglialegna e i collezionisti di francobolli compongono l’ossatura della società (A. Huxley, Il mondo nuovo)

Gianluca Bonanno è un Europarlamentare leghista che periodicamente balza agli onori della cronaca per istrionismo di cattivo gusto, omofobia, razzismo, protervie e stravaganze. L’ultima performance l’ha visto dichiarare che i Rom sono la feccia della società fra metà studio del talk show (Piazzapulita) che applaudiva e il povero Fassina che cercava di protestare. Sui giornali molti corsivi e commenti sdegnati (per esempio questo arrabbiato di Deborah Dirani o questo erudito di Gianfranco Mascia) che dicono cose giustissime sul fatto che è stupido – prima ancora che sbagliato – essere razzisti e altre cose analoghe e ovvie. Che secondo me non c’entrano il punto che è un altro (fermo restando che sì, essere razzisti è stupido e sbagliato e a me Bonanno ha dato fastidio).

Lunga vita al nuovo Presidente e onore al regista della sua elezione

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Abbiamo un nuovo presidente nella figura onorevole e di spessore di Sergio Mattarella. Non parlerò di lui. Devo confessare che di fronte a certi nomi che sono circolati ho stappato una bottiglia di spumante ma poi, pensando a quali altre opportunità c’erano, ne ho bevuto solo un sorso. Mi conforta l’idea che per vari motivi, alcuni dei quali accennati di recente qui su HR, Mattarella si inserisce istituzionalmente nel solco degli ultimi suoi predecessori e saprà fare bene il suo mestiere, il che non significa che sarà sempre giusto, che piacerà a tutti e che Grillo non troverà mille ragioni per gridare al colpo di Stato e chiedere prima o poi il suo impeachment. Comunque adesso ce l’abbiamo e ce lo teniamo per sette anni, solo un cretino può sperare che sia un pessimo Presidente per poter poi dire “Lo sapevo che era l’ennesimo imbroglio della casta”.