Il vantaggio evolutivo della mediocrità

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Non i filosofi, ma i taglialegna e i collezionisti di francobolli compongono l’ossatura della società (A. Huxley, Il mondo nuovo)

Gianluca Bonanno è un Europarlamentare leghista che periodicamente balza agli onori della cronaca per istrionismo di cattivo gusto, omofobia, razzismo, protervie e stravaganze. L’ultima performance l’ha visto dichiarare che i Rom sono la feccia della società fra metà studio del talk show (Piazzapulita) che applaudiva e il povero Fassina che cercava di protestare. Sui giornali molti corsivi e commenti sdegnati (per esempio questo arrabbiato di Deborah Dirani o questo erudito di Gianfranco Mascia) che dicono cose giustissime sul fatto che è stupido – prima ancora che sbagliato – essere razzisti e altre cose analoghe e ovvie. Che secondo me non c’entrano il punto che è un altro (fermo restando che sì, essere razzisti è stupido e sbagliato e a me Bonanno ha dato fastidio).

Per farvi capire il mio punto di vista devo ricorrere a una mia vecchia considerazione sulla politica come gioco di ruolo dove sostenevo con vari argomenti che i politici (come ogni essere umano) recitano un ruolo sulla base di mosse e contromosse; il riferimento al ruolo (qui inteso come una sorta di copione teatrale) riguarda la parte interpretata e lo stile “recitativo”, diciamo così, mentre il riferimento a mosse e contromosse riguarda lo scambio simbolico fra attori e partiti, la narrazione costruita man mano che si procede (come nei giochi di ruolo appunto). In quel vecchio post scrivevo fra l’altro:

Il fatto di comprendere la natura di gioco delle interazioni sociali, come la politica, consente un enorme vantaggio: quello della razionalizzazione disillusa, della comprensione (o del suo tentativo) privo di coinvolgimento emotivo, ideologico. E quindi con maggiore probabilità di concorrere alla vittoria (visto che è un gioco); la vittoria, per un cittadino, riguarda semplicemente il fatto che si concorre a far vincere una parte politica con un programma sociale ed economico più efficace, leggendo la situazione al netto delle scorie tattiche, degli involucri narrativi orpellosi “recitati” in quanto parti essenziali dei personaggi in campo.

Vediamo allora “il teatro” che c’è dietro l’uscita di Bonanno.

Il capocomico è degnamente rappresentato da Formigli, conduttore del talk show: anche se in declino, questa imbarazzante forma di politica spettacolarizzata raccoglie ancora un certo pubblico, che non si accorge che quello che gli viene rivenduta non è informazione ma il suo contrario; non è dibattito politico ma il suo contrario (o forse se ne accorge e gli va bene così…). Tutte le mie critiche a Ballarò, Piazza pulita, L’infedele, La gabbia eccetera le ho riversate in un precedente articolo e non voglio ripetermi né annoiare i lettori, che dovranno comunque farsi un paio di domande:

  1. in questi programmi assistono ad approfondite discussioni fra grandi menti della politica italiana (compatibilmente con le “grandezze” possibili) o solo a risse fra figure di terz’ordine?
  2. dopo avere assistito a questi programmi ritengono di conoscere meglio i problemi trattati o sono solo stati passivi tifosi dei loro beniamini politici (se hanno saputo incalzare e confondere l’avversario, se sono stati sagaci, se hanno azzerato gli altri…).

In questi talk show partecipano di regola le figure più imbarazzanti del nostro penoso panorama politico (Santanché, Gasparri, Mussolini, Bonanno…) capaci di urlare, coprire con la voce gli avversari, farsi cogliere dalla regia (guarda un po’ molto attenta a questi dettagli) mentre scuotono la testa con aria di dire “ma guarda con che coglione devo confrontarmi!”. Il capocomico seleziona questi personaggi perché niente fa più audience di una bella rissa. Niente fa parlare i quotidiani l’indomani di un bel gesto plateale, il pianto in diretta, il “Vaffa!” strillato (sperando che si venga alle mani!). Non per caso giorni dopo sulla Home page di Piazzapulita campeggiava ancora la battutaccia di Bonanno; e solo quella.

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L’attore principale in questo caso è Gianluca Bonanno: uno che porta molti voti senza merito se non quello di essere un fascioleghista di pancia, uno di quelli che hanno capito benissimo il discorso della politica come gioco di ruolo. Fascistello della prim’ora e poi leghista (ormai non c’è più molta differenza), ragioniere che ha appena sbirciato il mondo del lavoro prima di darsi anima e corpo alla politica, oltre a istrionate che possono divertire il loggione (di cui parliamo dopo) cosa ha veramente fatto come politico? Come deputato della Lega Nord (2008-2014) risulta primo firmatario di un solo disegno di legge volto a dimezzare le revisioni dei veicoli (perché – scrive nella relazione – costano troppi soldi ai cittadini); di due sole mozioni (una per istituire una riserva di posti per i precari delle scuole e una seconda a beneficio della scuola privata); di nessuna interpellanza e di una manciata di interrogazioni (fonte: OpenParlamento). Però ha avuto un altissimo numero di presenze in aula sventolando, di volta in volta e secondo necessità, forconi, spigole e altre amenità, queste sì azioni “politiche” che danno rinomanza e accesso alle interviste televisive (fonte: Wikipedia).

Il loggione è la pancia calda di ogni teatro che si rispetti. Qui stazionano i popolani meno abbienti ma estimatori di Melpomene, pronti a cogliere la stecca del tenore e a ribattere mordacemente alle battute del guitto. Non mancano negli studi televisivi come – in proporzione – nella società di cui costituiscono parte non indifferente dell’elettorato. A questi signori non si può parlare troppo fino, se no ti spernacchiano; non gli puoi fare un ragionamento perché diverrebbe chiaro il tuo intento di confonderli con menate da intellettuale (sempre da disprezzare, a prescindere); se ti scappa un rutto meglio, ti riconoscono come loro simile, uomo del popolo che dice pane al pane, quindi credibile quando dici che i Rom sono feccia, che un detenuto suicida son soldi risparmiati, che gli eurodeputati son “europirla” e che ai froci si può offrire al massimo un’insalata di finocchi.

E guardate che questo popolaccio villano e ignorante diffidente verso il ragionamento argomentato c’è sempre stato, non l’hanno inventato i leghisti.

La letteratura, grande specchio della società, ben ce li mostra questi impavidi zotici, sempre coraggiosi quando sono in gruppo o protetti dal potere, sempre fieri della loro imbecillità. Vi regalo due soli brani, a riprova; questo di Shakespeare:

Smith       Il chierico di Chartham: sa scrivere, leggere, e fare i conti.

Cade         Un mostro!

Smith       L’abbiamo colto che stava dando dei compiti a dei bambini.

Cade         Ecco un bel delinquente!

Smith       Ha in tasca un libro con delle lettere rosse.

Cade         Dunque è un negromante.

Dick          Peggio, sa stendere i contratti, e scrivere in bella copia.

Cade         Me ne dispiace. L’uomo è un uomo a posto, sul mio onore; a meno che non dovessi trovarlo colpevole, non morirà. Avvicinati, amico, devo esaminarti. Come ti chiami?

Chierico   Emmanuele.

Dick          E’ quel che scrivono in cima alle lettere. Si mette male per te.

Cade         Non disturbarmi. Il tuo nome, di solito, lo scrivi? O firmi con una croce, come ogni uomo semplice e onesto?

Chierico   Signore, ringrazio Dio di essere stato allevato così bene da saper scrivere il mio nome.

Tutti         Ha confessato: facciamolo fuori! E’ un delinquente e un traditore.

Cade         Facciamolo fuori, dico: impiccatelo con penna e calamaio intorno al collo.

(William Shakespeare, Enrico VI, parte II, IV. II.)

e questo di Manzoni:

Prima che finisse l’anno del matrimonio, venne alla luce una bella creatura […]. Ne vennero poi col tempo non so quant’altri […] e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, dicendo che, giacchè la c’era questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro (Alessandro Manzoni, I promessi sposi).

La “birberia” del leggere e dello scrivere – che più in generale significa l’acculturamento minimo, la capacità di difendersi con l’ABC di una scolarità di base – è appunto quella incarnata dal rag. Bonanno, uomo di scolarità medio-bassa, senz’arte né parte ma molto esperto in birberie.

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Guardare oltre il teatro è a questo punto necessario, per realizzare quel disincanto che ci serve per non correre tutti assieme verso un’autocompiaciuta condanna e finire per dire e per scrivere quello che molti commentatori hanno invece detto e scritto: delle banalità. Banalità perché molte di persone per bene si sentono offese e se lo dicono l’un l’altro, altre si sentono divertite e solidali e ad altre ancora non glie ne importa un fico secco perché “son ben altri i problemi dell’Italia” (e vorrei farvi comprendere che questo terzo è il gruppo peggiore). Guardare oltre il teatro significa interrogarsi sulle seguenti questioni, ciascuna enorme in sé ma – queste sì – di natura politica:

  • le selezione degli attori in gioco (del personale politico), con le leggi in vigore, è penosa; non c’entra nulla il voto di preferenza sì o no (un problema completamente falso e tirato in un senso o nell’altro a seconda delle convenienze politiche); l’unico modo per avere una classe politica mediamente decente (che non significa tutta decente) è un sistema elettorale maggioritario a doppio turno di collegio; l’attuale proposta di Italicum non va in questa direzione;
  • la selezione degli spettatori del loggione dipende dal tasso di stupidità che gira nel Paese (piuttosto elevato) e da quello di scolarità (come indicatore di cultura, competenza, capacità di accesso all’informazione in grado di calmierare un pochino la stupidità) che – come ben sappiamo – è tragico;
  • i capocomici (intesi come giornalisti disponibili a condurre trasmissioni trash fingendo di fare informazione politica) sono comunque sacri, dal mio punto di vista. La gente ha diritto di sorbirsi Travaglio, o Formigli, se non capisce che viene presa in giro; qui rinvio quindi al punto precedente…

La conclusione è sconfortante: in Parlamento continueranno ad andare persone senz’altra qualità che quella di essere graditi alle segreterie dei partiti, che portano voti, che sanno essere utili alla causa e sono ubbidienti. Gli italiani continueranno a votarli. I talk show a invitarli. Per spezzare questo cerchio di ignoranza opportunista occorre un impegno civile da un numero sempre maggiore di italiani, che smettano di sopportare con silenziosa rassegnazione i vili, gli opportunisti e gli ignoranti. Occorre che i colti non si vergognino della propria cultura, che gli intelligenti siano anche coraggiosi e che gli onesti difendano i baluardi dell’integrità; ogni sciocchezza sia additata; ogni sciocco sia emarginato; i disonesti siano denunciati. Se la parte di popolo onesto e intelligente non decide di prendere le redini del Paese, esponendosi in prima persona, i Bonanno continueranno a governarci. Solo una profonda, convinta, continua battaglia culturale, lunga, forse estenuante e dall’esito incerto può salvare il Paese dai Bonanno. E guardate che basta, per incominciare, cambiare canale quando gli spacciatori di talk show invitano questi personaggi.