La vicenda calabrese è particolarmente eclatante, ma questa politica fatta a naso, misurata a spanne, basata su un tiro di dadi, è diventata la regola. E noi, temo, ci siamo assuefatti.

La vicenda calabrese è particolarmente eclatante, ma questa politica fatta a naso, misurata a spanne, basata su un tiro di dadi, è diventata la regola. E noi, temo, ci siamo assuefatti.
I populisti non vogliono la valutazione delle politiche pubbliche. I razionalisti sì. Un sommario delle ragioni.
Esiste un canale YouTube che mostra (involontariamente) il nesso che lega vittimismo a complottismo populista.
Un bilancio di come appare il mondo attraverso Internet . Sciocchezzario pandemico. Gli esperti e il virus.
Il dibattito (?) sul coronavirus mostra ancora una volta come l’opinione pubblica sia costantemente eterodiretta e falsata; con gravi conseguenze.
Zingaretti lancia una proposta di grande interesse sulla semplificazione amministrativa. L’idea è ottima, ma come pensa, Zingaretti, di realizzarla?
Come si costruisce una fantasia generalizzata sulla bellezza dell’incompetenza.
Forse c’è qualcosa che non va nel fatto che l’esercizio della democrazia non prevede la necessità di competenze…
Un altro post confuso comparso sul “Fatto” ci obbliga ad approfondire il ruolo degli intellettuali populisti.
Non si tratta di irridere i congiutivi di Di Maio o gli sproloqui di taverna. Dietro il pessimo linguaggio si cela un pensiero povero…
La nostra Costituzione prevede il diritto di voto universale, consentendo a tutti di eleggere e candidarsi. Questa fondamentale regola democratica è ancora compatibile con la complessità delle scelte politiche?
Panoramica della situazione italiana e del dilagare populista nelle citazioni cinematografiche.
(È caldo, divertiamoci un po’…)
Inutile lamentarsi per Trump o per qualunque altro esito delle urne (dalla Brexit al ‘No’ al referendum). È la democrazia, bellezza, e accettarne le regole vuol dire accettarne i limiti, più che mai visibili all’epoca del dilagante populismo.
Democracy is the worst form of government, except for all the others (Winston Churchill, House of Commons, 11 Novembre 1947).
Una benemerita nota di Paolo Mieli ci consente di fare una riflessione sulla salute della democrazia di fronte all’avanzare del populismo. Mieli parte da una constatazione: in molti speravano che i militari prendessero il potere in Turchia, e il ritardo col quale Obama, poi gli europei, hanno (tiepidamente) sostenuto Erdogan tradisce un desiderio inconfessabile di sovvertimento dell’ordine democratico contro un personaggio che, per quanto discutibile, è stato eletto democraticamente.
Ci accusate, sarcastici, di ritenere imbecilli tutti gli uomini eccettuati noialtri. No: qui c’è un po’ di esagerazione. Non siamo pessimisti fino a questo punto. Noi, qui, siamo una dozzina d’intelligenti contro parecchi milioni d’imbecilli. Ma non è detto che nel mondo non ci siamo altro che noi a capire e a sentir qualcosa (Giovanni Papini, Franchezza con gli imbecilli, 1913).
In un precedente post ho spiegato le differenze fra avere un’opinione e avere delle competenze. Era necessario perché la cronaca politica ci propone con insistenza una specie di primato di opinionisti privi di competenze che vogliono governare il paese proprio in virtù di tale incompetenza, vale a dire proclamando più o meno chiaramente che competenza = collusione col peggior potere, competenza = intellettualismo becero al soldo dei nemici, competenza = tradimento del popolo, che con la (presunta) onestà e le tonnellate di buon senso di cui dispone ne ha d’avanzo per guidarci dentro o fuori l’Euro (vedi Brexit e argomenti utilizzati dai Leaver), con o senza Erdogan, pro o contro Clinton, sì o no alle Olimpiadi e via aggiungendo.