Renzi è di nuovo segretario del PD. E adesso? Di fronte a lui non ci sono poi molte scelte, tutte insidiose e pericolose, non solo per lui ma per tutto il Paese.
Renzi è di nuovo segretario del PD. E adesso? Di fronte a lui non ci sono poi molte scelte, tutte insidiose e pericolose, non solo per lui ma per tutto il Paese.
Marine Le Pen non diventerà Presidente della Francia, ma il suo innegabile successo politico apre a interrogativi (e quello di Macron offre risposte) interessanti anche per l’Italia.
Quello che sta succedendo al PD è un fenomeno generalizzato: la scomparsa dei partiti del ‘900 e l’emergere di una politica liquida verso la quale, forse, non siamo del tutto preparati.
Il populismo avanza, il PD si spacca e presto andremo a votare… Come affrontare la catastrofe incombente?
Cresce la voglia di populismo e di alleanza coi 5 Stelle da parte di intellettuali marxisti. Ma stanno facendo un errore colossale.
E’ indiscutibilmente un tema sul quale ci siamo intrattenuti molto in questi anni. Il M5S è populista? Gli italiani sono populisti? Il voto al referendum è stata un’espressione populista? Molto dipende da come viene definito […]
L’analisi del voto referendario ci restituisce l’immagine di una popolazione frustrata e abbandonata dalla politica.
L’insipienza grillina è sostanzialmente una separazione (molto indignata) dal mondo reale. Si vede da come (non) governano le città, si vede sulla questione del flop al voto sul (non) statuto.
Nel disastro politico italiano solo i movimenti populisti godono di buona salute trascinando il Paese verso il nulla. Sarà perché non siamo capaci di creare un’autentica alternativa?
Come si vede bene nel caso emblematico di Roma, l’ideologia populista sclerotizza il M5S, impedendo la crescita di una classe dirigente capace.
Un’interessante riflessione di Galli della Loggia mi porta a tornare su un tema già trattato, quello delle differenze fra destra e sinistra politica e sul loro significato attuale.

Democracy is the worst form of government, except for all the others (Winston Churchill, House of Commons, 11 Novembre 1947).
Una benemerita nota di Paolo Mieli ci consente di fare una riflessione sulla salute della democrazia di fronte all’avanzare del populismo. Mieli parte da una constatazione: in molti speravano che i militari prendessero il potere in Turchia, e il ritardo col quale Obama, poi gli europei, hanno (tiepidamente) sostenuto Erdogan tradisce un desiderio inconfessabile di sovvertimento dell’ordine democratico contro un personaggio che, per quanto discutibile, è stato eletto democraticamente.

Ci accusate, sarcastici, di ritenere imbecilli tutti gli uomini eccettuati noialtri. No: qui c’è un po’ di esagerazione. Non siamo pessimisti fino a questo punto. Noi, qui, siamo una dozzina d’intelligenti contro parecchi milioni d’imbecilli. Ma non è detto che nel mondo non ci siamo altro che noi a capire e a sentir qualcosa (Giovanni Papini, Franchezza con gli imbecilli, 1913).
In un precedente post ho spiegato le differenze fra avere un’opinione e avere delle competenze. Era necessario perché la cronaca politica ci propone con insistenza una specie di primato di opinionisti privi di competenze che vogliono governare il paese proprio in virtù di tale incompetenza, vale a dire proclamando più o meno chiaramente che competenza = collusione col peggior potere, competenza = intellettualismo becero al soldo dei nemici, competenza = tradimento del popolo, che con la (presunta) onestà e le tonnellate di buon senso di cui dispone ne ha d’avanzo per guidarci dentro o fuori l’Euro (vedi Brexit e argomenti utilizzati dai Leaver), con o senza Erdogan, pro o contro Clinton, sì o no alle Olimpiadi e via aggiungendo.

Non condivido il sospiro di sollievo per la vittoria, col 50,3% dei voti, di Van der Bellen in Austria. Certo, formalmente, il 50% + 1 degli elettori decreta una vittoria, ma questa vittoria non è un granché…

Una volta erano importanti. Se ne discuteva, erano l’oggetto delle litigate TV. Quella in bianco e nero. Poi siamo diventati moderni, ci diciamo che le ideologie e le vecchie appartenenze sono morte, ed è vero, ma ci si accapiglia fra sostenitori di leader (non più di partiti) per le dichiarazioni estemporanee che urlano nei talk show ma pochissimo per i programmi politici che i leader e i loro partiti propongono. ‘Programmi politici’, capite? Ve li ricordate?