Cosa fare coi “dittatori”? Fin dove si può spingere la realpolitik? Una questione spinosa che non possiamo risolvere con appelli ideologici.
Cosa fare coi “dittatori”? Fin dove si può spingere la realpolitik? Una questione spinosa che non possiamo risolvere con appelli ideologici.
L’imminente conflitto turco-curdo mostra – se solo lo si vuol vedere – la diversa prospettiva geopolitica che dovrebbe animare l’Europa.
L’attacco terroristico di Teheran ha la medesima natura di quelli in Europa ma scopi molto differenti e seriamente pericolosi. La situazione in M.O. evolve in fretta, e in forma altamente preoccupante.
Abbiamo punito Assad per il suo attacco chimico. Ma qualcosa non torna, il Medio Oriente esplode e il Grande Buco Nero si avvicina.
La situazione in Turchia pare avviata in una spirale di caos, con Erdogan che con una giravolta politica si è gettato nelle braccia dell’antico nemico russo. Quali conseguenze per l’Europa?
Ho cercato di pensare a cosa vorrei, nel 2017, per il mondo, per l’Italia e per me. Non facile davvero…

Chi scrive è sempre stato un sostenitore dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea; questo fino all’avvento di Erdogan che mi ha rapidamente convinto (specie in questi ultimi anni) che questa Turchia sia completamente incompatibile con l’Unione e che sia assolutamente necessario, fino a sostanziali cambiamenti (vale a dire: fino a che questo regime non sia completamente dimenticato), interrompere le trattative.
Come sottolinea Franco Venturini sul Corriere la mossa di Riad di giustiziare il leader religioso sciita Nimr al Nimr è semplicemente un’altra tragica tappa della guerra fra sciiti e sunniti, ovvero fra potenze locali in Medio Oriente, per il controllo delle risorse e per il dominio geopolitico nell’area. Un conflitto che ha origini antichissime, che si complica per le diverse componenti, alcune estremiste come noto, in seno al sunnismo, e che è reso drammatico sia dai potenziali militari odierni sia dalla novità (rispetto al passato) di un terrorismo che si esercita nell’Occidente ateo e apostata e infedele per ragioni di mera propaganda interna.
Cari lettori di Hic Rhodus, ovviamente stiamo seguendo con molta attenzione le vicende legate all’offensiva terroristica dell’Isis, al comporsi di alleanze più o meno “naturali” per combatterla, e alle tensioni che si accompagnano alle azioni militari russe, francesi, e ora britanniche. In questi giorni ha avuto una notevole risonanza il discorso tenuto al Parlamento inglese da Hilary Benn, “ministro-ombra” degli Esteri nell’opposizione laburista, che prima di votare a favore dell’intervento militare britannico in Siria ha spiegato il motivo per cui lui (insieme a diversi altri parlamentari laburisti) ha deciso di votare in contrasto con il suo leader di partito Jeremy Corbyn. Noi di Hic Rhodus pensiamo che, indipendentemente dall’opinione di ciascuno, un discorso come questo dimostri un livello di dibattito pubblico che purtroppo non trova riscontro nel nostro Paese, molto concentrato su temi che definiremmo di piccolo cabotaggio. Abbiamo quindi pensato di offrire ai nostri lettori la possibilità di leggerlo, in una versione leggermente abbreviata per ragioni di spazio e tradotta da noi.

L’impudente atteggiamento di Erdogan nella crisi dello scacchiere siriano (col recente attacco al caccia russo) ma ancor più la risposta europea al terrorismo, mostra la crisi profonda che attraversa la NATO in questi ultimi anni. Gli europei, in maniera discutibile, con accelerazioni non concordate (quelle di Hollande), con tentativi di fragili alleanze fra alcuni Paesi, e probabilmente con moltissimi occhi sui propri elettorati (Hollande deve fare vedere ai francesi che reagisce; Renzi e Merkel pure ma senza esagerare e senza stare in prima linea…), agiscono indipendentemente dalla NATO anche nei riguardi di Putin
L’etichetta, che Annunziata e altri commentatori hanno applicato all’orrore di Parigi, è suggestiva quanto errata. La verità è peggiore. Non è una guerra ma guerriglia terrorista. Non c’è scontro fra nazioni e popoli, e loro eserciti, ma stillicidio di azioni isolate e imprevedibili realizzate da persone di svariata nazionalità, spesso con pochissimo in comune tranne l’odio verso l’Occidente giustificato da una matrice religiosa neppure sempre precisa.
I migranti che bussano alle porte d’Europa seguono rotte diverse che stanno mutando in questi mesi. Se i media italiani si concentrano sui barconi e gli sbarchi in Sicilia e Calabria, il quadro complessivo è più ampio e – recentemente – l’attraversamento precario del Mediterraneo non si presenta come il problema principale dell’Europa (dall’osservatorio italiano resta un incubo, ovviamente).
I recenti flussi migratori in Germania attraverso i percorsi balcanici occidentale e orientale (Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria, ma anche via Bulgaria) hanno riguardato in questi ultimi giorni circa 20.000 persone. Si tratta di una parte modesta dell’ondata di migranti che si dispiegherà nei prossimi mesi ed anni – soprattutto dopo le dichiarazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel: accoglieremo in Germania tutti i rifugiati provenienti dalla Siria, esclusi quelli balcanici, poi corretto: sino a 500.000 rifugiati l’anno.
I due islamici arrestati l’altro giorno a Brescia con l’accusa di associazione con finalità terroristiche sono poco più che due cretini, così sciocchi da postare foto e minacce su Twitter. Cretini ma pericolosi. Essendo il terrorismo islamista variegato e poliedrico, una sorta di brand open source dove l’imitazione e il potenziale scompiglio porterebbero comunque acqua al mulino della causa del Califfo, è chiaro che dobbiamo stare attenti anche a questi episodi, alla luce dei sanguinosi attentati fai-da-te che abbiamo visti in giro per l’Europa.
In queste ore si sta combattendo in Yemen quella che De Giovannangeli sull’Huff Post chiama “la madre di tutte le guerre”. Da un lato Arabia Saudita alla guida di una grande coalizione che vede Egitto, Giordania, Sudan, Pakistan, Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Marocco, oltre ai lealisti yemeniti, con l’appoggio turco (per ora solo politico) e quello logistico americano; dall’altro lato l’Iran, che sostiene i ribelli sciiti yemeniti e un appoggio siriano che vale per quel che vale date le condizioni del paese di Assad.