Auguri per il 2017. Ciò che vorrei per il mondo, per l’Italia, per me

Tempo di bilanci. Lasciamo un anno di attentati sanguinosi in Europa, di guerre devastanti che hanno ucciso migliaia di persone e ne hanno fatte fuggire milioni, di Brexit e di Trump, del fallimento delle sinistre nel mondo e dell’addio (per un po’) di Renzi… Ci apriamo a un nuovo anno che potrebbe essere peggio, certo, ma anche un pochino meglio, perché no? Cosa vorremmo per migliorare? Cosa ci vogliamo augurare per questo nuovo anno? Ognuno ci pensi; chissà, forse pensando forte forte a un mondo migliore lo otterremo… Io ci ho provato: un augurio specifico per il mondo, uno per l’Italia e infine uno per me. Chissà se coincidono con i vostri auspici?

Un augurio a un mondo insanguinato. Mi sono soffermato a lungo, fra me e me, al pensiero di cosa augurare al nostro mondo. Ci sembrerà pure piccolo, in epoca di globalizzazione, ma i problemi sono tanti, e tutti di tale imponenza, da sentirsi schiacciati e impotenti. All’inizio ho pensando alla Siria, alla sua pacificazione, alla fine del macello di quel popolo. Ma dalla Siria il pensiero si è dipanato, nella mia testa, in percorsi diversi: un primo percorso ha seguito l’integralismo islamico mediorientale, l’Isis (Daesh) e la sua necessaria sconfitta totale, eliminando così un luogo di infezione velenoso per tutta l’area. Ma poi anche ai brutali regimi mediorientali, incluso quello turco, con le insopportabili repressioni di intellettuali, di giornalisti e di intere minoranze. Ho poi pensato alla Cina, e in particolare al mar cinese militarizzato e occupato massicciamente da Pechino infischiandosene dei vicini e fidando su una debolezza strutturale dell’amministrazione Obama. La Cina ha mire chiare sul controllo del commercio marittimo internazionale, vuole annichilire il Giappone, mantenere una pressione su Formosa, tenere al guinzaglio la Corea del Nord e, sostanzialmente, agire come leader dell’area come di fatto gli è stato consentito di fare dalle amministrazioni precedenti impelagate su altri scenari. Ma ora c’è Trump, che ha fatto chiaramente capire di non volere più consentire questo status quo. E poi perché non fare un pensiero alle diffuse guerre in Africa, poco televisive ma vero ostacolo, per quel continente, all’uscita dalla miseria di massa?

Verrebbe da chiedere, urlando, “Basta con le guerre!”. Ma penso poi subito che le guerre sono un mezzo, per gli uomini, per affermare un dominio, depredare, esercitare una tirannia. Se una magia da favola interrompesse oggi, in quest’istante, tutte le guerre, domani saremmo daccapo, perché non sarebbe cambiato l’animo umano, brutale, sopraffattore. E poi ci sono guerre non combattute con pallottole ma con l’abuso del potere, il controllo delle risorse, lo sfruttamento degli esseri umani, la tratta… Una ricchezza spropositata concentrata in pochissime mani convive con la schiavitù di milioni, costretti alla prostituzione, all’accattonaggio, al lavoro crudele senza domani. E per ogni signore della guerra che spadroneggia uccidendo migliaia di innocenti, per ogni Ebenezer Scrooge avido e insensibile alla miseria di molti, ci sono centinaia di migliaia di persone comuni, “normali”, che picchiano donne, abusano di bimbi, frodano lo Stato, riproducendo in piccolo, solitamente impuniti, i crimini che su vasta scala compiono i registi della nostra storia contemporanea. Perché è indubbiamente vero che il potere dà alla testa e che qualcuno è più cattivo, ma i meccanismi di questa cattiveria sono dentro di noi, scolpiti nel nostro DNA di specie predatrice. Allora? Cosa desiderare? Un mutamento antropologico improvviso, la subitanea trasformazione della nostra in una specie piena di bontà e di amore per il prossimo? Cerchiamo di stare coi piedi per terra.

Allora non resta che desiderare la comparsa, con frequenza maggiore di quanto accaduto fino ad oggi, di grandi uomini e grandi donne capaci di essere esempio virtuoso, modello, fonte di ispirazione. Persone carismatiche e laiche, con una visione del futuro non predatoria, capaci di ispirare fiducia e di mostrare concretamente la via della tolleranza, del relativismo, della possibilità, dell’inclusione, dello sviluppo egualitario, del sapere condiviso. Ce ne sono sempre, in ogni generazione; a volte abbastanza famosi, altre volte meno. Non chiedetemi dei nomi: guardatevi attorno e osservate chi fa della sua vita un percorso di crescita al servizio della collettività. Ce ne sono di grandi, di grandissimi, nel mondo scientifico come in quello politico. Dobbiamo guardare loro sperando che diventino un chiaro esempio per i molti; che creino emulazione e speranza. E che i comportamenti biasimevoli siano sempre più osteggiati e socialmente banditi dai più. Perché se diventeremo una specie più consapevole del valore della comunità e dell’inclusione forse (dico: forse) cresceremo figli migliori, avremo dirigenti migliori, politici migliori, destini migliori.

Ecco quindi il mio auspicio per il mondo: esempi da guardare, modelli positivi da seguire, figure morali e intellettuali capaci di far meditare i più, capaci di erodere, pian piano, questo istinto sopraffattore della specie umana e avviare una rivoluzione antropologica che porterà, non subito, a un uomo migliore.

E per l’Italia? Lo stesso, ovviamente. L’Italia come parte delle nazioni del pianeta vorrei facesse parte di questa trasformazione, certo. Ma l’Italia, ho l’impressione, deve partire prima e da più lontano. Siamo stati storicamente “plasmati” in maniera assai diversa dai nostri fratelli del Nord Europa e siamo probabilmente più disponibili alla divisione feroce, alla difesa familistica di interessi meschini, al compromesso col peggior potere, al profitto subitaneo, all’opportunismo (sulle origini storiche del carattere degli italiani si veda QUI). Diciamo allora che in attesa di un’Epifania planetaria vorrei che in Italia si sviluppasse più consapevolezza, più capacità di ragionare concretamente e non sempre, assolutamente sempre, in preda a isterismi fallaci. Vorrei una politica seria. Una politica in cui un leader almeno mediocre, a capo di un partito almeno normale, realizzasse riforme anche banali e ovvie ma necessarie da decenni, senza pensare al consenso popolare, alle grida grilline, ai sondaggi pilotati. Ecco: il mio desiderio sarebbe vivere in un paese normale, dove “normale” significa avere politici che fanno riforme, giornalisti che fanno cronaca controllando le fonti ed evitando di propagare odio e menzogne, magistrati capaci di avere anche un minimo di sensibilità psicologica e sociologica, imprenditori che desiderano fare profitti non a scapito dei loro dipendenti, sindacati capaci di tutelare i lavoratori senza difendere a oltranza il ventre molle dei privilegi, docenti desiderosi di formare cittadini onesti e preparati e studenti desiderosi di diventarlo, preti interessati alla loro santità e completamente disinteressati alla mondanità, commercianti che non imbroglino sul peso e idraulici che facciano fattura. Anche qui, difficile che accada in seguito a un desiderio. Ma forse potremmo desiderarlo tutti, e tutti iniziare a pagare le tasse, dire buongiorno e buonasera, dare la precedenza, fare raccolta differenziata e cercare di capire il mondo, senza arroccarsi in una qualunque indignazione che presume – per il fatto stesso di essere indignata – di essere giusta e vera.

Mancherebbe un desiderio per me. Non saprei che dire… Se solo intravvedessi, pur vagamente, una svolta nel senso indicato sopra, già sarei felice. Mah… un desiderio per me? Facciamo un milione di Euro e chiudiamola lì.

Buon 2017 a tutti.