Rotte dei migranti e cambiamenti geopolitici

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I migranti che bussano alle porte d’Europa seguono rotte diverse che stanno mutando in questi mesi. Se i media italiani si concentrano sui barconi e gli sbarchi in Sicilia e Calabria, il quadro complessivo è più ampio e – recentemente – l’attraversamento precario del Mediterraneo non si presenta come il problema principale dell’Europa (dall’osservatorio italiano resta un incubo, ovviamente). Secondo Frontex gli arrivi illegali fra Gennaio e Luglio 2015 attraverso le varie rotte sono stati:

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  • 150 dalla rotta dell’Africa Occidentale, via Canarie, principalmente dall’Africa sub-sahariana;
  • 6.698 dalla rotta del Mediterraneo occidentale, via Spagna: principalmente siriani, poi gruppi minori sub-sahariani;
  • 91.302 dalla rotta del Mediterraneo centrale, via Sicilia, più rotta calabro-pugliese: principalmente eritrei e varie nazionalità sub-sahariane;
  • 132.240 dalla rotta del Mediterraneo orientale, via Grecia: principalmente siriani, poi afgani e in numero inferiore pakistani;
  • 29.245 dalla rotta balcanica, via Ungheria: afgani, siriani e kosovari;
  • 717 dalla rotta del confine orientale, via Bielorussia, Moldavia, Ucraina etc.: principalmente asiatici.

Il citato sito Frontex propone molte informazioni di dettaglio e ne raccomando una visita. Oltre a numeri marginali, la via dell’Africa Occidentale mostra un trend in forte ribasso; quella via Spagna una certa stabilità su numeri non rilevanti (6-8.000 l’anno); idem per quella Orientale con numeri più bassi (1.000-1.300). I problemi permangono sulla rotta mediterranea (via Sicilia, Puglia e Calabria) e su quella, più recente, dei Balcani (mettendola assieme a quella greca, visto che entrambi i flussi si riuniscono in Ungheria). È abbastanza evidente, dai numeri mostrati, che le rotte balcaniche ormai si mostrano come più impetuose di quelle mediterranee.

viaggio-ungheria-da-la-stampaLa storia della strada balcanica non è recentissima ed è servita da anni – con flussi assai più modesti degli attuali – principalmente per cittadini dei Balcani occidentali esentati dalla necessità di visti particolari all’ingresso (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia e Macedonia); assieme ad altre forme di abuso delle norme vigenti molti di questi cittadini chiedevano poi il riconoscimento dello status di rifugiati. Dal 2013 si assiste a un aumento di flussi attraverso il confine serbo-ungherese, prevalentemente da parte di kosovari e serbi ma anche pakistani, afgani, algerini, marocchini e africani sub-sahariani, molti dei quali già residenti in Grecia (fonte: Frontex). Una delle ragioni di questo incremento è stato il cambiamento della legislazione ungherese sull’immigrazione e l’asilo introdotta nel Gennaio di quell’anno, poi modificata in Luglio in senso restrittivo; nel corso del 2014 il flusso principale – ulteriormente incrementato – è stato rappresentato sostanzialmente da kosovari, mentre il flusso mediorientale via Turchia era ancora considerato “secondario” (stessa fonte).

Qualcosa cambia recentemente anche in seguito all’atteggiamento restrittivo del governo ungherese che costruisce muri e cancelli in funzione anti-immigrati; per evitare il collo di bottiglia ungherese molti migranti cercano rotte alternative, come quella che dall’Albania porta in Italia o dalla Serbia, via Croazia, cerca di raggiungere l’Austria (fonte: ECHO – European Commission Humanitarian Aid Office). La risposta di alcuni Paesi all’immigrazione (non solo dell’Ungheria) con cancelli, fili spinati e sanzioni di polizia, crea mobilità e cambiamenti nelle rotte dei migranti, disordini, caos ma non risolve i problemi. Resta il punto di partenza iniziale: dalla Siria prepotentemente e poi da Aghanistan, Iraq e Pakistan, via Turchia, poi attraverso la Grecia, i flussi balcanici si dividono in rivoli

Attraversamenti illegali dei confini nella rotta balcanica; fonte: Frontex
Attraversamenti illegali dei confini nella rotta balcanica; fonte: Frontex

diversi a seconda delle possibilità, delle momentanee aperture o chiusure dovute a contingenze politiche, delle opportunità offerte dai trafficanti di uomini.

Abbiamo cercato un po’ di numeri. Nessuno ne fa di precisi. Abbiamo contraddittori numeri su quanti sono già arrivati e preoccupate dichiarazioni di prospettiva ma, ovviamente, nessuno sa dire quanti immigrati e profughi arriveranno nei prossimi anni. Tutti però sono in allarme; tutti concordano sul fatto che si tratti di un massiccio fenomeno da misurare in anni e in milioni di individui.

La prima questione da precisare, comunque, è la natura “politica” di questi immigrati. Dati UNHCR riassunti dall’Economist mostrano come la stragrande maggioranza di coloro che arrivano alle porte d’Europa hanno diritto allo status di rifugiati. Il tema è dirimente perché il diritto europeo obbliga al loro accoglimento e tutela. Chi minimizza il dato sbaglia, o mente. Secondo le Nazioni unite quest’anno almeno 400.000 fra migranti e rifugiati arriveranno in Europa, e non meno di 450.000 quest’altr’anno. Questi numeri sono estremamente prudenti se per la sola Germania i richiedenti asilo (in Germania, non nell’intera UE) dovrebbero raggiungere la straordinaria quota di 800.000 quest’anno.

Rifugiati Schermata 2015-09-09 alle 16.56.56Il trend è ovviamente, in crescita. Dati UNHCR mostrano come l’ammontare dei rifugiati nel 2014 sia aumentato del 24% rispetto all’anno precedente; per la maggior parte costoro risiedono in 28 Paesi dell’Unione che vede, nella top five, Germania, Francia, Svezia, Italia e Regno Unito; oltre all’Unione occorre considerare i 168.000 rifugiati in Russia in seguito al conflitto ucraino e il mezzo milione in Turchia proveniente massimamente da Siria e Iraq (fonte). Solo i Siriani, fra quelli tuttora intrappolati nel conflitto e quelli rifugiati in altri paesi, sono 10 milioni (fonte).

I migranti per ragioni economiche – che pure bussano alle nostre porte – sono in percentuali sempre minori perché la devastazione del Medio Oriente e del Nord Africa ha prodotti nuovi disastri e, anche se ovviamente i problemi sono intrecciati (ormai si scappa dalla guerra e anche dalla miseria) la prevalenza riguarda le conseguenze di guerre e terrorismo.

Ai rifugiati dalle guerre rischiano prossimamente di aggiungersi i rifugiati da disastri ambientali causati dal cambiamento climatico. In vista del prossimo summit internazionale di Parigi sul clima, Francoise Holland ha dichiarato che se il summit non raggiungerà qualche risultato, specie in termini di aiuto per i paesi poveri, nei prossimi 20 anni i rifugiati per cause ambientali saranno milioni. Le parole di Hollande sono conformi a quelle di altri politici sensibili ai temi climatici e da esperti di fama mondiale come l’oceanografo David Titley, che in uno studio dell’anno scorso descrive l’imminente scomparsa di parti di India, Bangladesh e Vietnam a causa dell’innalzamento delle acque.

Riassumendo la situazione è la seguente: le disuguaglianze del globo stanno continuando a produrre flussi di fuga dalla miseria; a questi si aggiungono, potentemente, i flussi di fuggitivi da guerre, persecuzioni e terrorismo specie (ma non solo) da Siria, Iraq e Libia; dobbiamo incominciare anche a pensare che seguiranno altri flussi causati da sconvolgimenti climatici. Anche sorvolando l’ultimo punto (non certo perché poco importante), appare piuttosto evidente che nei principali paesi menzionati guerre e instabilità dureranno a lungo, anche per la semplice ragione che nessuno fa nulla di concreto in opposizione. Il gen. Dempsey, ricordando recentemente che al mondo ci sono 60 milioni di rifugiati, ha dichiarato di ritenere che la combinazione di rifugiati per ragioni umanitarie e le crisi provocate dall’estremismo islamico, resteranno un problema per i prossimi 20 anni. Ma “20” è un numero generico, un modo per dire che riguarderà un’intera generazione, forse due.

La realtà, a mio avviso, è comprensibile se si assume un semplice principio di realtà: finché non si prende di petto la situazione e si compie uno straordinario sforzo internazionale per cambiarla (il Libia, in Siria, in Iraq per iniziare) il terrorismo, le bande tribali, gli interessi di fugaci signori della guerra, le furbizie opportunistiche di qualche presunto “alleato” occidentale (sto pensando a Turchia e Arabia Saudita) e altro ancora tenderanno a cristallizzare la situazione, con un enorme buco nero di tragedia che produrrà instabilità a vari livelli, inclusa questa bomba demografica contro l’Occidente costituita dai flussi di migranti. Fin quando la commozione europea potrà sostenere politiche passive, di pura accoglienza?

NOTA REDAZIONALE: Questo testo è stato rivisto pochissimi giorni fa ma le notizie si susseguono ed evolvono velocemente. Anche la rotta balcanica sta subendo evoluzioni a causa dell’inasprirsi dell’azione Ungherese e delle inevitabili conseguenze in Croazia. Renderemo conto di queste evoluzioni, se necessario, in un articolo futuro.

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