Tag: Cina

Le notizie dalla Cina mostrano da un po’ di giorni un’inversione di tendenza, il superamento del picco, l’efficacia del contenimento e delle pesantissime misure adottate dal governo della Repubblica Popolare. Ben lontani dall’avere superato la crisi, ovviamente, i cinesi hanno comunque dimostrato un alto grado di ubbidienza alle autorità, disciplina e pazienza, doti nate certamente nella difficile storia di quel Paese e affinate negli anni terribili di Mao. Oggi i cinesi imprendono, viaggiano, fanno un sacco di belle cose, ma quando il Governo, o il Partito, stringono la mordacchia, i cinesi sanno che occorre tacere, chinare il capo e stare uniti. Non so come intendete definire il regime cinese; “dittatura” mi pare eccessivo, ma sia come volete, in ogni caso è senza ombra di dubbio un governo autoritario e massimalista. Ma per governare un miliardo e mezzo di persone e traghettarle dalla miseria al benessere diffuso in pochissimi decenni, forse, non c’erano molte alternative. Così come far superare la crisi del virus col minimo di vittime… In Italia invece siamo tutti iperdemocratici, amiamo la libertà, il bel vivere e il fare come cazzo ci pare, e abbiamo una classe dirigente di una levatura infima, come ha sottolineato pochi giorni fa Ottonieri su questo blog. Così, apprendiamo dalla stampa, il decreto Conte è un colabrodo, probabilmente è stato divulgato in anticipo per fargli un dispetto, i Prefetti non hanno indicazioni operative, molti cittadini hanno infranto e continuano a infrangere le regole della quarantena, a Roma la movida continua con allegria a diffondere il morbo, PERÒ, diamine, siamo in democrazia, e nessuno può dirci quello che dobbiamo fare. Viva la libertà! La conclusione è presto detta: indipendentemente dalla reale pericolosità del virus (da “è una frescaccia” fino a “moriremo tutti”) questo Paese starà ancora facendo i conti col virus e si leccherà le ferite quando la Cina starà già ripartendo alla grande. Il problema quindi si sposta: lasciamo pur stare quanto è grave questa volta; sappiamo comunque che la volta che lo sarà (questa, o la prossima) non avremo scampo.

Cani di Yulin. Evidentemente non mi sono spiegato

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Un anno fa scrissi un post intitolato Il massacro dei cani di Yulin. Perché non firmerò nessuna petizione. L’antefatto riguardava una protesta contro un festival annuale, in Cina, dove migliaia di cani vengono macellati in quanto piatto principale della manifestazione. L’indignazione globale sollevò – e solleva tuttora – ondate di proteste e petizioni alle quali io mi sottraevo dichiarandone le ragioni, che riprenderò poco oltre. Quell’articolo sarebbe rimasto per me sullo sfondo dei tanti scritti su questo blog se non fosse per l’esplosione di visitatori ricevuta l’anno scorso a causa di quel testo (33.000 i lettori solo di questo specifico post), ondata che si sta rinnovando attualmente (circa altri 3.500 in questi giorni) in occasione della manifestazione 2016.

Il massacro dei cani di Yulin. Perché non firmerò nessuna petizione

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In questi giorni si è scatenata l’ennesima ondata di indignazione sui social contro quello che è stato definito il massacro di cani per l’annuale festival della città di Yulin, sita nella Cina del Nord. Le ragioni principali della protesta, citate dai diversi organi di stampa, sono: i) la sofferenza degli animali; ii) la potenziale diffusione di malattie per la mancanza di controlli sanitari; iii) l’illegalità del traffico (altra fonte). Poiché sto per fare affermazioni contrarie al sentimento comune di molti lettori lasciatemi premettere:

Chi se ne frega dell’Africa

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Due indicatori: esplode l’epidemia di Ebola in Africa e i giornali hanno punte di panico solo fino a quando non diventa chiaro che da noi non sarebbe successo nulla e degli oltre 10.000 deceduti africani (a Marzo 2015) non ci importa; lo stesso volontario italiano contagiato e curato in Italia ha fatto notizia lì per lì, fin quando stavamo a vedere se le nostre strutture sanitarie tenevano, poi ce lo siamo dimenticati fino a Natale quando, tutti più buoni, abbiamo seguito la sua conferenza stampa di guarigione. Poco fa poi c’è stato il terribile attentato a Parigi, con i palinsesti zeppi del sangue parigino. Di quello dei 2.000 ammazzati da Boko Haram negli stessi giorni solo tardivi trafiletti con taglio basso. Non vorrei essere troppo cinico, ma dell’Africa non ce ne importa un fico secco. Ci preoccupano i barconi pieni di gente nera che arrivano da noi perché disturbano e – complice l’inettitudine istituzionale e una legislazione discutibile – creano oggettivi problemi (ma non quelli urlati da Salvini), ci preoccupano i disordini islamisti che ci impediscono di andare in vacanza a Sharm el-Sheik (ma adesso ci pensa il nuovo regime militare egiziano a sistemare le cose!) ma per il resto, siamo sinceri, ci importa qualcosa dell’Africa?