Quando un paio di mesi fa ho scritto su queste pagine dell’Ebola come metafora, ho trascurato alcune considerazioni alle quali pongo rimedio qui: la stupidità umana e la propensione all’isteria. Per il resto sottoscrivo ancora quell’articolo: l’Ebola non è il virus più pericoloso col quale conviviamo, le possibilità di una pandemia apocalittica in Occidente sono rare (perlomeno: se il virus non muterà; se non continueremo come occidentali a fare sciocchezze; se all’isteria si sostituirà una normale consapevolezza; se…) e sì, continuo a pensare che rappresenti una tremenda metafora dell’assedio che l’Occidentale percepisce al proprio edonismo, al proprio benessere, alla propria tranquillità da parte di una malattia schifosa, violenta, pericolosa che si propone come nemesi di quel popolo vinto e infelice che sopravvive in Africa.
Cominciamo dalla stupidità; il paziente “zero” americano morto a Dallas, era andato diligentemente in ospedale ai primi sintomi, aveva dichiarato di provenire dall’Africa Occidentale ma era stato bellamente rimandato a casa; poi si è ammalata un’infermiera che lo curava perché non ha rispettato i protocolli, così come l’infermiera spagnola. Poiché protocolli e procedure sono formulazioni astratte rese operative da persone reali, che possono essere più o meno intelligenti, stanche, spaventate, svogliate e così via, è del tutto evidente che l’errore umano è sempre in agguato, e in tale errore si nasconde la possibilità del contagio dell’Ebola o, in altri casi, del disastro aereo, del crollo di un’impalcatura, dell’avvelenamento da CO2 e così via. Diciamo che data l’attuale enfasi sull’Ebola e la presunzione dei medici occidentali ci aspetteremmo più competenza e capacità da loro.
Stupidità e sottovalutazione del rischio sono complici del virus. È ben riconosciuto il fatto che (stante la non trasmissibilità attuale per via aerea) si può frapporre una barriera invalicabile al virus fra malati infetti e personale sanitario. Tale barriera, per essere sicura al 100%, è complicata, faticosa, da perseguire con enorme scrupolo; la descrizione che ne dà Abby Norman (Sono un’operatrice sanitaria. Ecco cosa nessuno vi dice su ebola) non lascia dubbi in proposito e – visti gli errori realizzati in America e Spagna – ci lasciano perplessi sulle capacità Occidentali, e segnatamente su quelle italiane (un recente reportage dell’Espresso qualche brivido lo fa venire). Il problema quindi non è “come fermare un virus micidiale?”, perché questo lo sappiamo benissimo, bensì: “saremo sufficientemente intelligenti e non peracottari in questa circostanza?”.
L’isteria di massa è comunque il problema che mi preoccupa di più. Se anche il sistema sanitario può avere qualche smagliatura e concedere il destro a qualche errore, nell’insieme dobbiamo considerarlo solido, attento e sperimentato. Il Protocollo centrale per la gestione dei casi e dei contatti sul territorio nazionale – Malattia da Virus Ebola, documento ministeriale molto dettagliato e puntiglioso, ha un’ultima versione del 6 ottobre ma segue una serie di documenti iniziati ad Aprile e discussi a livello regionale con i responsabili sanitari locali. Il sistema, diciamo così, è teoricamente pronto, errori possibili a parte. Ma come reagirà la gente quando il primo caso di Ebola verrà segnalato in Italia? Cosa succederà nella mia città se proprio qui ci fosse un caso? Succederebbe quello che successe anni fa con la febbre suina (A/H1N1) o con l’aviaria (A/H5); panico, scenari apocalittici e corsa a svuotare i supermercati. Forse con l’aggiunta della caccia al nero.
I mass media ci stanno addestrando a questa risposta isterica; giorni fa SkyTg24 ha lanciato improvvisamente una breaking news: “Sospetto caso di Ebola a Parigi; isolato un palazzo” (con tanto di sottopancia rosso a caratteri cubitali); mezz’ora dopo la notizia è stata smentita. Come è stata smentita pressoché ogni analoga notizia lanciata sempre come “Sospetto caso di Ebola a…”. La Stampa (quotidiano serissimo) propone una Mappa del contagio dove sono segnate in colore (foss’anche verde) i casi “sospettati e smentiti”; perché segnalare casi smentiti? Ogni giorno e con sempre più enfasi in televisione ci vengono propinati servizi sull’Ebola compreso quello – a mio avviso demenziale – in cui un giornalista col volto corrucciato, passeggiando fra i binari di una grande stazione, si chiedeva (e ci chiedeva) cosa poteva succedere se un terrorista infetto dall’Ebola si fosse aggirato fra la gente inconsapevole, col malefico scopo di infettarla (che è la versione horror del kamikaze che si fa esplodere). Non stupiamoci quindi della bambina lasciata fuori dall’asilo perché di ritorno da un viaggio in Uganda (paese lontano dalla zona di contagio, ma paura isterica e razzismo si mescolano facilmente).
Quella bambina non è la prima vittima della stupidità popolare e della facile isteria di massa, e non sarà l’ultima, come denuncia Cécile Kyenge che legge con facilità il circolo vizioso Ebola → Razzismo → Politica xenofoba alimentatrice di paure irrazionali. Su quest’ultimo punto (la Politica della paura) ho già scritto tempo fa un post attualissimo in questo contesto: un conto è la precauzione, la segnalazione dei problemi, la messa in atto di procedure prudenziali, un altro conto è la denuncia sguaiata, il dito puntato sui presunti untori, la prefigurazione di scenari apocalittici; questo fanno alcune forze politiche con un cinismo e una disinvoltura che trovo sconvolgenti. Anzi: criminali. Soffiare sul fuoco della paura isterica, additare i negri come evidenti portatori di Ebola, non aiuterà a sconfiggere l’epidemia ma, al contrario, contribuirà a diffondere il virus assieme all’intolleranza. La risposta ansiosa e irrazionale farà guadagnare qualche voto a Salvini e a Grillo, ma costituirà un serio ostacolo alla battaglia per il contenimento del contagio, una volta che questo arrivi da noi.
Fra giornalismo becero, politica criminale, rassicurazioni ministeriali che – in questo clima – inquietano ancor più, dobbiamo certamente aspettarci che prima o poi un caso di Ebola arrivi anche in Italia; poiché l’OMS non ha deciso per alcun cordone sanitario in Africa Occidentale, e da Monrovia (Liberia) si può prendere un aereo Royal Air Maroc e con uno scalo arrivare a Roma, oppure – spendendo un sacco di più – prendere la Brussels Airlines e, con scalo a Bruxelles (che così ci si mimetizza meglio) arrivare a Milano, è solo questione di tempo; è un fatto statistico; e la ridicolaggine delle istruzioni ai piloti e delle misurazioni della temperatura negli scali serviranno bene a poco. Io credo che quando succederà dovremo resistere alla tentazione di barricarci in casa. Nella forma attuale il virus non può fare paura a livello di massa perché ha forme di contagio complicate e facilmente isolabili. Ovviamente le cose possono mutare, e anche il virus. Ma in questo momento trovo che la reazione dei mass media e di alcuni politici confermino in pieno le mie precedenti tesi sull’Ebola come metafora delle peggiori fantasie occidentali.