Avremo elezioni pulite (un’altra fantastica promessa dei bravi ragazzi a 5 Stelle!)

Di Maio sta già diffondendo video messaggi e il blog delle stelle annuncia che (dopo essere state… sporche?) finalmente le elezioni saranno pulite.

Vediamo il motivo di tanta esultanza e chiediamoci cosa avevano di “sporco” le elezioni fino ad oggi, cioè dal 1946, un arco temporale nel quale effettivamente il problema avrebbe potuto essere rilevato e anche da altri, oltre che dagli illuminati 5Stelle. L’on. Nesci, prima firmataria del progetto di legge già approvato alla camera, esordisce in commissione affermando che le misure che andranno ad introdurre eviteranno, nell’ordine,

il voto di scambio politico-mafioso, l’annullamento seriale di schede, l’introduzione di schede già votate nell’urna prima dell’apertura dei seggi nonché la presenza di persone decedute negli elenchi dei votanti,

dimostrando con questa dichiarazione di non essere entrata in un seggio elettorale altro che per votare.

C’è un po’ di confusione, in effetti.

Il voto di scambio politico mafioso è un reato previsto dall’art. 416-ter del codice penale. La norma è stata introdotta nel 1992 e si riferisce alla dazione o promessa di denaro da parte dell’organizzazione criminale con metodi mafiosi (cioè con violenza, intimidazione) e dal 2014 anche la promessa di “altra utilità”, con la riforma che ebbe il voto contrario dei 5Stelle e l’astensione della Lega. Sgombriamo subito il campo da un equivoco: per combattere questo fenomeno, occorre agire sulla lotta alla criminalità organizzata, con vari possibili strumenti, volti alla ricerca della prova dell’intimidazione, alla punizione del mafioso, alla tutela dell’elettore vittima di intimidazione, fra i quali mi sentirei serenamente di escludere le nomine degli scrutatori e le urne trasparenti.

Veniamo invece ai brogli elettorali: si allude, nei lavori preparatori, alle elezioni politiche del 2006 vinte per 25000 voti (come se la vittoria con minimo scarto fosse indicatore sicuro di broglio: se così fosse, ancora i monarchici dovrebbero reclamare il trono del re). I “brogli” costituiscono altrettanti reati molto gravi, il cui scopo è modificare il risultato elettorale attraverso attività precise che non possono non essere notate da tutte le persone che compongono il seggio elettorale: un presidente, un segretario, quattro scrutatori, un numero indefinito di rappresentanti di lista e, attenzione, qualsiasi elettore della sezione desideri assistere alle operazioni (art. 44, T.U. n. 361/1957). Per chi avesse voglia di approfondire l’argomento, le istruzioni per i presidenti non sono segrete, anzi. Invece, chi vede e avendo titolo per intervenire, tace, è complice, e dolersene dopo qualche tempo al bar o su un social è, quanto meno, da sciocchi.

Per “introdurre schede già votate nell’urna” è necessario che almeno uno dei sei componenti fissi (senza contare quelli variabili, cioè i rappresentanti di lista) proceda all’introduzione (prima delle operazioni di voto, dice l’on. Nesci, addirittura individuando il tempus commissi delicti, cioè proprio in quel momento in cui il Presidente deve far constatare ai presenti che l’urna è vuota) con straordinarie doti di prestidigitazione, per non farsi scoprire dagli altri. E se lo scoprono? Ebbene, se costoro (scrutatori e rappresentanti) non sono complici, sono in pieno diritto, anzi, in dovere esplicito di chiamare all’istante la forza pubblica, che si trova, guarda te, a presidiare i seggi anche per questo.

Supponiamo però che il presidente sia il figlio naturale del mago Silvan e riesca, non visto da alcuno, a introdurre le schede già votate nell’urna: verrà il momento di spogliarle, queste schede, e di doverne quindi giustificare l’improvvisa apparizione dal nulla, dal momento che il Ministero fornisce a ciascun seggio una quantità di schede di poco superiore (poche decine, proprio per ovviare a qualche evento particolare, es., sostituzione schede deteriorate, voto dei militari in servizio al seggio, ecc.) al numero degli elettori iscritti nella sezione e il numero di schede spogliate va poi verificato dal Comune e successivamente dall’ufficio elettorale istituito presso Comune, Regione, Tribunale o Corte d’Appello, secondo i casi. Possiamo anche pensare, allora, che il presidente/mago sia spalleggiato da abili falsari, che gli procurano schede identiche a quelle ministeriali, vidimate, timbrate e votate, per aggirare il problema del quantitativo. Peccato si debba pure dare atto a verbale della coincidenza fra numero di schede votate e numero di schede spogliate, il tutto sempre alla presenza di scrutatori, rappresentanti, ecc. Peraltro, l’introduzione di schede già votate andrebbe ad accrescere il sempre minor tasso di affluenza al voto: se nel mio seggio han votato il 50% degli aventi diritto (dato che il presidente ha comunicato in tre distinte occasioni al Comune durante e al termine delle operazioni di voto), come può stare in piedi che le schede votate rappresentino una percentuale maggiore?

Riassumendo: per “infilare quantità di schede nell’urna” occorre mettere d’accordo o a tacere, non due tre, ma alcune decine di persone, non solo fra i componenti dei seggi ma fra tutti i rappresentanti dei diversi schieramenti, i dipendenti del Comune, del Tribunale, della Corte e della Prefettura. E per portare la quantità di schede a un numero rilevante ai fini del risultato (un seggio non supera mai i 1200 elettori, cioè uno zerovirgolazerozeroqualcosa), dobbiamo usare un esponente, per queste decine, passando cioè a qualche centinaio, se non migliaio di persone corrotte. Io, se fossi il corruttore, troverei molto più conveniente corrompere chi al comando è salito democraticamente: meno gente da far tacere, meno controlli, meno rischi, meno spese.

Brevemente mi soffermerei invece sulla presenza di deceduti nell’elenco degli elettori. Onorevole Nesci, apprenda che la revisione delle liste elettorali si fa due volte l’anno per legge. Nel semestre, è completamente normale che capiti qualche decesso: la gente nasce e muore. E di questo decesso è dato atto con apposita annotazione dell’ufficio elettorale. Quindi la presenza di elettori deceduti nelle liste elettorali, alla data delle elezioni (ma vivi nel semestre a cui si riferisce l’ultima revisione) è perfettamente normale. il Presidente, prima di autenticare le schede, deve procedere a sottrarre i deceduti e gli altri non aventi diritto segnalati da apposite annotazioni dell’ufficio elettorale, e ottenere così il numero degli aventi diritto della sua sezione, cioè delle schede da autenticare.

Veniamo infine all’annullamento seriale di schede. Il Presidente non annulla a vanvera: egli deve prendere atto della volontà dell’elettore espressa attraverso il segno grafico sulla scheda e, in certi casi, dichiarare nullo il voto o l’intera scheda. Quali sono questi casi? Senza tediarvi con l’elencazione delle casistiche, riassumo al massimo: si dichiarano nulle le schede contenenti simboli fallici, frasi di protesta più o meno garbate, scarabocchi o croci su tutti i simboli che, di solito, un punticino percentuale lo mettono insieme. Si dichiarano nulli i voti che non consentono di individuare la volontà dell’elettore (e non perché la croce è scivolata di qualche millimetro in un riquadro adiacente, su questo ci sono decenni di giurisprudenza del Consiglio di Stato che non lasciano dubbi di sorta) o che sono espressi con modalità tali da renderlo inequivocabilmente riconoscibile. Analogamente si dica per le preferenze. Naturalmente tutte queste operazioni vanno svolte sempre alla presenza del solito gruppetto di persone che ormai conosciamo: scrutatori, rappresentanti, ecc.. E allora, se sono tutti lì e il Presidente fa cose che non deve fare, chiedo: scrutatori, rappresentanti, cosa state a fare? Perché non contestate le schede? Perché non pretendete di dichiarare a verbale che il Presidente ha inteso dichiarare nulla una scheda valida? Perché non chiamate le forze dell’ordine?

Perché non c’è niente da contestare. La storia che con le schede nulle si fa un partito è un argomento sfruttato da chi non ha argomenti migliori per cercare di portare voti al proprio partito. Le schede nulle sono espressione di una protesta che non contiene nessun voto e che produce lo stesso effetto dell’astensione e della scheda bianca, cioè zero. Alcuni dei delusi da tutto il sistema, in effetti, ne sono consapevoli, come si può leggere qui. Forse l’onesta accettazione che in un sistema democratico ci sarà sempre una piccola quota percentuale che resterà in perenne disaccordo e verrà a dimostrarlo attraverso uno scarabocchio o un insulto sulla scheda elettorale, sarebbe un segno di maturazione sociale e politica. Un datato ma interessante articolo sull’argomento lo trovate qui.

Diverso invece è il problema del voto nullo: l’elettore vorrebbe votare, ma esprime il suo voto in modo non univoco o in modo riconoscibile. Il problema dell’annullamento risiede in massima parte nella sempre maggiore difficoltà di esprimere il voto da parte dell’elettore. Un interessante articolo di Calderisi mette a confronto le percentuali di schede annullate con gli ultimi sistemi elettorali per le elezioni politiche e il dato lo conferma: Più è facile l’espressione del voto, più è basso il numero di voti annullati. Una croce su un simbolo. Facile. Ah ma si può mettere la croce qui e lì. Si può esprimere la preferenza per le comunali, ma non per le politiche (per le regionali? Mica mi ricordo). Il voto disgiunto è ammesso alle amministrative ma non alle politiche. Alle politiche ci sono due schede, tempo fa ce n’erano tre, poi son tornate due, contenenti le quote di maggioritario e di proporzionale. Aspetta, non ho capito. In questa scheda posso mettere due croci? In quale solo una? Ma quante schede mi da?

Credo sia sfuggito di mano il concetto di suffragio universale. Universale. Vanno a votare i diciottenni e i novantenni. I colti e gli ignoranti. I laureati e gli analfabeti (funzionali e no). Quelli che han studiato il programma elettorale di tutti gli schieramenti e quelli che chiedono al presidente di seggio “dov’è il simbolo della DC nella scheda che non lo vedo?”. Vanno a votare quelli col parkinson che non riescono a tenere bene la matita in mano, quelli che ci vedono poco e dimenticano a casa gli occhiali, quelli che non hanno capito cosa han detto in TV e per sicurezza, sotto il simbolo di Forza Italia, scrivono “Silvio Berlusconi”, quelli che non han capito nulla in generale e firmano dopo aver votato. Vanno a votare gli sciocchi e gli intelligenti: i primi si sentono tanto realizzati ripassando cento volte la croce, i secondi esprimono il voto secondo una casistica talmente remota che tocca riguardare il manuale. I distratti che gli dai la matita in mano e poi per votare estraggono la stilografica dal taschino. Quelli che per separare le schede si inumidiscono il dito e lasciano una ditata di inchiostro. Quelli che inumidiscono la punta della matita copiativa perché non vedono bene la croce, o perché credono alle bufale dei complottisti. Universale, vuol dire che ci van tutti. Ed è a questi tutti, che bisognerebbe pensare.

Poscritto

Tutti gli episodi descritti nell’ultimo paragrafo (e molti altri) sono personalmente capitati all’autrice in 25 anni di presidenza di seggi elettorali, nei quali ha avuto come linea guida un solo principio fondamentale: preservare la volontà dell’elettore.

Articolo scritto per Hic Rhodus da Chiara Plazzi.

Romagnola, burocrate inside. Svolge quotidianamente compiti di 
cesello e bulino su pratiche di varia burocrazia, da un numero di 
anni che una signora preferisce non rivelare, pagata a tal fine dagli
onesti contribuenti.