Anche Sanremo diviso tra popolo ed élite

Come ogni  anno un buon numero di italiani era in attesa  dei cinque giorni fatidici per dimenticare i problemi quotidiani, mettere da parte i tormentoni della politica e lasciarsi andare al dolce rimbambimento sanremese. Cinque giorni di luna park, monopolizzati dalla leggerezza, in cui non mancano le polemiche, ma di solito riguardano abiti curiosi, gaffe divertenti e amorazzi dietro le quinte.

Mai come quest’anno invece, con la vittoria a sorpresa  di Mahmood, sono tornati alla ribalta tutti i più scottanti  temi di attualità, in un vero e proprio psicodramma collettivo.  Una lotta epica tra buoni e cattivi, tra eroi e antagonisti, consumata soprattutto sul web, dove come sempre nessuno si sottrae dall’esprimere il proprio parere, magari preceduto da un poco credibile “io non guardo Sanremo, ma…” 

Di certo in principio l’eroe era Mahmood, immigrato egiziano salvato per miracolo da un barcone alla deriva e subito accolto sul palco dell’Ariston, pronto a narrare in musica una drammatica storia di immigrazione. O no?

E il cattivo, l’antagonista proppiano, era Salvini, che gli dedicava uno stiracchiato post di cattiveria annoiata e poco convinta – Mahmood… mah.. .-  e gli preferiva il superfavorito Ultimo, tanto per vincere facile.

Invero ben più crudele Salvini era stato pochi giorni prima con il bianchissimo Achille Lauro, reo di aver (forse) parlato di droga nel suo testo, ma pochi lo avevano difeso, perché in fondo Achille Lauro è un tipo strano, ha tante scritte in faccia, di certo é un cattivo anche lui, quindi saprà difendersi da solo, e poi si sa che le lotte tra cattivi interessano meno.

Alla proclamazione di Mahmood invece le truppe si affrontano sul web. Quelle dei cattivi cattivi, e quelle dei buoni stupidi. Quelle dei salviniani, pronti a insinuare che si sia trattato di un voto politico da parte della giuria d’onore, e quelle dei radical chic, che con i loro “salvini suca” avallano pienamente  l’insinuazione dei salviniani.

Mentre la lotta infuria, l’eroe si rivela. Non è un immigrato, non è sceso da un barcone, non parla di immigrazione, non canta una canzone politica. Alle domande dei giornalisti sulla questione migranti, risponde fiero “non mi riguarda, sono un ragazzo italiano al 100%”. Una frase decisa, che pare quasi un “migranti suca”. E un po’ salviniano, a guardarci bene, è pure il testo della sua canzone, in cui parla del padre come di un musulmano infingardo che maltratta la famiglia, non ha voglia di lavorare e pensa solo a fregare soldi persino al figlio stesso. Girano pure voci incontrollate su una simpatia, per quanto risalente al 2016, per Forza Italia. Mahmood non più vittima, non più poverello da salvare, ma bello, simpatico e vincente. Giusto anche per l’Eurofestival. Ce lo chiede l’Europa!

I radical chic perdono in un attimo il loro eroe, mentre il cattivo Salvini si redime, gli telefona, gli chiede scusa. 

Privati ora sia del cattivo che dell’eroe, che faremo? Ora che Salvini non è più cattivo, Mahmood non è più eroe, quello che doveva essere il più cattivo di tutti, Achille Lauro, fa il tenerone a Domenica In con zia Mara Venier, i salviniani sono ancora cattivi ma senza condottiero sono smarriti e i radical chic del web, buoni o cattivi che siano, non saranno mai abbastanza intelligenti da dire una sola cosa giusta, ora che ne sarà della narrazione epica?

Per fortuna nasce un altro eroe, o un altro cattivo. Ultimo, il bravo ragazzo, il primo nel voto popolare, si rivela il vero ribelle. S’incazza. S’incazza anche la Bertè, e magari ha pure ragione, ma lei è sempre incazzata, quindi non se ne accorge nessuno. Ultimo invece è una vera sorpresa. E’ il ragazzo timido e silenzioso che alza la testa e reclama la sua vittoria di uomo scelto dal popolo. Nasce il vero scontro, la vera polemica, quella che non riguarda solo Sanremo, ma tutto un modo di intendere la politica. 

Chi deve avere più potere decisionale, il popolo o gli esperti? 

Se si parla di scienza, di medicina, non ci sono dubbi, di certo gli esperti, ma se si parla di musica? 

Ultimo ha partecipato ben conoscendo il regolamento, quindi ora non può reclamare nulla. Si può pure dire che Ultimo “sta a rosicà”. Ma gli otto membri della Giuria d’onore, attori, conduttori, registi e cuochi, con la sola nobile eccezione di Mauro Pagani, sono veri esperti di musica? O li unisce soltanto un’evidente uniformità politica? Il dubbio è legittimo, e sminuisce la vittoria in realtà del tutto lecita del giovane artista Mahmood. Purtroppo però anche il televoto è uno strumento imperfetto e corruttibile, e proprio per questo sono state introdotte le giurie, dopo vittorie improbabili quale il piccione di Povia. Quindi, che fare? 

Saranno le risposte che dovremo cercare nei prossimi anni, e il fatto che persino a Sanremo, da sempre specchio della società italiana, emerga lo stesso dualismo, non può che far riflettere, in attesa delle prossimo festival e delle prossime elezioni. Perché se il popolo può essere fallace e non avere tutti gli strumenti per decidere e capire, d’altra parte nulla è peggio di un’élite costituita non da veri esperti ma da usurpatori.