La conoscenza è democratica? I vent’anni di Wikipedia

Wikipedia è un’enciclopedia online a contenuto libero, collaborativa, multilingue e gratuita, nata nel 2001, sostenuta e ospitata dalla Wikimedia Foundation, un’organizzazione non a scopo di lucro statunitense.

Lanciata da Jimmy Wales e Larry Sanger il 15 gennaio 2001, inizialmente nell’edizione in lingua inglese, nei mesi successivi ha aggiunto edizioni in numerose altre lingue. Sanger ne suggerì il nome,[1] una parola macedonia nata dall’unione della radice wiki al suffisso pedia (da enciclopedia).

Etimologicamente, Wikipedia significa “cultura veloce”, dal termine hawaiano wiki (veloce), con l’aggiunta del suffisso -pedia (dal greco antico παιδεία, paideia, formazione). Con più di 55 milioni di voci in oltre 300 lingue,[2] è l’enciclopedia più grande mai scritta,[3] è tra i dieci siti web più visitati al mondo[4] e costituisce la maggiore e più consultata opera di riferimento generalista su Internet.” (https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia)

Wikipedia dunque compie vent’anni. 

Vent’anni in cui lo scenario culturale globale è progressivamente ed inesorabilmente mutato, o forse stravolto sarebbe il termine più esatto; una grossa responsabilità è da attribuire proprio alla cosiddetta cultura partecipativa, di cui Wikipedia è il simbolo. 

Quindi non sono qui per celebrarne il successo, né per riconoscere le pur lodevoli intenzioni dei suoi fondatori; io vedo invece in Wikipedia un grave pericolo per la conoscenza. 

Pensate che esageri?

La questione fondamentale che coinvolge gli intenti stessi dei fondatori di Wikipedia è questa: può la conoscenza essere democratica? Ovvero: deve essere libera la divulgazione di contenuti informativi al di fuori di una revisione paritaria (peer review) che invece fino a ieri era la premessa imprescindibile di qualsiasi pubblicazione che offrisse al pubblico l’accesso al ‘sapere’? Ma, infine, è davvero importante essere certi della fondatezza di ogni informazione contenuta nelle voci di Wikipedia?

L’enciclopedia libera on line ha un duplice meccanismo: da un lato il contributo che ciascuno può liberamente dare alla compilazione delle voci, dall’altro il meccanismo di fruizione dei contenuti. 

Partirei da quest’ultimo scenario di cui tutti siamo gli attori, quotidianamente. Di solito, quando siamo alla ricerca di una qualsiasi informazione, ne abbiamo bisogno molto velocemente, come d’abitudine soprattuto da quando i social media hanno un peso così determinante nelle nostre vite. E la ricerca spesso è superficiale, generica, non abbiamo voglia di perdere troppo tempo: ecco perché wiki è il prefisso più azzeccato. Siamo curiosi, e magari vogliamo impressionare i partecipanti ad uno scambio di opinioni in rete, far sapere a tutti che noi ‘sappiamo’, non siamo mica degli sprovveduti! Se facciamo come l’87% degli utenti di Internet utilizzeremo uno dei giganti monopolistici globali: il motore di ricerca Google, e la prima voce che sortisce è quasi sempre quella di Wikipedia. 

Lo so, lo so che anche voi come me appartenete invece alla ristretta cerchia dei raffinati intellettuali, e soprattutto siete persone di intelligenza e cultura superiori alla media (altrimenti non leggereste gli articoli di Hic Rhodus!). Quindi, come me, non vi fermate alla prima occorrenza e proseguite per consultare voci più autorevoli, provenienti da siti maggiormente affidabili. 

A meno che però non si tratti di questioni di scarsa importanza, del tipo: come si chiama quell’attrice che ha vinto l’Oscar con quel film… (ce l’ho sulla punta della lingua) oppure: che cosa vuol dire rendering? In che anno è morto Michael Jackson? Quante volte si è sposata Elisabeth Taylor? Allora anche Wikipedia va bene, mica ci devo scrivere una tesi di laurea su queste bazzecole, o no? (anche se ultimamente su quest’ultimo punto non sarei così categorica).

Tuttavia la maggioranza degli utenti della rete in cerca di informazioni attinge da questa fonte di acquisizione per qualsiasi tipo di dati, anche per scopi non effimeri; è una legittimazione a tutti i livelli, dato che Wikipedia viene citata come fonte anche da docenti universitari, divulgatori, giornalisti, opinionisti ed editorialisti di fama.

Non c’è necessariamente un motivo razionale che spinga a fidarsi dell’informazione veicolata da Wikipedia: è la mancanza di tempo, la nostra pigrizia, una scarsa propensione a controllare sempre ciò che stiamo leggendo e soprattutto verificarne le fonti, o semplicemente l’abitudine, la superficialità del nostro agire in rete e sui social. Poiché, lo sappiamo, il navigatore medio del web è fondamentalmente poco accurato, di scarsa cultura, a volte proprio un analfabeta di ritorno, preoccupato più di scrivere per esprimere se stesso piuttosto che leggere e valutare anche le opinioni altrui. Il rigore del metodo di ricerca? Oltre a non averne forse mai acquisito uno, di metodo, non è certo che questo sia considerato una priorità. E poi, vuoi mettere la comodità di sfogliare un’enciclopedia ‘universale’ con un comodo click, senza per forza doverne acquistare una in 16 volumi (“che poi, dove li metto tutti quei volumi, e il costo, e gli aggiornamenti che dovrei comprare periodicamente, signora mia?!?”)

Inoltre nessuna enciclopedia, per quanto ricca ed approfondita, mi potrà mai dire tutto, ma proprio tutto, su qualsivoglia argomento: dal vaccino a DNA ricombinante alla Fiera Campionaria Mondiale del Peperoncino di Rieti (la rilevanza enciclopedica di questa voce è stata tuttavia messa in dubbio e segnalata agli amministratori, poco più di un centinaio di volontari di cui potete controllare i profili qui, che si occupano di verificare le voci dell’enciclopedia).

Importa veramente a qualcuno che il contenuto sia esatto, attendibile, affidabile? 

Ecco il punto che mi ha portato all’affermazione iniziale di questo mio articolo: della validità dei contenuti interessa davvero a pochi.

L’informazione deve essere immediata, facilmente e velocemente reperibile, disponibile sempre.

Da anni nel mio lavoro di docente metto in guardia gli allievi dalle insidie che si celano dietro alla praticità di consultazione ed estrema ricchezza di contenuti resi disponibili dall’enciclopedia libera. Potrei fornire esempi a bizzeffe di errori marchiani o di semplici inesattezze, più o meno gravi a seconda dei punti di vista e dell’utilizzo che se ne fa; a volte queste inesattezze vengono corrette successivamente da altri utenti, ma c’è pur sempre una finestra temporale in cui il dato, proprio perché è consentito a chiunque il contributo alla compilazione, resta disponibile prima di una eventuale revisione, che a volte tuttavia non avviene mai.

Mi si obietterà: ma perché allora, quando trovi gli errori, non li correggi tu per prima? Perché non avrebbe alcun senso a mio parere rimediare con la classica pezzetta all’errore di fondo che ha fatto sì che questo strumento, lodevolissimo nelle intenzioni ma pessimo nell’attuazione pratica, sia divenuto lo strumento primario di quello che io definisco un attacco alla conoscenza e alla possibilità per chiunque di accedervi e di ottenere un’informazione accurata. Il tentativo di rendere il numero più alto possibile di contenuti disponibile al più alto numero di utenti, si scontra con il fatto che chi dà il proprio contributo non sempre ne è all’altezza.

Ovviamente è la gratuità l’aspetto determinante: il contributo è volontario, Wikipedia è gratis perché non si potrebbe mai permettere l’opera di revisione che difficilmente qualcuno fornirebbe gratuitamente. Anche se credo si potrebbe proporre una qualche forma di riconoscimento, almeno formale, che spinga dei veri esperti a fornire il proprio contributo a fronte di un encomio pubblico, non privo di una certa dote in termini di notorietà e riconoscenza (che, a volte, paga anch’essa).

Bisogna riconoscere pure che moltissime delle voci di Wikipedia, soprattutto nei settori tecnico e scientifico, a detta degli esperti pare siano attendibili e sostenute da una bibliografia adeguata. Ribadisco: a detta degli esperti, per quanto nulla di ufficiale ci aiuti a distinguere quali voci, appartenenti a quali settori, godano di tale privilegio. Inoltre non è trascurabile il problema della lingua: molte voci, proprio perché redatte da ‘esperti’ in materia e non da divulgatori esperti in comunicazione e linguaggio, lungi dall’essere accessibili ad un vasto pubblico, risultano di difficile comprensione  o a causa di errori grammaticali o perché di livello estremamente specialistico.

Anche il problema delle edit war (o guerre di modifiche) è interessante: ci sono vere e proprie schermaglie a colpi di correzioni dettate da opinioni differenti, solitamente su temi abbastanza controversi, che vengono segnalate agli amministratori i quali possono anche ‘proteggere’ le voci bloccandone l’accesso a chiunque per un certo periodo, e ai duellanti per sempre.

Io credo piuttosto che Wikipedia, favorita dalla diffusione sempre più capillare di Internet, abbia posto le basi per l’infiltrarsi tra il ‘Sapere autentico’ di una conoscenza approssimativa, imprecisa, francamente cialtrona; con la convinzione diffusa, tuttavia, che si tratti di una comodissima fonte di informazioni del tutto affidabile, ma soprattutto democratica; e riguardo quest’ultimo tema si potrebbe ipotizzare che coloro che si affidano a Wikipedia per accedere alla conoscenza siano motivati, anche inconsciamente, da una sorta di rifiuto per una conoscenza percepita come ‘calata dall’alto’. Il tutto inserito in una generica diffidenza di stampo populista; sono gli stessi individui che sono invece indotti a considerare positivamente, a priori, ciò che proviene ‘dal basso’, nella cultura come in ogni altro aspetto della vita. L’università ‘della strada’ viene progressivamente affiancata dall’università di Wikipedia, la cui autorevolezza è sancita dalla democraticità della stessa fonte di conoscenza. Perché è tutta lì la rivoluzione culturale, trionfo del libero accesso, rivolta contro i poteri forti che oltre a “non dirci le cose come stanno veramente” vorrebbero pilotare le informazioni, a cui invece gli esseri umani hanno necessità di accedere liberamente.

Libertà.

È il concetto di libertà sul quale si fonda Wikipedia e la cultura che essa veicola. La libertà di chi vi contribuisce, di chi vi accede, di chi può modificare e correggere. Perciò: “basta criticare tutti gli svarioni che trovate su Wikipedia: correggeteli!”, così almeno affermano i creatori.

Il rischio è che la cultura diventi un marasma indecifrabile di paccottiglia senza alcun controllo, spesso anche in contraddizione con se stesso (una stessa voce di Wikipedia può presentarsi anche con tre diverse pagine).

Non vorrei esagerare e attribuire a Wikipedia anche la responsabilità dell’aumento di tuttologi del web, negazionisti, terrapiattisti, no-vax e complottisti vari, ma credo che anch’essa dia il suo contributo alla concezione, a mio parere molto pericolosa, che vede la produzione e l’accesso alla conoscenza ugualmente ‘liberi’ e fuori da ogni controllo. 

E questo semplicissimo meccanismo per cui ognuno può dare il proprio contributo, senza filtri, alla conoscenza, è un’arma a doppio taglio. 

Che la scienza non sia democratica è una delle affermazioni del momento, coniata proprio da chi si rende conto del pericolo insito nel presunto ‘diritto’ di replica che i cittadini si arrogano in tema di scienza. Ma scienza si può considerare qualsiasi ambito del sapere, della conoscenza. 

Da dove sbucano dunque i tuttologi, gli esperti di qualsiasi questione in qualsivoglia ambito? Sono tutti piccoli mostri partoriti da Wikipedia. Provocatoriamente vi invito ad un semplice esperimento: in una conversazione informale, senza smartphone a portata di mano o senza campo di ricezione, provatevi ad introdurre un argomento nuovo, insolito, che esuli dalle questioni di più stretta attualità: immagino che vedreste crearsi il vuoto attorno a voi, il totale disinteresse, l’apatia più sfacciata. Se non posso dire la mia, perché non ne so nulla, non vale davvero la pena parlarne.