La crisi di governo, le prossime elezioni, la formazione del Parlamento e del nuovo esecutivo si svolgono in un clima segnato da una vicenda senza precedenti. Mario Draghi è caduto perché i partiti della coalizione parlamentare hanno votato contro il patto stipulato all’atto della formazione del governo. Ciò è avvenuto dopo che Draghi, col suo prestigio e integrità, aveva assicurato all’Italia finanziamenti di straordinaria portata e un piano di riforme. I partiti si sono mossi contro di esse (una su tutte: la legge sulla concorrenza, che dovrebbe riguardare anche tassisti e balneari) per bloccarle e fermare così l’opera di riordinamento della finanza pubblica.
Stimolo alla rivolta è stata anzitutto l’impegno di colpire i privilegi dei ceti e delle categorie più protette e potenti. Il governo ha messo in discussione i centri dell’impiego posticci, ridotti a riserve clientelari. Ha rafforzato la supervisione e la trasparenza, colpendo i giri dei fondi neri. Ha inaugurato la riforma della giustizia, riordinato il catasto per battere l’evasione. Ha affermato l’affidabilità dell’Italia nelle relazioni internazionali. E’ intervenuto sulla circolazione del denaro, aspetto che colpisce direttamente le mafie.
La crisi ha generato confusione e frammentazione. Ha scatenato la lotta per il potere personale, senza visione del futuro, senza preoccuparsi dei debiti legati ai finanziamenti europei. La destra s’è mossa con astuzia, sfruttando la “giovane Meloni”, la sua coerenza nel rifiuto delle cariche e nel perseguimento delle proprie idee. Punta su di lei per giungere a una riforma costituzionale, alla democrazia guidata, alla Führerdemokratie. Il progetto di Meloni e della Destra sembra ricalcare la posizione di Trump, i privilegi esecutivi, invocando i quali Trump ha combinato disastri gravissimi. Con la riforma Meloni, il presidente sarebbe padrone del parlamento. Il diritto parlamentare, nato dalle grandi rivoluzioni costituzionali, sarebbe cancellato.
Giova ricordare i rapporti stretti di Fratelli dì Italia con Stephen Bannon, Un personaggio presente in varie vicende che, direttamente o indirettamente, hanno coinvolto la mafia internazionale. Bannon ha insegnato a Meloni e Salvini che in politica decide l’azione clamorosa e provocatrice, che rompa gli schemi — in qualche modo violenta. Nel luglio 2022 Bannon è stato giudicato colpevole di oltraggio al Congresso per aver rifiutato di testimoniare davanti alla commissione d’inchiesta sull’assalto del 6 gennaio 2020 a Capitol Hill.
La convinzione che l’Unione Europea sia stata imposta da un’élite globale che, per Bannon, è il potere occulto degli ebrei, corrisponde alla tesi che l’on. Meloni ha espresso apertamente nel congresso dei Conservatori Americani, in Florida. Presentata da personaggi minori del Partito Repubblicano, ha citato Roma antica, il tiranno Giulio Cesare, Shakespeare, la storia romana, per celebrare la lotta della tirannia contro le élites globali. Shakespeare sarebbe un vate della tirannia europea. Si apre una nuova pagina della critica letteraria.
E’ opportuno ricordare che Liliana Segre ha invitato Giorgia Meloni a cancellare la fiamma dal simbolo del partito. La fiamma era una decorazione che Mussolini concedeva solo ai suoi uomini e, forse, è il simbolo del partito fascista clandestino, nato fin dal 1943 con unità in tutta Italia.
Meloni, Salvini e altri non s’interrogano sul rinvio a giudizio di Trump — il loro gran maestro — per frode fiscale, per truffa allo stato, per un possibile progetto di rovesciare l’ordine costituzionale con la violenza. Non si stupiscono che alla richiesta del Parlamento e del Giudice di consegnare le sue carte fiscali abbia opposto il Quinto Emendamento: il silenzio. Nel 2016 Trump aveva attaccato i collaboratori di Hilary Clinton, che si erano appellati a quella norma, con queste parole: «La mafia si appella al Quinto emendamento, perché devi farlo se sei innocente?». Davanti al giudice, Trump l’ha invocato 440 volte.
La riforma della presidenza proposta dalla Destra in Italia renderebbe intoccabile il presidente, capo dello stato e del governo, espressione di una parte politica, protetto dai privilegi esecutivi, padrone dello stato. Un fascismo senza fascio. Meloni non ha bisogno della retorica mussoliniana delle camicie nere. Un fascismo senza fascio. La riforma di Meloni e Berlusconi avvicinerà l’Italia alla Botswana, retta da un presidente. Il capo dello stato non assicurerà più la divisione dei poteri.
Intanto, in America studiosi illustri hanno incontrato Biden per dirgli che la democrazia statunitense versa in una crisi gravissima.
Articolo scritto per Hic Rhodus da Carlo Rossetti. Già professore di sociologia generale a Parma, Fellow of the Royal Anthropological institute of Great Britain and Ireland, già research professor, Hebrew University, Lady Davis Fellow, honorary professor Nuremberg Universitet. M, SC. Sociology, London School of economics and Political science, Università di Londra.