Leggo vari articoli di questi giorni, critici sul governo Meloni (esercizio facile) e in particolare sulla stretta imposta in quattro e quattr’otto alla Corte dei Conti per non avere giudizi critici sulla gestione del PNRR. Ovviamente questa sorta di censura preventiva alla Corte è stata letta, dalle opposizioni, come un atto autoritario, e indubbiamente lo è, come appare autoritaria l’occupazione della RAI con la conseguente fuga di personalità dello spettacolo di fama, come, nei mesi passati, il decreto anti-rave (col divieto di raduni non autorizzati oltre le 50 persone), quelli anti-immigrazione, etc.
Sull’autoritarismo del governo Meloni si può leggere (fra il mare di articoli disponibili):
- Alessandra Algostino, Autoritarismo e allergia ai controlli, “il manifesto”, 3 giu 2023;
- Mattia Feltri, Caos e autoritarismo. Come Meloni pensa di eliminare i problemi a cazzotti, “HuffPost”, 3 giu 2023;
- Nicola Porro, Il “fascismo” non tira più: la sinistra s’inventa la “deriva autoritaria”, “nicolaporro.it”, 3 giu 2023 (quest’ultimo articolo stempera l’accusa di autoritarismo).
Accusa fra le accuse, quella di svuotare il parlamento dei suoi poteri con un decisionismo verticista sul quale, a dire il vero, ho memoria anche in epoca di governo “di sinistra”; questa accusa di bulimia decisionista trova poi facile alimento nell’ipotesi presidenzialista, che ancora non si sa bene cosa potrà essere ma che comunque, indubbiamente, anche nella formula proposta dai riformisti, che alla fine potrebbe essere quella accettata da Meloni, è senza ombra di dubbio una prospettiva decisionista, e latamente autoritaria se non ben bilanciata nei poteri e contro-poteri. Mi hanno colpito, qui, le parole di Libertà e Giustizia (movimento ovviamente contrario al presidenzialismo, premierato e altre alchimie del genere):
Sta a noi scegliere tra politica partecipativa e democrazia decidente (editoriale dell’8 mag 2023).
Non so bene dove vivano quei custodi della sacra Costituzione che già ampi danni hanno fatto in passato, ma più mi guardo in giro e meno “politica partecipativa” vedo; e non da oggi, con l’autoritaria Meloni al potere, ma da alcuni decenni, con la democratica sinistra assai spesso al potere. In questi 30 anni c’è stata una perversa convergenza fra partiti insofferenti al popolo, e popolo insofferente alla politica, che ha portato alla situazione attuale: partiti con pochi iscritti, elettori che non vanno a votare, sinistra senza idee che elegge segretaria una Schlein purchessia, destra senza idee votata – da chi è andato a votare – per una congerie di motivi sociologici, antropologici, psicologici, ma senza alcuna ragione politica.
Insomma, a me pare ancora una volta (ma quante volte l’abbiamo scritto, qui su HR?) che ci si affanni in una politica di piccolissimo cabotaggio, commentata da giornalisti in affanno di articoli e da politici di seconda fila, o ex politici (vedi intervista a Prodi sulla Stampa di qualche giorno fa) alla fiera delle vanità giornalistiche.
Più equilibrato mi pare Stefano Folli (Toccare la Corte dei Conti non è un crimine ma un errore politico), almeno laddove ricorda
La polemica sui poteri della Corte dei Conti ha fatto scattare l’allarme: dalla democrazia alla “democratura”, un misto di rispetto formale della volontà popolare e di spinta verso un autoritarismo di fondo. L’uso intensivo dei voti di fiducia in Parlamento non è di sicuro una novità, ma che sia l’esecutivo Meloni a farvi ricorso, dopo gli anni trascorsi (dall’opposizione) a stigmatizzarne l’abuso da parte dei governi di centrosinistra, la dice lunga su come gli argomenti si possono rivoltare come i vecchi soprabiti di una volta, a seconda delle esigenze.
Perché il punto è esattamente questo: dall’opposizione si strilla contro gli abusi di chi governa (l’ha fatto per un bel po’ Meloni, ora lo fa la “sinistra”), e una volta al governo, anziché governare si gestisce il potere (lo fa ora Meloni, l’hanno sempre fatto i governi “di sinistra”); poi ci sono, indubbiamente, lessici diversi, ma la grammatica è simile. Indicare il lessico, e trascurare la grammatica (fuori dalla metafora: criticare singoli atti, o discorsi, o atteggiamenti, e ignorare il disegno complessivo, la complessiva “cultura di governo”) è un segno di colossale miopia politica. Oppure di ipocrisia divenuta ormai strutturale, quasi un cliché, un gioco delle parti, una finzione.
Quindi dobbiamo smettere di preoccuparci? Al contrario! Non dovevamo smettere neppure quando Mani pulite ha distrutto il sistema politico all’epoca vigente; non dovevamo smettere quando Berlusconi scese, conseguentemente, in campo, quando la sinistra cercò di rincorrerlo sul campo giudiziario anziché su quello politico, quando il governo Prodi cambiò la Costituzione, peggiorandola drasticamente, a colpi di maggioranza (ma nessuno, da “sinistra”, protestò per il colpo di mano autoritario), quando i governi regionali si sono mangiati territorio e sanità (governi di destra ma anche di sinistra; gli orrori regionalisti non sono stati sufficientemente narrati, ma sono una componente fondamentale del declino del nostro Paese, un’opera in cui si sono dimostrati infaticabili i governi regionali di “sinistra”), quando il populismo ha dilagato e “la sinistra” ha iniziato la sua volgare dichiarazione d’amore a Conte e al M5S, movimento proto-fascista, qualunquista, statalista, opportunista.
Non so voi, ma io sono 30 anni che mi preoccupo, che mi affanno, e che sono deluso innanzitutto da questa sinistra che oltre a essere senza idee è fondamentalmente dirigista, che se ancora non è propriamente “autoritaria” ne è parente. L’idea che, essendo questa “sinistra”, a favore dei diritti Lgbtq, a favore dei migranti, a favore delle famiglie arcobaleno, e così via, ne consegua una sua liberalità, un posizionamento certamente anti-autoritario, è una pura ingenuità. Una colossale ingenuità. Perché può essere autoritario il divieto ai migranti di sbarcare, ma lo può essere altrettanto, ma diversamente, l’imposizione (al Paese) di accoglierli tutti; è autoritaria la politica discriminatoria verso gli omosessuali, ma lo può essere altrettanto, ma diversamente, l’imposizione di una cultura dove il genere diventa fastidio in sé; e le leggi – tutte stupidissime – contro reati inventati (reati stradali alla stregua di reati sessuali), tutti uguali di fronte al principio illogico e manettaro di inasprire le pene, sempre senza una riflessione sulle cause, e una conseguente azione politica e sociale su esse (per me, nel loro piccolo, queste sono norme autoritarie e illiberali).
Il punto, concludendo, è a mio avviso piuttosto semplice: per una varietà di cause, altre volte trattate in questo blog, la società – in tutto il pianeta – procede verso restrizioni di libertà individuali, verso restrizioni di libertà collettive e sociali, verso blocchi contrapposti permeati da culture e ideologie imposte dalle autorità (questo punto è fondamentale; prendete la guerra in Ucraina e le diverse narrazioni indotte in popoli diversi, a seconda se i regimi sono interessati o meno a una “vittoria” occidentale, se sono filo cinesi, se hanno interessi in Russia, in ogni caso senza alcun aggancio con la realtà della guerra sul campo, senza relazioni col diritto internazionale, senza contezza per le sofferenze patite).
Siamo tutti ciechi. Siamo tutti sordi. Non abbiamo più gli strumenti per capire il mondo, e i pochi sui quali contavamo ci vengono sottratti dalle tecnologie (per esempio è possibile falsificare i video in modo credibilissimo, come spiegò Ottonieri). Impediti nella comprensione ci affidiamo alle credenze (essere “di destra” o essere “di sinistra” così, come si può essere juventini o milanisti), ai luoghi comuni, agli stereotipi e soprattutto al pensiero dominante, o mainstream (i due termini non si equivalgono, lo so), agevolato, fortificato, alimentato dai social media, almeno per un giorno, che domani ce ne sarà disponibile un altro.
In questa temperie le idee sono sconfitte. Nessuno è interessato alle idee; sono faticose da produrre, e poi la gente si scoccia a doverle capire; meglio il tifo; meglio la rissa. Un po’ di autoritarismo, alla fin fine, è così rassicurante!
#nonomologatevi

