In questi giorni i mercati commerciali e finanziari sono in altalena, destabilizzati dalla guerra a colpi di dazi scatenata da Donald Trump contro Cina e Unione Europea. Di fatto, l’unica cosa certa è che in questa Guerra tutti ci rimetteranno (anzi, ci rimetteremo), a partire proprio dagli USA.
Ma c’è un’altra vittima dell’assurda politica commerciale statunitense, un paese che da solo non ha dimensioni confrontabili con UE o Cina, e che anzi normalmente fa proprio del rapporto privilegiato con gli USA il suo punto di forza: il Canada. Già, perché la destinazione di circa il 75% delle esportazioni canadesi sono gli USA, e una guerra commerciale con il colosso vicino di casa è qualcosa che il Canada proprio non può permettersi. Ma, in fondo, perché mai il Canada avrebbe dovuto temere una guerra commerciale con gli USA?
Non la temeva, infatti, finché Trump non è diventato presidente. Poi, però, hanno cominciato a suonare i campanelli d’allarme, che sono presto diventati sirene spiegate. Come spiega un articolo del New York Times, di fronte alla minaccia costituita dall’atteggiamento aggressivo e indiscriminato di Donald Trump verso i “partner” commerciali del suo paese, il Canada ha adottato un approccio riflessivo e moderato, tessendo una tela di utili relazioni, promuovendo l’abile e competente ministro del commercio con l’estero, Chrystia Freeland, a ministro degli Esteri, e ricorrendo anche alla vecchia conoscenza di Trump con Pierre Trudeau, il defunto padre dell’attuale Primo Ministro Justin e a sua volta Primo Ministro canadese intorno al 1980. Insomma, Trudeau e i suoi, fin dall’inizio della presidenza Trump, non hanno risparmiato studio, sforzi, lavoro per essere preparati al meglio a stabilire una relazione positiva con la nuova amministrazione USA.
Hanno fallito.
Non perché non fossero abbastanza preparati, anzi. Né perché le loro ragioni non fossero buone: se è vero che l’economia canadese dipende totalmente dal commercio con gli USA, è anche vero che il Canada è il primo partner commerciale degli stessi USA. Il guaio è che con uno come Trump prepararsi e avere buone ragioni serve poco.

In sintesi, Trump se ne frega. Se ne frega degli interessi economici degli alleati (e fin qui, c’era da attenderselo: America first!); se ne frega delle regole (scritte, e governate dal WTO) del libero mercato internazionale (e, anche qui, facciamo finta che non sia un problema); ma se ne frega anche degli interessi economici USA, e, in ultima analisi, se ne frega dei fatti, dei dati e in sostanza della realtà. Non solo non sa se gli USA abbiano un deficit o un avanzo commerciale verso il Canada, ma non gli interessa: lui ha apertamente affermato che non lo sa, ma anche che continuerà a dire che quel deficit esiste, e chi è abbastanza potente da impedirgli di mentire? Chi è in grado di impedirgli di instaurare una guerra di dazi con il Canada, oltre che con la Cina e l’UE? Nessuno, e infatti dal 1° giugno scorso gli USA impongono pesanti dazi su importazioni di acciaio e alluminio provenienti dal Canada.

Persino il pacifico Justin Trudeau, il simbolo della leadership ragionevole e moderata, ha perso la pazienza. Al termine del G7 ospitato appunto dal Canada, ha affermato con decisione: “noi canadesi siamo corretti, ragionevoli, ma non ci lasceremo maltrattare”, usando l’espressione push around, che indica un comportamento da bullo che prende gli altri a spintoni. Il Canada dal 1° luglio applica dazi “ritorsivi” alle merci USA, e ha presentato un ricorso al WTO contro la politica dei dazi statunitense, che Trudeau stesso ha definito “insultante”, perché, appunto per evitare sanzioni dal WTO, Trump ha dichiarato che i dazi sono stati decisi per ragioni di “sicurezza nazionale”. Ovviamente, una simile, indecente, affermazione ha provocato l’indignazione canadese, visto che il Canada ha combattuto da sempre fianco a fianco con gli USA in campi di battaglia in tutto il mondo. Come ha dichiarato la Freeland in un’intervista,
— Questa vicenda ha ferito i nostri sentimenti. Non riguarda solo il governo, è un sentimento di tutti i canadesi. Ho ricevuto centinaia di mail, e il sentimento che esprimono è che la gente non può credere che gli statunitensi ci abbiano fatto questo.
— Ma, Ministro, se il Canada non può fidarsi degli Stati Uniti, quale paese può?
— Gli statunitensi dovrebbero porsi questa domanda. È una buona domanda.
Ma la dignità, la ragionevolezza e l’unità nazionale (Trudeau e la Freeland guidano il cosiddetto Team Canada, con la partecipazione di tutti i governatori di province e territori canadesi) non sono un contrappeso sufficiente a bilanciare i rapporti di forza. Trudeau faccia quel che vuole, tanto Trump se ne frega; se il Premier canadese e il suo governo si preoccupano degli effetti di questa inutile controversia sull’economia del paese, Trump mostra il massimo disprezzo per l’economia reale, e si concentra solo sulla sua narrazione di come stia difendendo gli interessi USA contro tutti i paesi che, amici o no, sinora degli USA si sono biecamente approfittati. Fa ridere? Non tanto, se pensiamo che questa narrazione sta sostenendo una linea politica che ha un solo beneficiario al mondo, e cioè Donald Trump, o se ci chiediamo quali altre narrazioni ugualmente false sono credute e accettate dagli elettorati in giro per il mondo. Quindi, se non vi chiamate Donald Trump, aspettatevi guai da queste controversie commerciali, e consolatevi pensando che i canadesi stanno peggio di voi. O forse no.