RIP Stan Lee, e grazie

Pochi giorni fa, a quasi 96 anni, è morto Stanley Martin Lieber, universalmente noto come Stan Lee. Se non lo conoscete, vi basti sapere che dei dieci film che hanno incassato di più nella storia del cinema ben quattro sono basati sui “suoi” personaggi: i supereroi della Marvel, un universo editoriale che deve la sua esistenza al “sorridente Stan” e che ha come atto di nascita l’albo a fumetti del novembre 1961 in cui fecero la loro prima comparsa i Fantastici Quattro, la prima invenzione della coppia creativa composta da Stan Lee e dal leggendario disegnatore Jack Kirby (il contributo di Kirby, Steve Ditko e altri disegnatori alle storie Marvel fu enorme, e a volte troppo poco sottolineato: quanto in questo post attribuisco a Lee è altrettanto validamente dedicato al loro ricordo).

Se vi sembra che i fumetti dei supereroi siano un argomento un po’ troppo frivolo per Hic Rhodus forse avete ragione, ma da vecchio appassionato del genere tenterò di farvi cambiare idea. Naturalmente, vale appena la pena di sottolineare il successo planetario dei personaggi dei supereroi: quelli creati da Stan Lee (che includono l’Uomo Ragno*, i Vendicatori, gli X-Men, Hulk e molti altri) non sono stati i primi, visto che fin dal 1938, con la prima apparizione di Superman, fu creato il primo di una serie di personaggi (Batman, Robin, Flash, Capitan America e molti altri) che hanno caratterizzato la cosiddetta Golden Age dei fumetti. Quella segnata dalla nascita dell’Universo Marvel è stata invece poi battezzata la Silver Age, nella quale, in larga misura grazie all’inesauribile inventiva di Stan Lee, il mondo dei supereroi è drasticamente cambiato, introducendo eroi più giovani, spesso adolescenti come l’Uomo Ragno e gli X-Men, con personalità ricche di contraddizioni, insicurezze e problemi. La differenza tra i problemi quotidiani del giovanissimo Peter Parker, alter ego dell’Uomo Ragno, e l’asettica vita privata di Clark Kent non avrebbe potuto essere più netta, e rappresentò una delle chiavi dell’enorme successo della Marvel.

Ma perché i supereroi hanno tanto successo? E, innanzitutto, quali sono i “connotati” tipici di un supereroe? Ovviamente non tutti i Supereroi corrispondono a uno stesso stereotipo, ma in maggioranza essi condividono alcune caratteristiche chiave:

  • Il Supereroe è Buono, anzi è, appunto, un Eroe. In linea generale, si batte contro il Male in difesa dei deboli senza pensare al proprio interesse personale.
  • Il Supereroe ha dei Poteri, che lo mettono in grado di compiere imprese sovrumane.
  • Il Supereroe ha un’Immagine specifica, che lo rende riconoscibile.
  • Il Supereroe ha un’Identità Segreta, ossia un alter ego “normale” con una vita parallela a quella “super”. Diversi eroi non hanno un’identità segreta (un esempio sono i Fantastici Quattro), ma l’identità segreta è una caratteristica importante, perché consente all’eroe di avere una vita privata.
  • Il Supereroe ha degli Arcinemici, talvolta dotati di caratteristiche speculari, che ne rappresentano la Nemesi e che ne conoscono le debolezze.
  • Infine, il Supereroe ha una Motivazione, che spiega perché passa le serate a fare a botte con rapinatori e affini anziché guardare il calcio in TV. Spesso, si tratta di un obbligo morale derivante da una tragedia familiare o personale.

Ebbene, queste caratteristiche non sono casuali. Un esempio arcaico di personaggio dotato di alcune di esse è l’Eroe o Semidio della mitologia greca o latina. Se prendiamo in considerazione un Ercole, tanto per dire, è facile vedere che ha molte somiglianze con un Superman. Eppure, i Supereroi sono emotivamente molto più efficaci di un Semidio, proprio perché loro sono “anche” persone normali, e questo consente al lettore di identificarsi con loro. E i supereroi della Silver Age sono persone davvero normali, addirittura ragazzi, con una vita privata importante narrativamente quanto le loro imprese. Sono, come è stato detto, “supereroi con superproblemi”.

Proviamo a prendere forse il più celebre tra loro, l’Uomo Ragno: un Supereroe come l’Uomo Ragno rappresenta la fusione di almeno due diversi archetipi narrativi che potrei chiamare l’Eroe Sovrumano e la Forza Animale.

Entrambi questi tipi hanno una connotazione ambivalente. L’Eroe ha una connotazione prevalentemente positiva, in quanto è inequivocabilmente schierato col Bene, ma il suo potere e il fatto di agire in base a una Motivazione individuale (e non, ad esempio, perché parte delle ordinarie forze di polizia) lo rendono inquietante e incontrollabile per l’uomo qualsiasi. Al contrario, la Forza Animale ha una connotazione prevalentemente oscura, specie se (come spesso capita) l’Animale simbolo dell’Eroe è un animale che ancestralmente incute timore o ribrezzo, ma può essere messa al servizio del Bene. Il Supereroe, quindi, è un personaggio che somma in sé diversi tipi, ereditandone gli aspetti luminosi e oscuri; è quindi per definizione un essere composito e plurivalente, collegato fortemente a simboli e concetti primordiali e profondamente evocativi.

Ma l’elemento che forse rende così interessanti i Supereroi è il fatto che abbiano un’identità segreta. Superficialmente, si tratta di un espediente narrativo, che consente di affiancare alle vicende “eroiche” del personaggio una vita normale, in genere complicata dalla convivenza con i “superproblemi” del Supereroe. Più profondamente, dare al Supereroe un’identità segreta rende possibile l’identificazione del lettore con il protagonista.

Il lettore dei fumetti dei Supereroi non è semplicemente spettatore delle lotte e delle vittorie del suo eroe. Il lettore assimila l’idea inconscia che, come Peter Parker ha dentro di sé i connotati del Ragno pronti a emergere, che devono essere disciplinati e orientati al bene, anche ciascuno di noi ha dentro di sé il Potere dell’Eroe e la sua dimensione oscura, simboleggiata dall’Animale Eponimo. Leggere i fumetti dei Supereroi ci ripropone il dilemma esistenziale di come usare le nostre potenzialità inespresse: ognuno di noi ha dentro di sé l’Eroe e il Bruto, e ha la responsabilità di incanalarne le energie verso l’affermazione dei valori motivazionali di base che ci identificano come individui (ecco perché la Motivazione del Supereroe è così importante).

Il motto dell’Uomo Ragno è “da un grande potere derivano grandi responsabilità”; ma il messaggio profondo dei Supereroi è che tutti noi abbiamo un grande potere, e la responsabilità di utilizzarlo al meglio.

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Tutto questo è farina del sacco di Stan Lee? Certamente no, e non è neanche detto che creando il suo universo di personaggi avesse un intento tanto ambizioso. Ma una narrativa efficace ha questo potere, e per esemplificarlo vorrei ricorrere a un episodio di cui ho già parlato altrove: la storia di Riquelme dos Santos, un bambino brasiliano che nel 2007, a cinque anni, si accorse che era scoppiato un incendio nella casa vicina, dove vivevano una bimba di un anno e sua nonna. La bimba era imprigionata dal fuoco, e la nonna non era in grado di salvarla; ma Riquelme per il compleanno da poco trascorso aveva ricevuto in regalo un costume da Uomo Ragno. L’indossò, corse alla casa accanto, e trasse in salvo la piccola vicina [come sempre, su Internet ci sono diverse varianti della storia, ma il salvataggio e il costume sono in tutte quelle che ho letto].

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Riquelme dopo il salvataggio

Ecco, senza Stan Lee penso proprio che quella bambina sarebbe morta, e che Riquelme saprebbe qualcosa di meno su se stesso. Anche per questo penso che Stan meriti il saluto affettuoso e grato che tanti in questi giorni gli stanno tributando.

*Nota: nessuna forza umana potrà convincermi a chiamare l’Uomo Ragno “Spiderman” o i Vendicatori “Avengers”. È come se per ragioni di merchandising si volesse obbligare tutti a dire “Hamlet” anziché Amleto.