Come abbiamo anticipato nei post precedenti di questa settimana, oggi ospitiamo un’intervista con Davide F. Jabes, coautore del libro Aircraft carrier Impero assieme a Stefano Sappino, che ha a lungo collaborato con Hic Rhodus con lo pseudonimo di SignorSpok. Stefano è purtroppo venuto a mancare il 13/3/2018, dopo aver combattuto con lucidità e fermezza una grave malattia, e per questo, a un anno di distanza, abbiamo voluto ricordarlo.
1) Davide, puoi riassumere in poche parole l’argomento e il contenuto di Impero?
Il libro è una storia dello sviluppo degli studi e dei piani sulle portaerei italiane fino al secondo conflitto mondiale e sull’inedita e non realizzata trasformazione della corazzata Impero in portaerei di squadra. In particolare lo spunto per questo nuovo studio viene dal rinvenimento dell’archivio personale dell’ing. Campagnoli dell’Ansaldo, dove si documenta per la prima volta l’impiego di armi come le V1 imbarcate, del jumper per il decollo e la reintroduzione della prua a bulbo progettata per le corazzate classe Vittorio Veneto.
2) Come è nata l’idea della collaborazione con Stefano? Tu sei uno studioso mentre lui era un appassionato, come avete avuto modo di conoscervi e di sviluppare l’idea del libro? E avete pensato subito di pubblicarlo in inglese?
Il merito non è nostro, quanto di un nipote dell’ingegner Campagnoli che è stato il vero artefice del progetto. A lui, che non desidera essere citato, sono riconoscente per la bella avventura editoriale e per avermi fatto conoscere Stefano. Per quanto riguarda l’adozione della lingua inglese, anche se mi attribuisco la paternità dell’idea, debbo riconoscere che sia Stefano che i parenti di Campagnoli accettarono con entusiasmo l’idea che la storia della portaerei mai realizzata fosse letta non solo in Italia ma anche all’estero.
3) Cosa rende il tema scelto per il libro, ossia la possibile ma mancata costruzione di una portaerei italiana negli anni della Seconda Guerra Mondiale, particolarmente interessante, anche per un pubblico di non specialisti? Quali novità propone invece ai tuoi colleghi?
La nuova documentazione rivela il progetto di trasformazione di una delle quattro corazzate classe Vittorio Veneto, la RN Impero. Tale unità era in uno stato di avanzato approntamento per le sole componenti dello scafo e motori. Nel periodo 1941-43 si susseguono una serie di progetti per la sua conversione in portaerei che prevedono tra l’altro la sistemazione per l’imbarco di Fi-103 (le V1 tedesche). Successivamente le V1 furono rimosse dai piani costruttivi per far posto al jumper, il materiale segreto acquisito dalla Ansaldo, e successivamente i primi risultati operativi indicarono con sufficiente chiarezza l’inadeguatezza dei vettori: complessità e pericolosità dello stivaggio e decollo, raggio d’azione limitato e imprecisione sull’obiettivo. Altra novità è la presenza nel progetto della portaerei di disegni delle armi antinave (DAAC) progettate dall’ingegner Campini.
4) In cosa hai trovato speciale la collaborazione con Stefano? Quali punti di vista, metodi, background culturali e personali avete portato in questo lavoro, e come si sono integrati o magari anche scontrati?
Abbiamo passato un anno a “litigare”, sebbene il suo bersaglio preferito fosse lo storico navale Fabio De Ninno. Dopo i primi tempi abbiamo fatto ricerca e scritto divertendoci e condividendo quasi tutto il lavoro svolto assieme. Stefano è responsabile di tutta la parte tecnica e nella sua parte storica ci sono dei miei testi ma non si nota la differenza nella lettura. Non sembrano affatto assemblati, la nostra collaborazione funzionava davvero. Ovviamente per il lavoro su di un progetto di una portaerei la preparazione di Stefano faceva la differenza: non solo era un brillante ingegnere ma posso affermare che, per la sua passione e costanza nello studio della materia, fosse uno dei maggiori esperti mondiali di navi del ventesimo secolo progettate e mai costruite (le never were ships sono un settore a parte della Storia navale nel mondo anglosassone). Inoltre la sua carriera l’aveva portato a dirigere importanti divisioni del settore pubblico e a comprendere profondamente, pur rigettandole quasi interamente, molte delle dinamiche di potere che girano intorno ai consigli di amministrazione in Italia. In particolare mi è sembrato comprendesse molto bene quel concetto che negli studi sul Terzo Reich e Hitler è stato definito: “andare incontro al führer” e che nel caso del nostro libro dovrebbe diventare “andare incontro al duce”. Accogliere dunque i desiderata di Mussolini e spesso anticiparli per il mantenimento del proprio spazio di potere. Anche perché, nonostante le differenze tra i due dittatori, (e qui faccio mie le parole dello storico De Grand) “i sistemi creati da Mussolini e Hitler furono fondamentalmente simili. Nelle due dittature, il potere non ebbe mai un andamento orizzontale; tutti i rapporti ufficiali furono bilaterali o diretti verticalmente attraverso la persona del duce o del führer, che si riservavano l’ultima parola su tutte le questioni importanti”.
5) Quale caratteristica di Stefano ti ha colpito di più, conoscendolo e lavorando insieme a lui?
Ci sono diverse persone di talento nel nostro campo e lui sicuramente era fra queste ma le sue doti più importanti erano l’estrema correttezza e la sua sincera passione per la Storia navale. Potevo parlare con lui per ore senza mai annoiarmi e al contempo rimanevo affascinato dal suo eloquio garbato e mai volgare; anzi lo prendevo in giro definendolo un gentiluomo degli anni 30, quasi un personaggio del periodo cinematografico dei telefoni bianchi. Impossibile non portare con me il suo ricordo, ho sofferto molto per la sua perdita.
6) Quale “lezione” potremmo trarre dal libro, magari anche non strettamente in ambito militare? A chi consiglieresti di leggerlo, e perché?
Vorrei sottolineare un aspetto non solo militare: in Italia i talenti e le buone idee venivano e vengono tuttora soffocati. Soprattutto il “sistema” che ad oggi immobilizza il paese allo stesso tempo impedisce il concentramento delle nostre risorse intellettuali e materiali e le disperde in iniziative che servono a poco o a nulla, costringendo le menti più brillanti a lavorare all’estero (per citare un caso legato al nostro libro, mi viene in mente l’ingegner Secondo Campini, il progettista del primo aereo a reazione in Italia e terzo nel mondo). Il nostro libro non rappresenta una lettura facile ma credo possa interessare a molti, proprio per la chiave di lettura inusuale rispetto a un problema tanto comune, qual è quello della difficoltà di far affermare il merito in Italia.
Stefano Sappino è nato a Roma il 14/1/1959. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato in ingegneria meccanica presso l’Università La Sapienza di Roma. Appassionato di informatica, ha lavorato sia come imprenditore in proprio, sia rivestendo posizioni direzionali in grandi aziende, sia come consulente strategico. Oltre alle attività lavorative legate al mondo dell’informatica, ha avuto vari interessi, da figura poliedrica qual era. Sin da bambino, ha avuto una grande capacità di lettura divorando notevoli quantità di libri dei più vari argomenti. Verne e, soprattutto, Salgari, di cui ha letto tutti i suoi libri, erano gli autori preferiti da ragazzo, sviluppando, poi, una particolare predilezione per i libri di fantascienza, oltre che per i libri di storia. Ha avuto tante altre passioni, che ha sempre coltivato in tutta la sua vita: andare in bicicletta, giocare a tennis e sciare, la filosofia della scienza, la musica classica, scrivere, viaggiare, costruire modellini di navi, in particolare, relativi alla Seconda guerra mondiale e, soprattutto, lo studio della storia navale, che lo ha portato a dotarsi di una propria biblioteca personale di notevoli dimensioni. Emblematico è il sito “Battleships & Knights” che aveva creato (https://stefsap.wordpress.com) dedicato alla storia navale e ai modellini navali. In questo sito così si descrive: “I miei interessi spaziano dalla storia, alla fisica e alla cosmologia, alla logica e all’epistemologia, alla biologia per quanto interessi la mente, ad un po’ di economia. La storia navale è un interesse di lunga data (avevo 10 anni quando è iniziato) così come i modelli delle navi da guerra. Quasi dimenticavo. Sono un ingegnere meccanico, ma quando ero giovane e inesperto sono stato preso dal lato oscuro dell’industria ICT… “.
Davide F. Jabes ha ottenuto un PhD in Storia presso l’Università di York (UK). Jabes ha lavorato come consulente e ricercatore in Storia Moderna all’Università di Siena, in altri enti di ricerca e in numerose case editrici. Ha anche scritto un libro sui militari italiani nella Seconda Guerra Mondiale.