Entro il prossimo anno verranno prodotti 44 zettabyte di dati (o 44 miliardi di terabyte) e ogni attività quotidiana sarà guidata dalle informazioni e dai dati a disposizione. (fonte)
Arriva il 5G, la banda ultraveloce che non potenzia semplicemente l’Internet che già conosciamo, ma che promette di fare meraviglie in molteplici campi tecnologici. La sperimentazione è già cominciata nel 2019 in diverse città italiane e si prometteva la nuova connessione per il 2020 (QUI gli euforici annunci di Agenda Digitale) senonché il virus, probabilmente, farà tardare un po’. Intanto, come molti lettori sapranno, c’è una montagna di polemiche e di resistenze, da parte di medici, di politici, di piccole comunità coinvolte – non volenti – nella sperimentazione. Accade insomma, una volta ancora, e ancora, e ancora, quello che si vede da tre secoli, dall’introduzione dei telai in Gran Bretagna: nuova tecnologia = nuove proteste. Vuoi perché queste tecnologie portano via il lavoro (dai telai ai robot) vuoi perché ci fanno ammalare, e le resistenze verso il 5G sono di questo secondo tipo, tanto da iniziare a generare sabotaggi e fake news al limite del ridicolo, come il fatto che il coronavirus sarebbe una conseguenza del 5G.
Come vedete dalla figura, le antenne 5G sono già ampiamente dispiegate nella nostra penisola; se volete sapere come sono messe le cose da voi potete cliccare su QUESTO sito.

La mappa vi mostra chiaramente che per eventuali proteste siamo in estremo ritardo: siamo già a uno stadio avanzato di infrastrutturazione dalla quale credo impossibile tornare indietro. Ma non si tornerà indietro anche e soprattutto per una ragione molto semplice: nel mondo (quello che può piacervi o non piacervi, del liberismo, dei grandi potentati finanziari e industriali, degli uomini truci con due dita di pelo sullo stomaco) si sta giocando, sul 5G, una partita enorme.
Il fatto è che noi persone comuni tendiamo a banalizzare la questione legandola al nostro smartphone: andrà più veloce? Che bello! Ma è potenzialmente pericoloso? Speriamo di no! In realtà il 5G, oltre che naturalmente evolvere i nostri smartphone (e già questo è un business straordinario), riguarda il cosiddetto “Internet delle cose” (per noi profani: i robot, l’intelligenza artificiale, fossero anche solo declinate in un tostapane “intelligente” che non vi brucia le fette):
Il 5G rappresenta la rete di connessione della “quarta rivoluzione industriale”. Grazie alla maggior ampiezza di banda, il 5G permette di fare leva su una velocità di trasmissione dati senza precedenti, con un consumo di energia significativamente inferiore. Si espanderanno, quindi, nuove tecnologie che hanno bisogno di sfruttare un’alta velocità di trasmissione di grandi volumi di dati. (fonte)
Insomma: tutte le tecnologie, inclusa quella militare, e il bene primario di questo Terzo Millennio: le informazioni. Questo vi fa comprendere bene perché la Cina abbia investito enormemente sul 5G, e perché gli Stati Uniti siano piuttosto nervosi al riguardo.
Vi pare che in questa ennesima corsa testosteronica a una qualche egemonia mondiale si possa mettere in discussione in 5G? Vi rispondo io: NO, non si può. Cioè: certo che si può, siamo in democrazia, diamine! Noi cittadini possiamo dire tutto quello che ci pare, poi le cose vanno comunque come devono andare, a prescindere.
Io vorrei ricondurre la discussione a due elementi basilari: la salute e i modelli di sviluppo. Sul primo, come già accennato, si sprecano le proteste. Il fatto è che potete trovare autorevolissimi pareri che affermano che sì, il 5G fa malissimo, e altrettanti pareri, ugualmente autorevoli, che affermano che quanto meno non si sa; non si può dire… Nelle Risorse finali vi ho segnalato un po’ di articoli ben scritti e molto rappresentativi del dibattito. La mia personale conclusione, leggendo tutta questa documentazione, è che quanto meno il danno umano dovuto dal 5G è opinabile, e che chi dichiara con eccessiva sicumera il contrario forse è animato da intenzioni buone ma eccessivamente ideologiche. Che poi – non è un ragionamento corretto, lo so – fanno male le sigarette, il vino, la benzina, il Co2, lo stress metropolitano, le carni rosse, il poco moto, il troppo moto… Ecco, mi pare che siamo su quest’ordine di cose: viviamo in una società dove ci fa male tutto ma campiamo in media 90 anni, mentre i nostri bisnonni vivevano in un mondo sanissimo e morivano a 60. Se il ragionamento non vi è piaciuto ve ne faccio un altro: per sapere con assoluta certezza se il 5G fa male, e quanto, occorrerebbero anni di esperimenti costosi tenendo nel frattempo la tecnologia a bagnomaria. Supponiamo di essere una democrazia talmente matura da riuscire a far prevalere questo principio di prudenza. Quando, fra diciamo 5-8 anni, avremmo una risposta definitiva in merito, in Cina e altrove saranno già al 6G, o 7G, e noi saremmo sostanzialmente i Neanderthal soppiantati dal Sapiens tecnologico.
Direte: bel ragionamento! Dobbiamo forse morire per far ingrassare Huawei? No. O forse sì. Non dipende da noi. In ogni caso non moriremo di 5G, e il problema si sposta appunto su un altro tema: i modelli di sviluppo planetari, quelli cattivi, liberisti, affaristi, plutocapitalisti, da burocrati cinesi fedeli al partito, mafiosi russi e finanzieri di Wall Street, per capirci.
Nessuno di noi ama i burocrati cinesi, men che meno i mafiosi russi, ma vi prego di pensare, con lievità e sincerità: ma un bell’Internet che viaggia 10 volte più veloce, lo disdegnerete? Il salotto che si illumina da solo e vi saluta al rientro in casa con un bel “Ciao Claudio, ben tornato, vuoi che ti prepari il tuo solito Martini?” L’automobile che fa tutto da sola, inquina meno (dice lei) ed è ipersicura? Le banche più funzionali? I certificati del Comune in tre secondi sul telefonino con due click? La sicurezza contro i furfanti perché i dati corrono in tempo reale e il riconoscimento facciale darà l’allarme un nanosecondo dopo averli inquadrati? Insomma: Tutti vogliamo un mondo verde e pulito, ma d’Estate accendiamo i condizionatori. Siamo un mucchio di ipocriti ecologisti da quattro soldi, siamo anticapitalisti con tre cuscini sotto il culo, siamo terzomondisti con le nostre scorie in Africa, siamo benpensanti utili solo per Facebook.
Conclusione: da quello che ho capito non si morirà di onde maligne scatenate dal 5G; mentre potrebbe essere assai più probabile morire per uno scontro globale su chi imporrà le proprie reti nel mondo, di fatto controllandolo.

Quindi: benvenuto, maledetto 5G!
Risorse:
- Massimiliano Di Marco, Il 5G fa male alla salute? Le 11 risposte per fare chiarezza, “Digital Day”, 19 dic 2029 (molto completo e chiaro dal punto di vista tecnico. Rassicurante, sostiene – e spiega – che il 5G non fa male);
- Stefania Villa, 5G: che cos’è e perché non c’è da allarmarsi, “Altroconsumo”, 9 apr 2020 (meno dettagliato del precedente ma ugualmente rassicurante e di fonte sufficientemente credibile);
- L’oncologa Patrizia Gentilini: «5G, troppi rischi. Occorre una moratoria», “Pressenza”, 28 ott 2019 (catastrofismo allo stato puro ma, certo, è un’oncologa che parla…)
- L. Falcioni e altri, Report of final results regarding brain and heart tumors in Sprague-Dawley rats exposed from prenatal life until natural death to mobile phone radiofrequency field representative of a 1.8 GHz GSM base station environmental emission, “Environmental research”, vol. 165, August 2018, pp. 496-503 (importantissimo e molto citato studio dell’Istituto Ramazzini sulla dannosità delle radiofrequenze; QUI una breve sintesi in italiano; QUI un articolo divulgativo sulla rivista dell’Istituto);
- Fabio Di Todaro, Cellulari, radiofrequenze e salute: che cosa sappiamo?, “Fondazione Umberto Veronesi – Magazine”, 9 dic 2019 (molto cauto; sostanzialmente afferma che una certezza definitiva sui danni delle onde elettromagnetiche non esiste);
- Francesco Frigerio,https://www.fisicamedica.it/fisico-medico-risponde/radiazioni-non-ionizzanti (I fisici medici sono molto critici verso l’uso non corretto di dati; sono cauti e relativamente scettici sulla presunta dannosità delle onde incriminate; in QUESTO articolo, per esempio, si critica lo studio Ramazzini).