Per quello che valgono le indiscrezioni politiche, e per quello che conta leggerle sulla mediocre stampa italiana, l’ultima riguarda il rilancio oltre il 2022 del sodalizio 5 Stelle – PD, con Conte garante, Grillo trionfante e il PD… boh… il PD gregario e portatore di equilibri decenti e istituzionali. Ne parla Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera e benché, a mio modesto avviso, notiziola di poco conto visto il contesto, un bel fondo di attendibilità c’è. Diciamo: è nelle cose per alcune ragioni sotto gli occhi di tutti: i) i pentastellati sono pronti a vendere le loro madri pur di restare attaccati al Palazzo; ii) questi anni “istituzionali” li hanno un po’ scafati: sono sempre puerili, incapaci, confusionari e velleitari, ma è da un po’ che non ci fanno vedere Taverna con la bava alla bocca urlare in aula contro i vaccini, Toninelli con gli occhi fuori dalla testa straparlare di Anas e ponti da ricostruire in mesi oppure anni, e Grillo – il duce, vate e capoclan – non potete non avere notato come tenga un profilo bassissimo malgrado i disastri politici combinati dalla sua marmaglia; iii) il PD vuole altrettanto il potere – come ha recentemente sottolineato Cacciari – anche perché governicchiare è meglio che scomparire, e il governo è l’unico collante che tiene assieme anime ormai lacerate in micro pattuglie; possiamo aggiungere anche che iv), la scusa di tenere fuori dal Palazzo il Truce e la destra post fascista funziona, e fa un enorme piacere proprio ai diretti interessati, che per un’ampia e nota serie di motivi che ora non stiamo a ricordare, cresce e ingrassa assai più nella comoda opposizione lepenista che dentro le stanze dove vanno prese vere decisioni di cui già si sono mostrati ampiamente incapaci.
In conclusione lo status quo di questa formula governativa garantisce tutti, tranne il popolo italiano. L’Italia è un Paese in forte declino in cui tutti i macro indicatori, letti in prospettiva e in maniera combinata (cosa significhi il debito pubblico alla luce anche della fragilità industriale, in un contesto geologico bisognoso di grossi interventi, con una sanità terreno di smantellamento vorace, dove la povertà e le disuguaglianze sono in crescita, eccetera eccetera…) indicano che servirebbero alcuni enormi sforzi, di grande visione prospettica, che solo una classe dirigente di grande levatura, supportata da un forte consenso popolare, potrebbe realizzare:
- una stagione di radicali riforme istituzionali a partire dalle Regioni, dalle autonomie locali e l’eccessivamente frammentato, contorto e conflittuale sistema governato dal pernicioso Titolo V della Costituzione; va da sé che queste riforme dovrebbe essere condotte alla luce di una potente sburocratizzazione dell’apparato pubblico;
- una riflessione sulla giustizia che impedisca il divismo populista della peggiore magistratura, senza responsabilità, senza vergogna;
- una spinta enorme, senza precedenti, su scuola, ricerca, università, sviluppo tecnologico, che faccia riguadagnare con passi da gigante all’Italia l’enorme e crescente gap che la separa dal resto del mondo che conta;
- un piano Marshall (visto che è di moda il parallelo) per la giustizia sociale; una giustizia sociale reale, attenta, inclusiva e, assieme, non assistenzialista, non ideologica, essenziale oggi che il virus ha messo in ginocchio migliaia di famiglie;
- sostegno alle imprese che rischiano e producono, che siano piccoli artigiani o commercianti o medie imprese capaci di innovare, calamitare investimenti, competere all’estero.
Ora: nessuno di questi cinque punti fa parte del DNA populista pentastellato. Nessuno. È sufficiente guardare lo scandaloso ministro della Giustizia, la risibile ministra dell’Istruzione, il facente-le-veci-di-capo-politico sempre confusamente alla ricerca di un nulla che consenta di galleggiare. Per ragioni ampiamente e ripetutamente spiegate e analizzate su questo blog il populismo, per sua natura eversivo ed anti istituzionale, non è in grado, non può, non vuole risolvere con razionalità ed efficacia i problemi del Paese, essendo parte essenziale del “problema Italia”. La sua idea di riforme istituzionali è “li apriremo come una scatoletta”; la sua idea di welfare è il reddito di cittadinanza, ovvero uno scandalo; la sua idea di scuola, ricerca e sviluppo è che i loro pareri valgono quanto le competenze degli scienziati; la sua idea di giustizia è mettere in galera e buttare via le chiavi; e sulle imprese ha un confuso mix di idee para-ecologiste, consumeriste, da decrescita infelice.
Dall’altra parte abbiamo il PD, un partito con una grande, grandissima storia alle spalle; una storia fatta di intelligenze, di intellettuali, di scuole, di confronti, di critica e autocritica, di esperienze, di buona amministrazione. Quel che è rimasto di quella grandissima stagione (ma parliamo di qualche decennio fa) ora si chiamano Zingaretti, Orlando, col dietro le quinte di Bersani…
Resta solo Renzi: un buco nero nello spazio-tempo politico. Oggi sta litigando con Calenda sulla questione del prestito FCA mostrandosi statalista (populista), domani attaccherà Bonafede per guadagnare qualche posizione sulla scacchiera (tatticista), dopodomani chissà. Io personalmente faccio una certa fatica a guardare a Renzi come una risorsa per il Paese, ma certo senza lui e la sua formazione il razionalismo istituzionale liberal-radicale, riformista, europeista, perde un pezzo essenziale…
In conclusione mi sento molto depresso. Non vedo una classe dirigente capace, in prospettiva, di farci uscire dalla crisi nera in cui siamo entrati; non vedo un centro liberale, razionalista, europeista, abbastanza forte da imporre un’agenda; non vedo un popolo italiano capace di abbandonare l’onda nera populista che da anni ci sta uccidendo; non vedo una sinistra – per coloro che credono ancora che “sinistra” sia qualche luogo di salvezza – che sappia sottrarsi a quella stessa onda populista.
A sinistra c’è solo la tracotante presunzione di sapere e potere governare l’imbecillità pentastellata (perché c’è un’antica tradizione di sinistra gramscianamente “egemone” che pensa di essere come il marchese del Grillo), mentre basta aprire gli occhi, vedere questo governo, oggi, proprio ora, per rendersi conto che per ogni passo fatto dai 5 Stelle – anche grazie al PD – verso una normalizzazione istituzionale, c’è stato un corrispondente passo del PD – grazie alla seduzione populista – verso l’inettitudine, il piccolo cabotaggio istituzionale, la perdita di una visione, di un orizzonte, di una capacità di programmazione politica.