Di fronte al violento, barbaro, insensato omicidio di Colleferro, più che le solite risposte emotive dovremmo porci delle domande razionali. I violenti sono sempre esistiti, da Caino in poi; da quell’antico fratricidio sono però passate alcune migliaia di anni di lenta e contraddittoria civilizzazione; gli assassini di Colleferro proclamano uno dei tanti fallimenti di questo percorso sia dal punto di vista educativo che da quello sociale, e quindi possiamo e dobbiamo chiederci:
- il fallimento educativo della famiglia non può essere passato inosservato; nella scuola prima, nella borgata in cui vivevano i fratelli violenti e i loro complici, moltissimi sapevano le inclinazioni di costoro. Bravate e precedenti risse (e per alcuni spaccio) erano note ai più ed è evidente che se sei un cultore esplicito della violenza, e possiedi un’arma, prima o poi la userai; costoro erano spavaldamente e dichiaratamente violenti, e usavano l’arma impropria del proprio corpo, addestrato alle arti marziali. L’epilogo drammatico era nelle cose, era solo questione di tempo, ma evidentemente siamo impotenti sia per la non perseguibilità di potenziali intenzioni, sia per la fragilità dei servizi educativi e sociali che pochissimo possono fare senza, per esempio, la collaborazione della famiglia e del contesto sociale. Noi spettatori ci troviamo, quindi, ripetutamente a commentare l’irreparabile, con la sola certezza che si ripeterà, prima o poi, con analoghe modalità. Domanda: siamo assolutamente certi che individui che esaltano la violenza sui social, che hanno precedenti per i medesimi reati, che sono noti e fanno paura nei loro territori, non possono essere oggetto di un intervento sociale prima (terapia obbligatoria per il contenimento dell’aggressività, per esempio) e giudiziario poi (obbligo di firma, obbligo di soggiorno, bracciale elettronico, se non altro per rendere chiaro al soggetto che è stato individuato come potenzialmente pericoloso e che viene tenuto d’occhio)?
- Sicuramente qualcuno andrà in galera. Per quanto? Quante attenuanti scatteranno per stabilire una pena che poi verrà scontata solo in parte? Il pensiero comune (che è solitamente sbagliato) sente l’enorme differenza fra la definitiva irreparabilità della morte della vittima, morta innocente per un gesto di generosità, e la vaghezza di una pena troppo spesso lieve, che restituirà il feroce reo alla comunità, non certo ravveduto ma probabilmente più abbruttito, vista la situazione scandalosa delle nostre carceri. Qui le domande afferiscono il metodo giudiziario totalmente ignorante di elementari riflessioni sociologiche, e quello carcerario italiano, inumano, inutilmente crudele, e assolutamente alieno da qualsivoglia capacità rieducativa e riabilitativa. Salvo eccezioni sporadiche possiamo facilmente immaginarci gli assassini, ancora giovani e ancora più incattiviti, fra dieci anni di nuovo in circolazione. La morte della vittima, e il dolore dei suoi familiari, sarà invece per sempre. A quando una forte e intelligente attualizzazione del codice penale e un’ampia e completa riforma del sistema carcerario?
- Insisto poi su una questione già altre volte affrontata qui su Hic Rhodus. I futilissimi motivi, la violenza gratuita e glorificata dai rei, pongono questi ultimi così al di fuori dalle logiche civili che – al di là delle considerazioni del punto precedente – fuori ne devono restare. Costoro, tutti, devono essere privati vita natural durante dei diritti politici attivi e passivi, oltre che esclusi da ogni incarico e impiego pubblico. Come ho spiegato altrove non è l’omicidio in sé. Sempre atroce, sia chiaro, ma l’uccisione non prevista di una guardia nel corso di una rapina, la preterintenzionalità in una rissa fra tifoserie opposte, l’uccisione del ladro entrato in caso nottetempo, hanno – ciascuno – delle dinamiche differenti da quelle di Colleferro. Ognuno pagherà, dopo sentenza, per i propri atti, ma questi casi di palese disumanità vanno trattati con specifico riguardo alla totale negazione della proprio appartenenza al consorzio civile che stiamo cercando di edificare. I rei di Colleferro, al di là delle sanzioni in cui incorreranno, devono essere banditi dalla nostra società, almeno nei modi che ho indicato. Per carità, sono certo che a costoro, nella loro bestiale ignoranza, nella loro gretta animalità, se ne impippano assai di essere privati del diritto di voto, ma questa privazione serve a noi. Serve a noi che ci sforziamo, per ricordarci che c’è una linea sulla sabbia, e che quella linea non è oltrepassabile, pena l’esclusione dal consorzio di coloro che, tale progresso di civilizzazione, tentato di edificare.
- Le nostre città, anche piccole cittadine, abbondano di individui marginali, ambigui, violenti, dediti allo spaccio, alle piccole violenze… Costoro sono tutti ben noti alle forze dell’ordine: dove vivono, cosa fanno, con chi si incontrano: immigrati dediti allo spaccio e allo sfruttamento della prostituzione, romeni che viaggiano pieni di beni di consumo verso la Romania e tornano vuoti, italiani che sfoggiano macchinoni ma non si capisce con che soldi campino (cioè: noi non lo sappiamo; la polizia sì). Racket dei mendicanti che agisce capillarmente da anni indisturbato su tutto il territorio nazionale. Luoghi deputati, da decenni, alla tratta delle donne (spesso minorenni) avviate alla prostituzione. Perché non possiamo intervenire? Non c’è un solo motivo, naturalmente, ma un intrico di ragioni spesso più burocratiche che giudiziarie. La nostra polizia ha spesso le mani legate, e i giudici sono sommersi da questioni banali come il “reato di immigrazione clandestina” (voluto dalla destra) che li distrae da questioni più serie. La morale della favola è che il diffuso disagio, la microcriminalità, fino alle esplosioni di violenza come a Colleferro, fanno grandemente il gioco della destra mentre nessuno di coloro che hanno governato in questi ultimi venti anni (e sto parlando di quelli che si appuntano sul petto il gagliardetto di “sinistra”) abbiano anche solo fatto la mossa di mettere mano al problema.