Ultimamente ho letto commenti e notizie strabilianti sul fronte del contrasto al Covid.
Sul lato dei commenti quelli, per esempio, di Barbano, di Petrini, di Del Vecchio, di Giannini (direttore della Stampa) che scrive dal suo letto di terapia intensiva (e ci saranno certamente altri commenti analoghi) segnalano accoratamente e doviziosamente le enormi carenze decisionali del governo, che ha sprecato mesi di calma nella diffusione del virus accumulando ritardi ingiustificabili oggi, che la pandemia ha ripreso con impeto, esattamente come c’era da aspettarsi, la sua seconda ondata esponenziale.
Barbano, in particolare, accusa con chiarezza il governo (ma, in generale, tutta l’infima classe politica cui tocca gestire la pandemia), il paternalismo autoritario di questa gestione:
Leggi le parole di politici e scienziati, corresponsabili nella gestione della crisi, e scopri che l’alternativa è tra lockdown e coprifuoco, tra lanciafiamme e multe, tra delazioni e controlli. Diventa sempre più difficile rintracciare le misure di salute pubblica nel linguaggio che le veicolano, dando loro un significato che eccede a prima vista la stretta necessità sanitaria.
E ancora:
L’intero racconto della strategia sanitaria denuncia una sindrome dell’emergenzialismo, malattia che affligge le democrazie fragili di fronte all’aggressione di un nemico esterno, come la pandemia […]. L’anticorpo fuori controllo della democrazia italiana è il paternalismo moralista e autoritario. “Proveremo a incidere su alcuni pezzi della vita delle persone che consideriamo non essenziali”, annuncia in tivù il ministro della Salute, Roberto Speranza, aggiungendo di aver proposto al governo di vietare tutte le feste e di fare affidamento, non solo sui controlli, ma soprattutto sulle segnalazioni dei cittadini. Se in tutte le gaffe c’è un riflesso freudiano, l’infortunio televisivo di Speranza non si sottrae a questa evidenza. L’idea di discriminare ciò che è essenziale e ciò che è irrilevante nella vita sociale di una comunità, e perfino nelle sue relazioni private, ha una matrice chiaramente totalitaria. L’idea di affidarsi alle delazioni attinge invece a una logica securitaria. Non è la prima volta che il ministro regala al Paese queste perle di saggezza, se è vero che nei giorni scorsi – da un pulpito del tutto improprio – ha censurato il fatto che “si parli troppo di sport”. Beccandosi perfino lo schiaffo di Roberto Mancini. Il cittì degli Azzurri gli ha ricordato che il diritto allo sport è parte di quel diritto costituzionale alla salute che lui per primo dovrebbe trattare con sacro rispetto.
Non propongo altre citazioni; leggetevi l’originale, ma date un’occhiata anche agli altri testi che ho segnalato perché, tutti assieme, danno un quadro chiaro e desolante della mancanza di spessore di questo governo, della sua inadeguatezza.
Lungi da me parlare di “dittatura sanitaria” e altre scemenze che meglio stanno nelle bocche di Montesano, Fusaro e Pappalardo. Il punto è che l’antitesi reale di una inesistente dittatura sanitaria, non è necessariamente l’ordinata democrazia, logica, razionale, efficace che si potrebbe desiderare. E l’Italia non è né la prima cosa (ma per carità!) né la seconda: è un Paese dove ogni decisione costa attacchi stitici a ministri inadeguati, dove la paura della responsabilità decisionale paralizza l’azione del governo (che – Covid a parte – ha prodotto uno zero spaccato in oltre un anno di governo), dove quel che resta della politica si fa nei salotti TV e attraverso Twitter. In Italia non si legifera, in materia di contrasto al Covid, ma si emanano decreti; non si spiega la verità ai cittadini ma li imbonisce con un bla bla bla deprimente e – come nel citato caso di Speranza – infarcito di gaffe a piacere, tanto domani è un altro giorno, ci sarà un altro DPCM, ci sarà un’altra intervista…
Sull’altro lato i cittadini, noi. In gran parte (mi pare, così a occhio) in cerca di una disciplina, attenti alle prescrizioni minime necessarie per fare quel poco che si può fare per rallentare la montante marea virale. Ma in questa nazione confusa brillano (si fa per dire) gli esempi di italica furbizia: come quei bar che chiudono, sì, a mezzanotte, come impone l’ultimo DPCM, per aprire pochi minuti dopo (notizia QUI); o i praticanti di calcetto che hanno trovato la furbata per giocare ugualmente, in barba al medesimo provvedimento restrittivo (notizia QUI); o gli scambisti ammucchiati senza protezione nel locale fiorentino (notizia QUI), e così via.
C’è un pezzo di Paese, che credo minoritario (ma non per questo fa meno danni) che delle regole se ne fotte, a volte ignorandole arrogantemente, altre volte cercando i cavilli giuridici che permettono di dire “Io sono comunque in regola!”, perché siamo il paese degli Azzeccagarbugli, di quelli che vivono e ingrassano all’ombra della montagna di regole fra le quali si troverà pur sempre l’eccezione, la lacuna, intendendo le norme non già nel loro spirito ma nella loro sintassi (e un giudice che darà loro ragione si troverà sempre). Colpiscono le parole della titolare del bar di Bologna (uno di quelli furbi che riapre subito dopo avere chiuso) che afferma, decisa, certamente credendoci:
La cosa a cui tengo più di tutte è che non si parli di furbate, truffe o irregolarità. Il decreto è chiaro e noi lo stiamo applicando, senza infrangere nulla.
Queste due facce dell’Italia vanno a braccetto. Una politica (e nello specifico un governo) debole che mette delle pezze qui e là su un popolo insofferente che cerca sempre di sottrarsi alle responsabilità. Quella barista di Bologna (e tutti gli altri) non capisce che forse non ha infranto la legge (il DPCM) in senso stretto, ma certamente si è sottratta a una responsabilità. Non è una truffa, ma è incoscienza.
Credo, e qui vado proprio a sensazione, che la maggioranza degli italiani sia migliore. Migliore della barista di Bologna, dei giocatori di calcetto, certamente molto migliore dei negazionisti à la Cunial. Vedo in giro una quantità di gente con mascherine, che si scansa quando passi. Ma è desolante lasciare al buon senso di chi ce l’ha la gestione della pandemia, fidando che basti, fidando che arrivi un vaccino prima possibile. È desolante che mentre ci aggiriamo, preoccupati e mascherati, qualcuno ne approfitti ridendo e infischiandosene, mentre il governo compera banchi scolastici con le rotelle e invita alla delazione dei vicini se invitate ospiti a cena.
Si dice sempre – e io pure ne sono convinto – che la classe politica rispecchi la qualità morale e sociale e culturale del Paese. Poniamoci qualche domanda.
(In copertina: foto dell’Autore)