Una modesta critica ai buoni sentimenti infantili presi a modello da adulti confusi

L’HuffPost pubblica una di quelle cose politicamente corrette, carinissime, zeppe di buoni sentimenti che se avete problemi di glicemia siete fritti. Poiché io ho preso l’irrevocabile decisione di essere più scorretto che si può, leggo; la lettura mi urta i nervi; e cosa fare se non parlarne con voi?

In breve si racconta di Laura Vallaro, 20enne studentessa che ama tanto la natura e perciò si è iscritta a Scienze Forestali; non usa il telefonino per scelta etica, per non usare quelle risorse importanti usate per fabbricarli, e pensando a quei lavoratori sfruttati per quell’industria. Ha solo il telefono fisso, per la rubrica usa carta e penna e come navigatore una vecchia mappa, di quelle di carta. Anche suo fratello ha fatto questa scelta, e ci racconta che i suoi amici sì, ce l’hanno, ma ne fanno un uso parsimonioso e consapevole. 

Ecco, ve lo andate a leggere voi, anche se il riassunto sostanzialmente vi ha già detto tutto del nulla sostanziale di questa intervista che ha una grande enfasi editoriale nel quotidiano: c’è una ragazzina che “ama la natura” e non usa il cellulare. WOW!

Per carità, semmai anche qualche lettore di Hic Rhodus ama la natura – io, per esempio, l’amo moltissimo – e potremmo forse averne anche qualcuno senza cellulare, affari loro. A me sembra abbastanza chiaro che la studentessa di 20 anni, quando sarà una laureata di 25, o una professionista di 30, difficilmente eserciterà una professione forestale senza tecnologie, e non solo il cellulare ma tutte le moderne e necessarie tecnologie satellitari che consentono una migliore gestione del suolo e dell’ambiente. Ho degli amici, per esempio, che hanno brevettato un accricco che consente, ai singoli coltivatori, via internet, di monitorare da satellite il bisogno d’acqua dei propri terreni, particella per particella, in tempo reale; in questo modo, anziché irrigare a vanvera, il coltivatore può irrigare, solo per la quantità necessaria, solo le particelle che ne hanno bisogno. Il risparmio di acqua è enorme. Non è forse una scelta “ecologica”? Ma sono serviti i satelliti, Internet e i computer, che certamente, tutti, sono stati costruiti con materiali rari estratti col lavoro (speriamo) non sfruttato.

L’etica della decrescita felice è una patacca colossale. Io non voglio decrescere felicemente, ma crescere equanimemente. Ops! Che cambio di paradigma colossale! Anziché tornare alle candele di sego tutti abbracciati, e ai carretti tirati da cavalli felici perché allevati con amore, dovremmo pensare con rigore e intelligenza alle risorse naturali e loro gestione e, prima ancora, ai lavoratori e ai loro diritti. Sono certo che la signorina Vallaro mangia pomodori inconsapevole del lavoro da schiavi coi quali spesso sono estratti, e che si muove in automobile non piangendo per l’uso criminale che molti Paesi produttori fanno coi proventi del petrolio.

Ma evidentemente lottare concretamente (non a parole, e non con gesti simbolici una tantum) contro il caporalato, per dirne una, è assai più complicato (e un filo pericoloso) rispetto alla scelta amorosa per i boschi senza cellulare; e partecipare a una lobby seria capace di imporre una pressione verso Riad è certamente lungo, noioso, a volte frustrante e non fa finire intervistati come modello virtuoso.

Voglio dire che a me Laura Vallaro fa una grande simpatia e tenerezza; con tutte le bischerate che ho detto io a 20 anni, ma anche a 25, si potevano riempire comodamente due o tre libri. È l’età dei sogni disinformati, degli ideali astratti, della generosità pressapochista, e va bene così. Quello che mi disturba veramente è quando queste idee sono diffuse da adulti (la giornalista e il capo redattore dell’HuffPost) e quando, per sostenere quelle idee, si cerca di intortarmi con la ragazzina senza cellulare.