Mi stupisco sempre di come argomenti di minima rilevanza sociale riescano spesso per ragioni misteriose a monopolizzare non solo i social media ma addirittura la stampa ufficiale per giorni e giorni. Oggi è il turno del catcalling, termine con cui, per i pochi che ancora non lo sapessero, si intendono i fischi, gli strombazzi, gli “a-bbella” e simili indirizzati a passanti per strada. Principalmente da uomini verso donne, con buona pace di Marco Masini, che già nei primi anni novanta cantava “le ragazze serie non ci sono più, toccano il sedere dandoti del tu”. Il fenomeno contrario, se pure presente, è irrilevante sia per frequenza che per interesse.
E se offese, palpeggiamenti, pedinamenti sono già, giustamente, reati perseguibili, il catcalling in Italia ancora non lo è. Lo è però in Francia, nelle Filippine e in alcuni degli Stati Uniti, e da oggi c’è chi urla a gran voce che deve diventare tale anche da noi: ci sono già petizioni in corso.
È questo il tratto più inquietante. Il fatto che proprio in un periodo in cui già subiamo leggi – e non voglio entrare qui nel merito di quanto siano oppure no giuste o inevitabili – che limitano pesantemente la nostra quotidianità e socialità, proprio ora che solo a fare una passeggiata per strada si può già risultare dei pericolosi sovversivi e che per fischiare a una passante minimo si rischia una multa per aver scostato la mascherina, si senta il bisogno di invocare altre leggi, per normare quelli che sono sempre stati, con tutte le loro difficoltà e ombre, semplici rapporti personali e sociali.
Premesso che il catcalling è un’evidente cafonata, che ogni uomo di intelligenza e cultura almeno media userà un altro tipo di approccio, se non altro per avere maggior probabilità di successo e non essere inquadrato all’istante come “morto di figa”, che è praticato ormai molto più da anziani che da giovani, molto più da stranieri che da italiani (lo sciao bela è molto esotico, si può dire senza risultare razzisti ai benpensanti?), molto più nelle borgate che in centro città, che si tratta quindi di un fenomeno già in via di naturale – e soprattutto culturale – esaurimento, considerato tutto questo, lo si può ritenere una molestia tale da essere punita a norma di legge?
Se è molestia tutto ciò che può risultare molesto, allora lo é. Come tante altre cose. Quando qualcuno ti si siede di fianco sull’autobus senza aver fatto la doccia mattutina, è molesto. Vogliamo assumere annusatori professionisti che multino i passeggeri per eccessi olfattivi? Quando il vicino di treno parla al telefono a voce troppo alta, è molesto. Vogliamo introdurre sensori che segnalino al capotreno il superamento dei decibel consentiti? Quando l’operatore telefonico ti chiama tre volte al giorno per convincerti a cambiare tariffa, è molesto. La parente che alla cena di Natale ti chiede quando ti decidi a sposarti e fare figli, è molesta. Per quest’ultima, non troverei eccessivo l’ergastolo, se solo la sgradevolezza fosse un crimine. Ma sono tutte questioni che possono rientrare nella buona o cattiva educazione, nell’opportunità, nel senso della misura. Non nella legge.
Il punto è che il concetto di fastidio non è oggettivo, bensì relativo ad almeno tre parametri: l’emittente, il ricevente, il contesto.
All’emittente – l’abbordatore, nel caso del catcalling – se è gradevole e gradito, si perdonano molte cose. Spesso bastano un fisico atletico e un sorriso accattivante e la maleducazione diventa intraprendenza, l’inopportunità diventa coraggio, l’invadenza diventa personalità. Non neghiamolo, è così, ed è giusto così. Con buona pace degli Incel, che vorrebbero il desiderio femminile come una sorta di obbligo sociale dovuto anche agli uomini più sgradevoli, se un uomo piacevole riceverà al suo “ciao bella” un sorriso e un altro un “levati di torno”, sarà solo la dura legge della vita. E se sfidi la sorte, devi saper accettare la sconfitta.
Il contesto pure ha il suo peso: un viale di passeggio in pieno giorno, o uno “struscio” serale affollato, non danno motivo di timore, al contrario di un vicolo isolato, o di un gruppo di uomini rispetto a una ragazza da sola, e questo è semplice buon senso, difficilmente normabile. Bisogna però rilevare che molto raramente stupri e aggressioni reali iniziano con un catcalling.
Poi c’è il ricevente, donna nella maggior parte dei casi, e qui entra in gioco il gusto personale, oltre che la propria storia. Molte donne, nelle discussioni social di questi giorni, hanno affermato di gradire questo tipo di approccio, trovandolo persino lusinghiero. Naturalmente sono state subito tacciate di essere ancelle del patriarcato, schiave dell’approvazione maschile e nemiche delle donne, quando non addirittura vecchie carampane talmente disperate da scambiare una molestia per un complimento.
Perché non si smentisce mai, la cattiveria dei buoni. Quelli che vogliono cambiare il mondo a propria immagine. Quelli che vorrebbero mettere fuori legge tutto ciò che non condividono e non approvano. Quelli per cui la donna e l’uomo devono essere in un solo modo, quello da loro deciso e approvato, e osano persino usurpare per questo nuovo bigottismo il nome glorioso di femminismo.
Così mi sono chiesta, e se anche fosse? Se davvero fossero l’aspetto fisico, l’età, il carattere, le esperienze di vita a renderci un comportamento più o meno sgradito? Perché se da sempre ti fischia dietro solo il vigile, se l’apprezzamento, pur invasivo o maldestro, non avviene mai se non all’amica che ti cammina di fianco, e quando finalmente accade a te ti suona come una presa in giro, allora non potrai che condannare il catcalling senza appello. Ma anche se sei abituata fin da adolescente agli sguardi pesanti, alle allusioni volgari, a sentirti sempre e solo preda, la lusinga si potrà mescolare al disagio e trasformarsi in un senso di rifiuto più che legittimo, che è altrettanto legittimo esternare. Se invece ti accade ogni tanto, senza che lo sguardo maschile sia nella tua vita ossessione né mancanza – come è per la maggior parte delle donne – allora magari il fischio per strada ti farà piacere, fosse anche solo per un rimpianto della giovinezza, o ti farà sorridere o al limite ti lascerà indifferente o ti susciterà una battuta di spirito.
Perché per fortuna c’è tutto un mondo reale che mai potrà essere intrappolato nelle ideologie, fatto di emozioni, sentimenti, pulsioni, con tutte le loro incoerenze e debolezze, impossibili da normare e irreggimentare, se non al prezzo di togliere ogni spontaneità all’esistenza.
Perché come in tutto ciò che riguarda i rapporti personali ciò che fa la differenza è il chi, il come, il quando e il quanto.
Per questo, credo che ogni punto di vista sia rispettabile, che sia giusto educare i giovani ad approcciarsi in modo rispettoso all’altro sesso, ma che sia del tutto assurdo anche solo pensare di controllare tali aspetti della vita tramite leggi, se non quelle più che sacre dell’attrazione, della risata e del vaffanculo.