Sarà che proprio in queste ore sono coinvolto in un lavoro dove l’ennesima cialtronaggine di pubblici impiegati mi fa cascare le ginocchia, oltre che perdere tempo e vanificare sforzi professionali, ma non essendo io Brunetta che – da uomo politico – deve stare attento a ciò che dice, lo dico: salvo casi individuali, e salvo settori particolari, la Pubblica Amministrazione italiana fa schifo. Chiarisco che i “casi e settori particolari” non sono una concessione al loggione; ho conosciuto e conosco funzionari e dirigenti pubblici intelligenti, brillanti e costruttivi, e a proposito dei settori è chiarissimo che lavorare, per esempio, in sanità, anche al netto del Covid, è un sacrificio, uno sforzo, un impegno costanti, e sono certo che esistono diversi altri comparti pubblici analoghi. Io mi riferisco al ventre molle del pubblico impiego: i ministeri e le Regioni innanzitutto, certi uffici di grandi Comuni e delle inutili Province… Ho già avuto modo di spiegare, in vecchi post, come io abbia fatto parte dell’apparato pubblico per una ventina d’anni, mi sia poi dimesso, e per i successivi trenta abbia fatto il libero professionista, svolgendo un mestiere che mi ha fatto attraversare ogni tipo di P.A. dal Nord al Sud d’Italia. Ho quindi visto, e vissuto, entrambi i punti di vista, tanto da poter dire due cose chiarissime:
- alla diffusa incompetenza, menefreghismo e arroganza di parte dei dipendenti pubblici corrisponde una diffusa arroganza, ignoranza e approssimazione di una bella fetta di imprenditori;
- ciascuna componente ignora completamente il mondo dell’altra; i funzionari pubblici chiamati a gestire interventi a beneficio dell’imprenditoria, per esempio, hanno spesso idee fantasiose su come funzioni il mondo dei loro beneficiari e si spazientiscono per le richieste di questi ultimi; i quali, da parte loro, ignorano tutto sul funzionamento del comparto pubblico, i tempi e i modi delle decisioni, leggi e regolamenti a volte cavillosi da dover rispettare.
Ciò detto, sono da sempre dell’idea (sin dai tempi in cui lavoravo nel pubblico) che ci sarebbe un modo bello, sano ed efficace per risolvere questo insieme di problemi.
Tutti i pubblici impiegati, a qualunque livello, sono incentivati, ogni dieci anni, a spendere il successivo decennio nel privato; detassazione per le aziende e disincentivazione per gli impiegati timorosi di fare questo salto (disincentivazione = diminuzione sensibile dello stipendio) potrebbero essere strumenti utili: blocco di carriera per gli impiegati che non passano al privato, certezza di mantenimento del posto dopo il decennio “formativo”. etc. Il privato si prende comunque una persona che conosce dall’interno i meccanismi della macchina pubblica, ha qualche forma di compensazione economica per il fatto che si prende in carico una persona che probabilmente sa fare poco, e dopo un decennio la restituisce – con un ulteriore premio – al pubblico, formata e competente. Dall’altro lato anche i manager e i quadri privati dovrebbero essere incentivati, sempre dopo almeno un decennio di esperienza, a trasmigrare provvisoriamente nel pubblico; porterebbero la velocità e l’aggressività della loro formazione, ma imparerebbero a stare in organizzazione complesse e gravate da vincoli che nel privato non sussistono, imparerebbero a rispettare e a meglio utilizzare il comparto pubblico, che è e resta indispensabile al funzionamento della società.
Qualcuno potrebbe dire che l’organizzazione di questo sistema di trasmigrazioni sarebbe complicatissimo e oneroso. Rispondo come quel suddito di Sua Maestà che durante la II Guerra propose di bollire l’acqua del mare per snidare gli U-Boote. Quando gli chiesero come pensava di poterlo fare rispose che lui aveva fornito l’idea, e che per i dettagli tecnici ci pensassero loro.