Scrivo oggi un commentino all’interessante articolo di Nicola Mirenzi, sull’HuffPost del 12 giugno (Santoro e la sindrome del tutto fuorché l’Occidente), perché ieri ho scritto di politica e non volevo sovrapporre discorsi diversi (ma collegati, come stiamo per vedere.
Anche se l’autore se la piglia con l’irriducibile Santoro, fa un discreto excursus sul fascino che avrebbero i dittatori e le dittature per un certo pensiero intellettuale di sinistra, citando Moravia (e il suo viaggio in Cina del ’67 che produsse corrispondenze e un libro), Misiani (magistrato, tra i fondatori di Magistratura Democratica), Foucault (e il suo viaggio nell’Iran khomeinista del ’79). Con dovizia di particolari e citazioni che oggi possono apparire per lo più raccapriccianti, col senno di poi. E se questo senno arriva 40, 50, 60 anni dai fatti che indussero Moravia, Misiani e Foucault ad esprimere certe idee, per Santoro parliamo dell’oggi e, per esempio, della sua ambiguità verso Putin e la guerra da lui scatenata. Ma qui non mi interessa Santoro.
Al parziale elenco di Mirenzi potremmo aggiungere i tanti intellettuali (non solo italiani) affascinati dalla rivoluzione bolscevica; da quelli affascinati da Castro e altri dittatori dell’America Latina; da quelli che anche dopo l’invasione dell’Ungheria continuarono a sostenere Stalin, eccetera.
Vorrei qui fare alcune riflessioni su questo tema: perché una parte di intellettualità si lascia irretire dal fascino oscuro del massimalismo populista, del comunismo orwelliano? Mirenzi dice cose giuste ma parziali, che partono dalla critica del modello democratico-liberale occidentale che questi intellettuali propongono con un sillogismo fallace:
la democrazia in cui viviamo è difettosa e ingiusta, alimenta disuguaglianze e produce (anche) effetti negativi,
quindi
la democrazia occidentale ha delle colpe,
quindi
modelli di governo alternativi (anti occidentali) sono da preferire,
poiché
evitano quelle disuguaglianze e quegli errori.
Le fallacie sono in quelle congiunzioni, ovviamente, che propongono una consecutio che andrebbe argomentata e che, all’analisi, si mostrerebbe falsa.
Anche se questa errata argomentazione si ritrova pure a destra (il fascismo delle origini, Bombacci che aderisce alla RSI, …) è in particolare a sinistra che dispiega maggiormente la sua dannosa potenzialità, sia per l’esiguo numero di intellettuali che la destra può vantare sia per il credito che la cultura di sinistra, in particolare marxista, ha acquisito uscendo in qualche modo vincente dal secondo conflitto mondiale (la resistenza, l’URSS vincitrice…).
Il fatto che con dati, testimonianze e numeri si possano controbattere quelle fallacie è illusorio, perché il velo dell’ideologia impedisce a costoro di riconoscere il vero in quei dati e in quelle testimonianze, mentre la realtà complessa rende comunque possibile controbattere con altri dati, e altre testimonianze, di natura positiva; un fatto che obbligherebbe a discutere il diverso valore degli uni e delle altre, con capziosità crescenti e irriducibili. Insomma: se credi che l’Occidente sia il male, che il Governo sia il male, che i padroni siano il male, a poco serve discuterne, perché quel giudizio è valoriale, affonda le radici sul senso profondo dell’essere, sulla sua identità, sul suo posto nel mondo.
Ampliando un poco lo sguardo, in queste critiche radicali e irrazionali stanno tutti gli atteggiamenti che etichettiamo come cancel culture, antagonismo, derive woke e gender, poi fenomeni politici contemporanei come la Brexit, il fallimento dei referendum costituzionali di Renzi, il putinismo di quell’Orsini che mi pare scomparso dal triste panorama mediatico, i No-TAV, i No-Vax e molto altro ancora.
Una chiave interpretativa abbastanza semplice ce la fornisce la teoria sociologica dello “stato nascente”; usando le parole del primo che ne ha trattato in Italia, Francesco Alberoni:
Lo stato nascente […] è uno speciale stato della mente, che si dilata, respinge o riformula il passato e si slancia con uno straordinario impeto vitale verso il nuovo, in cui intravvede un nuovo mondo, una nuova vita. Lo stato nascente è aprire gli occhi e il cuore al futuro, al meraviglioso, è risveglio dei sentimenti, del desiderio, della volontà, è apparizione luminosa, esplosione della speranza.
Lo stato nascente è una struttura preideologica, che poi si riempie sempre di un contenuto ideologico. È cioè costituita da un insieme di operazioni mentali(o categorie)che sono sempre le stesse, anche se si riempiono di contenuti storici diversi. Dobbiamo immaginare dei circuiti cerebrali che si attivano e al loro interno elaborano il pensiero storico. Quando tanti soggetti la provano insieme si riconoscono, formano un gruppo coeso e solidale, il movimento, e questo diventa una setta, un partito, una nazione, una chiesa. la struttura categoriale dello stato nascente, non può essere descritta.
Ma studiando molti movimenti si possono trovare delle categorie che indicano la direzione della sua azione plasmatrice: la rivolta il rovesciamento dell’ordine esistente; la liberazione, l’individuo ha l’impressione di potersi finalmente liberare da tutti i vincoli, le coercizioni, i divieti, le regole, le repressioni. La rinascita: l’individuo ha l’esperienza esaltante di una vita nuova e felice, “Incipit vita nova!”; la storicizzazione, ogni movimento scopre che il male e la sofferenza presenti hanno avuto inizio da un errori del passato. L’esperienza metafisica: la vera realtà non è l’esistente, ma l’ideale. Libertà e destino: ora, il soggetto si sente fino in fondo libero, eppure con un destino che lo guida. Unanimità. Nel gruppo tutti pensano e sentono nello stesso modo. La fratellanza, il comunismo, il progetto. Bisogna costruire il futuro. (fonte)
Come scrive Alberoni, non solo fenomeni collettivi ma anche personali sono plasmati da questo “stato della mente”; per esempio l’innamoramento, fase iniziale di una relazione di desiderio e piacere sessuale, diverso dall’amore che ne è l’epilogo consolidato, non più esplosivo, direi istituzionalizzato, imborghesito.
Se ripercorrete la storia del Movimento 5 Stelle, vedete chiaramente cosa significhi stato nascente, con le sue caratteristiche componenti (fonte):
- Conflitto con l’istituzione
- Spontaneità
- Solidarietà
- Comunione
- Unanimità
- Utopia
- Pluralità d’interessi
- Avvio del movimento
- Transitorietà
Lo stato nascente è la condizione dell’adolescenza; irrequietezza, ribellismo, insoddisfazione, trasgressione… È una condizione totalizzante, identitaria, manichea, che inclina verso la nota dinamica di attacco e fuga studiata dagli psicologi sociali. È compulsivo e idiosincratico, intollerante, esclusivo.
I regimi ammirati da Moravia e Foucault erano casi di stati nascenti, ai quali si contrapponeva la cultura occidentale vecchia, stanca, burocratica, istituzionale. Rappresentavano il vitalismo contro la decadenza, la gioventù contro la senilità, quindi la speranza avversa all’ingiustizia.
Si può facilmente comprenderne il fascino da parte di intellettuali colti che vedevano i difetti delle democrazie, e ne cercavano delle risposte laddove l’Utopia sembrava a portata di mano.
L’unica altra risposta, che non sia adolescenziale, è la diuturna costruzione di ragioni propositive, di soluzioni sempre e solo parziali, di faticosi compromessi, di tentativi ed errori; ma se questa prudenza mediana, questo lento costruire, poteva sembrare possibile in decenni lontani, oggi sono fortemente contrastati dai nuovi modelli culturali e dai processi sociali che informano la nostra quotidianità: dalla crisi degli intellettuali alla perdita dei legami forti, dall’immediatezza della comunicazione assieme alla sua potenziale falsità, dalla perdita di orizzonti identitari – a seguito del declinare delle ideologie – all’individualismo esasperato.
Aggiungiamo la perdita di valore della conoscenza, della cultura del dato, dell’opinionismo dilagante, dell’analfabetismo funzionale, della perversa potenza dei social media eccetera, e avrete come conseguenza una dilagante adolescenza sempre esasperata, sempre insoddisfatta del bene (come ha indicato anni fa anche Luhmann) e alla spasmodica ricerca del meglio, sempre irritata dalle regole condivise e desiderose di regole speciali per sé.
Quando scrivo, da un po’ di tempo, della perdita del senso della politica, intendo proprio questo: la politica è costruzione lenta attraverso il dialogo argomentato. Roba da vecchi. Serve pazienza, mediazione, comprensione, accettazione dell’altro, considerazione prospettica delle ragioni proprie e altrui. Oggi siamo tutti adolescenti alla ricerca del godimento immediato, viviamo di pensieri estemporanei, siamo insofferenti.
Ecco perché l’altrove è meglio. Era meglio, per Moravia, la Cina di Mao e della sua terrificante rivoluzione culturale (ma diciamo che si capì anni dopo quanto fosse terrificante), piuttosto che la caliginosa democrazia dei compromessi. Così, più o meno allo stesso modo, è meglio Putin di Biden; è meglio la decrescita felice che una crescita equilibrata; è meglio un impossibile tutto e subito, anziché qualcosa di sensato e condiviso, forse, fra un po’.