Fascisti su carte

Devo confessare che questo bizzarro mondo in cui viviamo conserva, nonostante tutto, la capacità di sorprendere. Che nel 2023 un manager alla guida di un’impresa a capitale pubblico potesse inviare ai Consiglieri d’Amministrazione una comunicazione copiata pari pari da quello che forse fu il più controverso e arrogante discorso di Benito Mussolini io non l’avrei creduto, eppure è appena accaduto. Come sicuramente saprete, il “fenomeno” è un certo Claudio Anastasio, (ex) AD della 3-I S.p.A., ovviamente designato da Fratelli d’Italia ed evidentemente così convinto delle qualità retoriche del rimpianto Duce da riutilizzare, dopo quasi cent’anni, le parole con cui egli rivendicò la responsabilità storica e morale (eludendone ovviamente quella penale, Mussolini non era molto incline al sacrificio personale) dell’assassinio di Giacomo Matteotti. L’unica concessione al XXI secolo Anastasio l’ha fatta utilizzando il borghesissimo comando di search and replace del suo computer per rimpiazzare la parola fascismo con la più prosaica sigla 3-I. Una volta che questa sua bravata è stata resa pubblica, suscitando le ovvie reazioni, Anastasio ha rassegnato le dimissioni.

Si tratta di un episodio grottesco e isolato? Beh, insomma. Il fatto è che il fascismo, con il suo bagaglio di retorica, orpelli, machismo d’accatto, brutalità primitiva sia verbale che materiale, è intrinsecamente grottesco, oggi ovviamente più che nel 1925, ma non per questo manca di essere pericoloso. Un energumeno vestito da pagliaccio del circo, o da gerarca in camicia nera se è per questo, resta un energumeno, e per idiota e grottesco che sia è comunque in grado di rappresentare un pericolo materiale se non messo in condizione di non nuocere. Allo stesso modo, i fascisti di ritorno che vediamo esporsi più arditamente in tempo di Governo Meloni, sono certamente grotteschi e inutilmente tronfi, ma non innocui. Quando un ministro della Repubblica, di quelli insomma che hanno giurato solennemente di osservare e difendere la Costituzione antifascista, al verificarsi di un pestaggio squadrista a danno di due studenti a Firenze, anziché condannare la violenza e assicurare solidarietà alle vittime, critica una preside che scrive la lettera che avrebbe dovuto scrivere lui, non siamo solo di fronte a parole in libertà di un personaggio indegno della carica che riveste e dalla quale dovrebbe essere rimosso, ma a un’effettivo fiancheggiamento del fascismo all’interno delle massime istituzioni.

Da sempre, infatti, accanto alla violenza materiale, il fascismo (e non solo) si caratterizza per il linguaggio, per la strategia di comunicazione, per la pubblica arroganza e violenza verbali, per la mistificazione sistematica della verità. Per ogni fascista armato di manganello ce ne sono sempre stati dieci armati di penna, seduti alla scrivania “giusta”, e non è certo un caso se la professione originale di Mussolini era quella di giornalista. Non fu neanche per caso che, in simbiosi con gli alleati tedeschi, il governo Mussolini arrivò a costituire il Ministero della Propaganda (poi, per ragioni di… propaganda, ribattezzato della Cultura Popolare) allo scopo di presidiare ogni canale di comunicazione di massa per accertarsi che ciò che veniva diffuso fosse “ortodosso”. Le “carte” sono sempre state oggetto di viva attenzione da parte dei fascisti, fino alla censura e alla sovversione della stessa lingua corrente per garantire l’ortodossia anche lessicale degli italiani. Il MinCulPop era certamente grottesco, ma era anche il braccio “culturale” di un regime estremamente pericoloso e totalitario.

Quindi, no, questi episodi non possono essere commentati con leggerezza. Né il fatto che ci siano state reazioni veementi e anche efficaci può farli considerare semplici passi falsi di malaccorti nostalgici. Quando si vedono certi comportamenti, la reazione è necessaria, perché il rischio è presente e reale. E, per essere chiari, il rischio è reale non solo perché al governo ci sia Giorgia Meloni (il che certamente fa sentire legittimato chi preferisce andare in gita a Predappio anziché a Riccione), ma perché il liberalismo culturale e civile è una pianta fragile, che facilmente può essere vittima di totalitarismi, moralismi, integralismi religiosi e no, tutte cose che se ci si guarda in giro è facile riconoscere come siano in fondo attraenti per moltissimi.

L’aspirazione a dirigere un MinCulPop del Duemilaventitré non è un’esclusiva dei fascisti da scrivania, ma è ampiamente diffusa anche tra chi dovrebbe collocarsi al loro opposto; assistiamo ormai quotidianamente a operazioni di censura e manipolazione culturale effettuate in nome di principi di correttezza politica, wokeism, inclusività e quante altre etichette si vogliano apporre a un’intolleranza culturale e politica che non ha molto da invidiare ai vari integralismi e totalitarismi che la Storia ricorda. Le recenti discussioni sulle censure apportate alle opere di Roald Dahl, Ian Fleming, giù giù fino agli storici fumetti dei paperi disneyani di Carl Barks e Don Rosa non sono altro che la punta di un iceberg che invade pesantemente lo spazio politico e civile in cui le “imbarcazioni” del pensiero individuale dovrebbero poter liberamente “navigare”. L’idea che il pensiero e la parola altrui debbano essere “approvati” per avere diritto di esistere ed essere ascoltati è certamente fascista ma è altrettanto radicata in mille altre forme di ideologia; nel senso lato che la parola fascismo ha assunto soprattutto fuori d’Italia, è uno dei tipici connotati delle organizzazioni e dei movimenti totalitari, appunto, fascisti.

Eppure, questo carattere comune non può far dimenticare quanto di specifico ha, specie nel nostro paese e nella nostra storia, il richiamo al fascismo. Chi ne recupera l’eredità, chi ne ripete le forme, chi ne giustifica i comportamenti non è “semplicemente” un avversario politico, culturale e morale delle idee di libertà civili; è un eversore dichiarato delle nostre istituzioni democratiche, e come tale non ne può legittimamente far parte. Non lo può il Presidente della Camera Ignazio La Russa, non lo può il ministro Valditara, e non lo possono, purtroppo, molti di coloro che siedono in Parlamento e in tutte le altre sedi istituzionali. Per carità, ci sono (purtroppo) mille altri motivi per opporsi al Governo Meloni, ma il fatto che tanti cittadini abbiano votato e votino persone che non possono in coscienza giurare fedeltà alla Costituzione (e che pure lo fanno) è il vero motivo per cui le esternazioni dei “fascisti su carte” d’oggi non possono essere prese alla leggera.