Ma magari! Un bel governo tecnico guidato, che ne so, da Boeri, o da Ichino, o da un qualunque economista, giuslavorista, o con una qualunque competenza acclarata, verificata da decenni di dedizione all’amministrazione della cosa pubblica (res publica, da cui repubblica, che sarebbe il nostro ordinamento statuale). Che firmi quel diavolo di MES, che tenga le briglie al debito pubblico, che metta la parola FINE a tutti bonus, sconti, incentivi, prebende e guarentigie e faccia due semplici cose: 1) tenere alta la barra sullo sviluppo economico; 2) occuparsi di redditi e di crescenti povertà.
Ho scritto “semplici cose” come artificio retorico, ovviamente, ché semplici non sono. Ma guardando a questi problemi senza vincoli retorici e, specialmente, senza sguardi preoccupati alle prossime elezioni (ché un governo tecnico se ne infischia, non concorrendo ad alcuna competizione elettorale), le soluzioni si trovano, eccome. Eccome.
Avrete notato che non ho messo, nel mio elenco davvero minimale, la questione dei migranti, che fa da padrone nel dibattito pubblico. Non l’ho messo perché non è un problema nel senso agitato dalle destre (oddio, l’invasione! La sostituzione etnica!), ma solo come questione di decente gestione di questi poveri cristi (sottoposti a vessazioni indecenti e inaccettabili, grazie anche al persistere di leggi infami che la sinistra – non mi stancherò mai di dirlo – non ha mai abolito), che per il resto il tema è di tale complessità che non lo risolverà Meloni ma neppure un governo tecnico (ne ho scritto QUI).
I miei affezionati lettori avranno certamente notato che non parlo neppure dell’imbarbarimento cha sembra affliggere la società italiana, fra stupri, scuola al collasso, gente insensata che assalta pronti soccorsi, vittime predestinate accoltellate per futili motivi dalla follia altrui, vecchi che muoiono soli e lo si scopre mesi dopo solo per la puzza, bambini di cui nessuno (NESSUNO!) si occupa.
Breve inciso: io mi sarei davvero rotto le scatole dei gay che si sentono tanto ma tanto discriminati, delle donne poverette, dei lavoratori che c’hanno i diritti che decide Landini, e così via. Ma vi rendete conto che abbiamo costruito una società dove i bambini fanno una fatica bestia a sopravvivere, una società aliena e alienata, dove si passa dalla scuola materna a TikTok, dalla famiglia – quando c’è – al branco selvaggio, dall’affettività materna – quando c’è – al narcisismo esasperato che impedisce lo sviluppo di una personalità adulta equilibrata?
Allora, tornando al nostro argomento: le diseguaglianze nascono per un incolmabile accesso alle risorse: economiche in primis, e di conseguenza le altre (sanità, istruzione…). In Italia (e nel mondo) l’accentramento delle risorse e la crescente quota di persone che ne sono escluse crea malessere, frizione sociale, insoddisfazione.
Un unico esempio, la scuola. Non è più il luogo della formazione, da intendere anche come ascensore sociale, per cui studi, hai competenze, quindi puoi accedere a posizioni sociali di rilievo. No. Oggi la scuola è un non luogo dove i più fortunati ricevono nozioni che riusciranno (forse) a rielaborare e trasformare in progetto, mentre i meno fortunati ambiscono a un “pezzo di carta”, e guai se quegli stronzi di professori mettono bocca e pongono ostacoli. Il “pezzo di carta” serve non certo come indicatore di status ma, al più, come condizione minima necessaria per accedere a un concorso, a un posto di lavoro che è “un diritto” (Non lo è, chi mi legge da tempo sa che penso non lo sia). Così, una scuola abbandonata a se stessa, diventa qualcosa di assai lontano dal luogo di formazione dei cittadini di domani che, una volta, immaginavamo essere.
Ecco, un governo tecnico non può occuparsi di queste cose, per esempio una seria, sana, evoluta, intelligente riforma della scuola (e non l’ennesima puttanata, martellata ulteriore al sistema educativo italiano) perché – ci mancherebbe altro – si tratta di scelte politiche strutturali che dovrebbero essere meditate da una maggioranza di governo politica, e discusse in un parlamento politico. Ugualmente sulla faziosa questione del premierato contrapposto al presidenzialismo, semi o non semi (diomio, diomio, diomio!).
Il governo tecnico, storicamente, guardando anche agli esempi precedenti (specie Monti e Draghi) serve “solo” per mettere in carreggiata l’Italia, difenderla dalle speculazioni finanziarie, farle ottenere qualche credito in Europa, sistemare i fondamentali economici. In attesa che il successivo governo politico (quello eletto democraticamente dal popolo sovrano) faccia strame di tutto e ricominci a fare cazzate.
Se fosse per me, vorrei governi tecnici a vita, lasciando ai partiti l’ineffabile discussione sul nulla, della quale sono maestri, a destra esattamente come a sinistra.
Ma sì, lasciamo Salvini giocare con la maestosa idea del Ponte sullo Stretto, Meloni scartabellare l’agenda europea e spernacchiare quei crucchi odiosi, lasciamo a Schlein e a Conte di blaterare su quanto il governo sia sciocco e incapace, mentre loro… (e Conte, che ha governato con tutti, è ben esperto sull’arte di governo). Mandiamo tutti i politici a Riccione, che facciano il bagno e si divertano, e lasciamo che un freddo, spietato, lucido, razionale, insensibile governo tecnico ci tenga a galla.
