Il bullismo dei buoni e l’abolizione dei “ma”

Il 13 luglio alle ore 23.45 dal regionale Milano-Bologna una cittadina italiana scrive di getto questo post su Facebook:

“Sono su un treno e vengo dalla stazione di Milano. Vi assicuro che una donna, li’ seduta ai giardinetti a leggere davanti alla stazione, mentre aspetta un treno, senza venire di continuo chiamata e disturbata da gruppetti di uomini stranieri, non ci puo’ stare. Deve entrare dentro la stazione, li fuori’ non puo’ stare, e infatti non ce ne e’ nessuna. Non ho le soluzioni, non mi piace Salvini, non voglio i morti in mare. Ma non voglio che si neghino i problemi. Perché io volevo stare solo li’ tranquilla a leggere e non si puo’ piu’. E non sono provocante e non sono piu’ neanche giovane. Per quanto non sarebbero giustificazioni. Ma li’ fuori al fresco a leggere, su una panchina, in attesa del treno, nessuna donna puo’ piu’ stare. E’ violenza anche questa.

Non voglio commenti razzisti. Voglio poter parlare di questo problema.”

Una signora quarantenne o giù di lì, che scrive in italiano non forbito ma corretto, né ricca né povera, che lavora, che non si spinge in complesse analisi sociopolitiche, ma semplicemente manifesta un disagio. Potremmo definirla un’italiana media? Perché no.

Nel post fa alcune precisazioni. Dice che non ama Salvini, quindi presumibilmente non l’ha votato, aggiunge che non mette in discussione il diritto di ogni essere umano ad essere salvato, è una persona comune, l’unica anomalia forse sta nel fatto che legge, ma non sappiamo cosa, se Proust o Novella2000, quindi sospendiamo il giudizio. Precisa pure di non essere provocante, probabilmente non per sminuirsi o giustificarsi, ma perché non vuole che il discorso venga deviato sul rapporto tra i sessi e sulle minigonne. Di certo nel suo breve scritto tenta, in modo forse ingenuo, di prevenire sia il benaltrismo che l’estremismo. Ci riuscirà?

E’ evidente che qualcosa andrà storto, ed è evidente anche il perché. La signora italianamedia usa dei “ma”. E da quando il “non sono razzista ma” è salito in cima alla classifica dei tormentoni social, i “ma” sono condannati. Proprio così, abbiamo abolito i “ma”, abbiamo demonizzato i “ma”. Il “ma” non è più l’avversativa, l’obiezione, la distinzione del pensiero. Il “ma” è diventato l’ipocrisia. Il razzismo. Il fascismo. Non si possono più dire, i “ma”. Ma… torniamo al post.

Per un po’ naviga tranquilla tra i contatti abituali, tra commenti di solidarietà e confronti civili, poi inizia ad essere condiviso, prende il largo tra le onde del social e si scontra con l’estremismo bipartisan

Le argomentazioni dei leghisti più estremi sono semplici: non ti piace Salvini? Non hai votato Lega? E allora peggio per te, se ti molestano te lo meriti. L’immigrazione è il primo problema e la Lega l’unica soluzione. Non è contemplato che si possa essere in disaccordo con la Lega su vaccini, crocifissi, flat tax, unioni civili e un sacco di altre cose, che si possa non apprezzarne il modo di comunicare, non amare Salvini ma comunque riconoscergli delle capacità, non votare Salvini ma comunque non reputarlo un mostro. Ma anche qui ci sono troppi ma, una valanga di ma, e i ma, anche alla destra, non è che siano mai piaciuti granché.

Però è da sinistra che arriva la vera sorpresa. Da una delle condivisioni parte una specie di spedizione punitiva, una ventina di profili aggrediscono il post come uno stormo di cavallette, portando una serie di raffinate argomentazioni.

Cosa vai a fare di notte alla stazione, leggi a casa tua! Non ci sono le biblioteche? Io vado sempre alla stazione e non mi è mai successo niente, come mai a te sì? Le stazioni sono da sempre luoghi pericolosi! Ma quindi non ti hanno fatto niente, no? Se ti fosse successo davvero qualcosa di grave saresti andata alla polizia, quindi è chiaro che dici balle! Perché parli di Milano, che non è neanche la tua città? La stazione è piena di polizia, perché non li hai chiamati? Di notte c’è buio, come fai a leggere? Gli italiani molestano molto di più, e poi negli anni 50 era peggio e gli immigrati non c’erano! E allora Berlusconi non era un molestatore? Trovati un altro parco e non rompere i coglioni! E’ tutto falso, non ci sono panchine alla stazione di Milano, ci sono solo muretti, e non ci sono neanche i giardinetti, non sono giardinetti, c’è solo qualche albero! Bugiarda! Era meglio se stavi zitta!

La signora italianamedia si difende con pazienza, spiegando che non era notte ma erano le 8 di sera, che fa la pendolare settimanale all’estero e in stazione ci passa spesso, che i muretti su cui tutti si siedono sono di fatto panchine, che lì in quel momento non c’era polizia, ma che se anche ci fosse stata non l’avrebbe fatta comunque intervenire, perché sì, è vero, non c’è stato nessun reato, perché se ti siedi e arriva un tizio, inizia a parlarti, tu sei gentile e rispondi, poi continua, ti dice vieni in là con me, tu dici di no e insiste, ti sposti e ti segue, poi si aggiunge un altro e un altro ancora, ognuno con una bottiglia in mano, parlano un po’ tra loro e un po’ con te, ma non capisci cosa dicono, non capisci se scherzano o litigano e mentre te ne vai ti urlano dietro qualcosa in una lingua che non conosci, e alla fine ti chiedi se questo era più un abbordaggio o un modo per scacciarti dal loro territorio, è vero che non c’è alcun reato, non ti hanno mica stuprata.

Le cavallette non sono ignoranti, anzi, sono per la maggior parte intellettuali minori, spesso brutte copie di quelli più noti, tipici intellettuali di sinistra dallo sguardo assonnato e dal capello spettinato, postano citazioni letterarie, si proclamano anarchici, odiano il capitalismo, pubblicano foto con sigaretta e bicchiere, chiamano i poliziotti sbirri. Le donne sono le più feroci, eppure hanno le bacheche piene di frasi femministe. Femministe. Stai zitta. Femministe. Vai a leggere a casa tua. Femministe. Non ti hanno mica stuprata. Femministe.

La signora italianamedia spiega che le stazioni non sono state sempre così, che sì, nelle stazioni ci sono sempre stati i senzatetto in cerca di riparo, i mendicanti, i venditori ambulanti, qualche matto, qualche ubriaco, ma che questa è un’altra cosa, che quelli della sera prima non erano poveri e bisognosi, non chiedevano aiuto, erano gruppi di maschi giovani e sani che stavano occupando un territorio, che disturbavano le donne per il gusto di farlo, perché per loro era normale.

La signora italianamedia forse non è poi così media, perché è talmente poco razzista da pensare che non ci sia niente di strano nel sedersi vicino a un gruppo di stranieri, che perché mai dovrebbe essere spiacevole? Poi la piazza della stazione di Milano mica è un quartiere isolato e periferico, non è un posto dove te la vai a cercare, è un posto dove se prendi il treno devi passare per forza, non può e non deve essere un luogo da evitare, anzi, ci fanno addirittura l’albero a Natale!

La signora italianamedia si difende, anche altri la difendono, ma le cavallette sono implacabili. Lei è una bugiarda. Si è inventata tutto solo per mettersi in mostra, è evidente, le panchine non esistono!!! Sono muretti!!! Quindi l’inganno è svelato. E non esistono neanche gli immigrati e non esiste neanche la stazione, anzi forse non esiste nemmeno la signora, perché non è come loro, che sono eroici e cambieranno il mondo, lei è solo una mediocre borghese, un prodotto del capitalismo, con il suo desiderio meschino e narcisistico di non venire disturbata. Le sue lotte femministe non vanno più di moda, oggi ce ne sono altre, il diritto al burkini ad esempio, se non al niqab. I suoi sono solo i capricci di un’annoiata signora occidentale

La signora italianamedia alla fine esasperata banna tutti e spegne il pc. Le arriva un messaggio su whatsapp, da una conoscente: “Ma non dire queste cose, che poi ti danno della razzista! Non bisogna discutere, bisogna solo votare Lega!”

Non bisogna discutere. Bisogna tacere e andare a leggere a casa propria e votare Lega. E dall’altra parte, taci o sembrerà che voti Lega! La sinistra è stata divorata dalle cavallette. La testimonianza personale non è più accettata come tale, la verità soccombe alla propaganda. I “ma” sono proibiti.

Anche gli italiani molestano? Senza dubbio. Però chissà che sarebbe successo se nel post la signora non avesse parlato di stranieri ma di italiani. Forse le reazioni si sarebbero ribaltate? Forse da destra le avrebbero chiesto come era vestita – perché pure a questi uomini di destra che si scoprono all’improvviso femministi solo quando si parla di immigrazione, mica ci crediamo tanto – mentre le signore radical (e non chic) si sarebbero profuse in #metoo, fosse anche solo per uno sguardo prolungato sul bus, purché di un italiano?

Stanno arrivando in Italia notevoli quantità di popolazione, prevalentemente maschile, proveniente da luoghi e culture in cui la donna è ritenuta inferiore, merce di scambio, schiava, oggetto da nascondere e da possedere. Queste differenze culturali sono innegabili, chi le nega chiude gli occhi di fronte all’evidenza.

L’immigrazione è un fenomeno da gestire a livello europeo, anzi mondiale. L’integrazione richiede mezzi, persone, non solo poliziotti ma mediatori, psicologi, programmi scolastici personalizzati. Tutte cose che hanno un costo e richiedono risorse, e che possono essere fatte in modo efficace solo se il numero di persone è gestibile.

La signora italianamedia ha il diritto di sedersi a leggere dove le pare e quando le pare. Se ci sono situazioni in cui questo non è possibile, ha diritto di sollevare il problema, di parlarne senza diventare lei la vittima sotto processo. Ne ha diritto allo stesso identico modo nel momento in cui la situazione deriva, in modo più o meno diretto, dalla cattiva gestione dell’immigrazione. E se il prezzo da pagare per l’immigrazione è il retrocedere della condizione femminile in Italia e in Europa, deve essere chiaro che le donne, questo prezzo, non sono disposte a pagarlo.

Non facciamoci zittire dall’accusa ipocrita di razzismo. Senza odio e con determinazione, riprendiamoci i “ma”.

A questo link il mio post https://www.facebook.com/viviana.viviani3/posts/10216107774237352

Contributo scritto per Hic Rhodus da Viviana Viviani. 

Lavora come consulente aziendale ed è giornalista pubblicista. Ha pubblicato nel 2011 il romanzo Il canto dell'anatroccolo con Corbo editore e ha pubblicato racconti sulle antologie "A Bologna piace Giallo" e "Fino alla fine" di Damster. E' ideatrice, insieme al collettivo di scrittura Gruppo Lizard, del progetto letterario "Penitenziagite! Un cadavere nella rete", la prima Social Network Novel, in rete da aprile 2018.