Lo scandalo della sanità in Umbria presenta elementi inediti che vale la pena di segnalare e seguire.
Non solo – in una Regione così piccola – il popolo mormora da anni, da decenni, come il consenso sia sempre stato conseguito con clientele; non solo precedenti inchieste avrebbero ben dovuto segnalare ai vertici politici che qualcosa di malato e incancrenito c’era in Umbria, meritevole di un intervento serio (in questo senso il balbettio inconsistente di Verini, nominato subito da Zingaretti commissario del PD umbro, appare sciocco e non credibile); non solo i recenti capovolgimenti amministrativi in importanti città umbre (Perugia sopra tutte) avrebbe dovuto mettere in guardia.
Non solo.
Quello che vediamo nella piccola Umbria è un giro di boa che potrebbe non avere ritorno, per almeno questi due motivi:
- a differenza di precedenti scandali, più circoscritti e relativi a persone, qui è sotto inchiesta tutto un sistema: sono indagati i vertici del PD regionale, della Regione, dell’Ospedale del capoluogo, ma sono coinvolti universitari e sindacalisti. Se questa fosse la situazione finale (ma gli inquirenti hanno già annunciato sviluppi) si mostrerebbe per la prima volta – almeno in questa Regione – l’intricata connessione dei poteri che da sempre governano questo territorio, col PCI/PD come terminale amministrativo chiamato a garantire Università (uno dei grandi azionisti locali) o, a seconda dei casi, le lobby dei cavatori-edili, della massoneria, della chiesa;
- a differenza di precedenti scandali, presto dimenticati, spesso senza affondi nel sistema descritto, questa volta la frana è travolgente. Perché questa volta sì e precedenti volte no? Perché i tempi sono differenti, l’onda della destra attraversa la nazione, la “presa” del PD è scomparsa ovunque; i ceti egemoni in Umbria, che non hanno avuto alcun problema a lasciar governare il PCI/PD purché garantisse loro il potere effettivo, ora hanno abbandonato un partito poco affidabile e in sostanziale stato comatoso, per rivolgersi altrove.
La sinistra umbra ha avuto grandi meriti in un passato remoto; alfiere del regionalismo, artefice di riforme importanti prese a modello in tutta Italia, paladina di un buon governo ammirevole (specie, proprio, nella sanità), fino a – più o meno – una decina di anni fa. Il sistema opaco del consenso, già assolutamente attivo e collaudato da decenni, garantiva un ricambio limitato e controllato: i pochi pensatori autonomi, innovatori, garanzia di pensiero indipendente, se tenaci potevano arrivare fino all’anticamera del potere politico, amministrativo, sindacale, ma difficilmente oltre. Le pochissime esperienze diverse, nei decenni passati, sono state rapidamente normalizzate. Solo chi accettava il sistema poteva ambire a diventare dirigente nel suo dominio amministrativo, in sanità specialmente ma anche altrove. E accettare il sistema – ha sempre ribadito la voce popolare – voleva dire che prima o poi il telefono squillava, e qualcuno chiedeva un favore. Non accettavi? Eri semplicemente finito (casi documentati di questo genere anche nell’attuale inchiesta).
Proprio in quanto sistema, quindi, a nulla valgono le prudenze, i segnali d’allarme, l’analisi politica… Il ‘sistema’ – qualunque cosa sia, ed è tante e diverse cose assieme – vive di vita propria, collega troppi interessi, territori, persone, situazioni, e non si può dire “basta”, non c’è un Grande Vecchio in grado di dire “fermiamoci un giro”.
Si potrebbe dire che alla fine è un bene. Che si farà piazza pulita di una generazione di cattivi amministratori (qualora fossero confermate le accuse) e che così ci sarà tempo per fermarsi a riflettere, ricostruire, riproporsi rinnovati. Così non sarà. Guardate a Perugia, città presa dalle destre alle elezioni del 2014 dopo essere da sempre stata governata dalla sinistra. Sono passati cinque anni; è successo qualcosa nel PD locale? No. E oltre alla città (si vota quest’anno e la sinistra ha zero possibilità di riconquistarla) perderà anche la Regione (si vota quest’altr’anno). Non si impara nulla perché non si tratta di cacciare qualche rubamerende, ma di riformare un sistema con radici profondissime nella struttura sociale locale. Quello che ho genericamente chiamato sistema sopravviverà benissimo a questa catastrofe politica; le lobby economiche, la borghesia perugina, tutti i piccoli e grandi potentati locali continueranno a rimanere qui, e cercheranno semplicemente un nuovo cavallo da cavalcare. Un cavallo credibile, vincente e, soprattutto, docile.